2020-01-11
Anche in Italia spira vento di guerra. È quella di Giuseppi contro Di Maio
La regia delle indiscrezioni sul passo indietro del numero uno dei 5 stelle va attribuita in parte a Conte. Liberatosi di Matteo Salvini, il presidente sogna di scalzare l'altro contendente. Con il beneplacito dell'Elevato.Venti di guerra. Non solo in Libia e anche in Iraq, ma pure in Italia. Grazie al cielo i duellanti non hanno ancora messo mano alla fondina e dunque al momento non c'è stato spargimento di sangue. Tuttavia, l'aria che si respira all'interno dei 5 stelle è quella da resa dei conti e se al momento non si sono ancora registrate vittime, è assai probabile che fra i grillini prima o poi finisca male. Basti dire che ieri un giornale assai caro al movimento ha sparato in prima pagina una cannonata che ha scosso fin nelle fondamenta il quartier generale pentastellato. «Di Maio vicino a lasciare la guida dei 5 stelle», ha titolato il Fatto Quotidiano, con un occhiello ancora più esplicito: «Mossa forse già prima delle regionali». In pratica, dalle pagine della testata più letta fra i grillini si offriva la testa del ministro degli Esteri su un piatto d'argento ancor prima che le elezioni in Emilia Romagna e in Calabria decretino la vita o la morte dei vertici dei 5 stelle. Un messaggio agli elettori, ma forse anche agli stessi dirigenti del partito fondato da Grillo. Secondo il quotidiano diretto da Marco Travaglio, si punterebbe a un vertice collegiale con gli altri big del Movimento, senza più un capo politico. Di Maio in pratica rimarrebbe «solo» ministro degli Esteri, senza più avere il ruolo di guida dei 5 stelle e forse neppure di capodelegazione al governo. Un declassamento in piena regola. Ma neanche il tempo di arrivare in edicola che sulla notizia esclusiva del Fatto sono piovute smentite. La prima, infuriatissima, dello stesso Di Maio, il quale come è di tutta evidenza non ha alcuna voglia di farsi da parte e di digerire una specie di direttorio. Le altre, quelle dei vari colonnelli grillini che si sono affrettati a negare qualsiasi cambio al vertice del partito. Tutta una bufala dunque? La testata diretta da Marco Travaglio ha preso una cantonata, scambiando lucciole per lanterne? Molto probabilmente no: il giornale ha semplicemente stampato ciò che da giorni gira negli ambienti grillini, ma che soprattutto si fa circolare dalle parti di Palazzo Chigi. Già, perché sotto sotto in queste dimissioni annunciate, ma non dall'interessato, cioè da Di Maio, più d'uno intravede lo zampino di Giuseppe Conte, il quale non sarebbe affatto dispiaciuto da una retrocessione di Di Maio a semplice ministro degli Esteri.Naturalmente il presidente del Consiglio negherà di avere alcun ruolo nelle beghe interne al partito, ma le smentite lasciano il tempo che trovano, perché ormai è sempre più evidente che il peso del premier è cresciuto nel corso di questi due anni. Se prima l'avvocato del popolo era la semplice espressione di un accordo politico fra partiti diversi, ossia una specie di notaio fra il ministro del Lavoro e quello dell'Interno, oggi la stella di Giuseppe Conte brilla di luce propria senza aver bisogno di quella di Di Maio. Anzi, l'attuale capo della Farnesina è d'intralcio, perché si infila nelle trattative che il presidente del Consiglio vorrebbe condurre da solo.Le più recenti vicende dicono molto del rapporto fra il premier e il suo ministro. A Palazzo Chigi, per esempio, non dev'essere piaciuto l'incontro con Nicola Zingaretti nel tentativo di costituire un asse tra i due partiti più importanti della maggioranza. E Di Maio non deve aver molto gradito lo sgambetto, poi finito male, della trattativa con Haftar e Al Serraj mentre il numero uno grillino era impegnato in Egitto. Sì, insomma, da quando Grillo ha elevato Conte, quest'ultimo le prova tutte per svincolarsi dall'ingombrante presenza di Di Maio. Liberatosi di Salvini, probabilmente sogna di fare a meno anche dell'altro suo ex vice, in modo da poter correre da solo. Si è parlato di un suo partito, tenuto a battesimo dall'ex ministro Lorenzo Fioramonti. Ma molto probabilmente Conte non vuole essere a capo di un partitino, perché preferisce papparsi tutto il Movimento, magari con la benedizione del fondatore. Del resto, che il presidente del Consiglio abbia abbandonato il ruolo di professore prestato alla politica lo si è capito da un pezzo. Dai tempi in cui disse di essere un uomo per una sola stagione sono passati pochi mesi, ma paiono ere geologiche distantissime. Oggi Conte è un uomo che si candida a guidare il Paese per molte altre stagioni e Di Maio è considerato d'intralcio: il passo indietro, per lo meno come capo politico, dunque è nelle ipotesi contemplate, anzi auspicate.Ma la guerra a 5 stelle non finisce con il duello di governo. Dentro il Movimento altre fazioni si agitano: c'è quella di sinistra legata al presidente della Camera e poi c'è quella movimentista che fa capo ad Alessandro Di Battista e Gianluigi Paragone. Perché il Movimento, nato per dichiarare guerra ai vecchi partiti, dei vecchi partiti ha ereditato i vizi delle correnti. Con il risultato che i 5 stelle rischiano l'esplosione: come quei corpi celesti che brillano nel firmamento e a un tratto si spengono. Il fenomeno si chiama supernova. Per essere nuovi i 5 stelle erano nuovi. Sul super c'è da discutere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)