Successo straordinario di pubblico per la mostra di Sebastião Salgado al MAXXI di Roma, prorogata sino al 21 agosto 2022. Un progetto lungo sette anni e oltre 200 immagini esposte, per un’immersione totale nella foresta amazzonica e per riflettere sulla necessità di tutelarla e proteggerla.
Successo straordinario di pubblico per la mostra di Sebastião Salgado al MAXXI di Roma, prorogata sino al 21 agosto 2022. Un progetto lungo sette anni e oltre 200 immagini esposte, per un’immersione totale nella foresta amazzonica e per riflettere sulla necessità di tutelarla e proteggerla.Brasiliano di Aimorès, classe 1944, studi di economia e statistica alle spalle, Sebastião Salgado è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi, uno di quegli artisti per i quali è doveroso e sacrosanto usare l’appellativo «Maestro», anche se Salgado non nasce fotografo, ma lo diventa quasi per caso negli anni Settanta, dopo un suo viaggio di lavoro in Africa: è proprio qui, che totalmente stregato dal Continente Nero, Salgado decide di abbandonare il suo brillante e comodo posto nel mondo finanziario per fare della fotografia la sua nuova professione. O meglio, la sua nuova vita. Con la sua inseparabile fotocamera da 35 mm, spesso accompagnato (e sempre supportato) dalla moglie Lelia Wanic, Salgado inizia a girare il mondo. E lo fa per ben trent’anni, regalando al mondo i suoi straordinari scatti, quelle foto così intense, vere, struggenti, belle da togliere il fiato, cosi drammatiche che sembrano parlare, anzi, urlare. Urlare le ingiustizie verso i più deboli e gli oppressi, l’incuria dell’uomo verso la natura e la sua totale indifferenza per i mali che affliggono il nostro Pianeta. I suoi famosi (e pluripremiati) reportages sull’ Africa, il Sud America, i paesi del Terzo Mondo in generale, sono veri e propri racconti in immagini di realtà che Salgado ha visto e vissuto, immagini sublimi, patinate oserei dire, ma immagini di denuncia: il Ruanda devastata dalla fame e dalla guerra civile (l’esperienza in questo paese africano lo portò ad ammalarsi gravemente di depressione), lo scempio della foresta amazzonica, lo scioglimento de ghiacciai. Il tutto immortalato nel suo inconfondibile bianco e nero, il suo marchio di fabbrica, perché «Nellefotografie a colori c’è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un’illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C’è quindi un’interazione molto forte tra l’immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto praticamente finito ».La mostra al MAXXI di RomaFrutto di un lavoro lungo sette anni, durante i quali Salgado ha fotografato l’Amazzonia in lungo e in largo, immortalandone la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano, registrando l’immensa potenza della natura di quei luoghi e cogliendone, allo stesso tempo, la fragilità, questa mostra - per sua stessa dichiarazione - è la summa di «…di sette anni di vissuto umano e di spedizioni fotografiche compiute via terra, acqua e aria. Sin dal momento della sua ideazione, con Amazônia volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa sia nella quotidianità delle popolazioni native. Queste immagini vogliono essere la testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela».Divisa in due parti, la prima dedicata al paesaggio e la seconda alle diverse popolazioni indigene, in un’ambientazione suggestiva e di grande impatto emotivo, le oltre 200 immagini esposte si susseguono in spazi che ricordano le «ocas », le tipiche abitazioni tribali, regalando al visitatore la sensazione di trovarsi davvero nei piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla. Fra le foto più straordinarie, la foresta Amazzonica vista dall’alto, i fiumi volanti, le tempeste tropicali, i ritratti di indigeni (per esempio gli Yawanawá o i Korubo) oramai in via di estinzione.A far da sottofondo, una traccia audio composta appositamente per la mostra dal compositore francese Jean-Michel Jarre e ispirata ai suoni autentici della foresta, come il fruscio degli alberi, i versi degli animali, il canto degli uccelli o il fragore dell’acqua che cade a picco dalle montagne. Curata da Lélia Wanick Salgado e prodotta dal MAXXI in collaborazione con Contrasto, con Amazônia , Salgado vuole accendere i riflettori sulla necessità e l’urgenza di proteggere il polmone verde del mondo e i suoi custodi, vestali di riti e usi ancestrali.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».






