2023-06-09
Amato ora detta la linea alla Meloni
L’ex premier su «Repubblica» dà suggerimenti ed evoca l’ira di Bruxelles: per placarla la destra deve applicare le ricette dei dem, che tremano all’idea di perdere la Consulta.I lettori di Repubblica non vedono l’ora arrivi luglio. Già sanno che una volta al mese potranno leggere due pagine di colloquio esclusivo con Giuliano Amato, già presidente della Corte costituzionale, ministro socialista, presidente del Consiglio e autore del prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani. I temi? L’attualità dalla A alla Z. Ieri la prima puntata è servita a due cose. Primo, spiegare che il rischio dittatura in Italia non è imminente, come paventato la scorsa settimana da Romano Prodi, ma che bisogna stare molto attenti perché ci sono tutti i sintomi. E, secondo aspetto, spiegare a Giorgia Meloni come fare il premier. Risposta breve: fare come ha sempre fatto Giuliano Amato. Perché inutile spiegarlo, la ragion di Stato è solo dalla sua parte e dalla parte di chi pende a sinistra. Per prima cosa, dunque, abbandoni il presidenzialismo così come l’ha in mente. Andava bene anni fa quando lo proponeva Amato in persona. Adesso le condizioni sono cambiate e il Paese è spaccato in due e quindi una metà della nazione finirebbe per odiare e non sentirsi rappresentata da un presidente espresso dal centrodestra. «In una società divisa come la nostra, molto più polarizzata rispetto a quella di quarant’anni fa quando io stesso ero sostenitore del presidenzialismo, una riforma del genere contribuirebbe a scavare le divisioni», commenta l’ex ministro socialista. «Il presidente eletto sarebbe espressione di una sola parte politica, riconosciuto dai suoi elettori e detestato dagli sconfitti». E quindi resta in piedi il premierato. Ma attenzione. «Anche nel caso del premierato, mi pare stia prevalendo una linea più morbida. [ ...] davanti a un primo ministro che ha la legittimazione popolare diretta, la figura del capo dello Stato perderebbe la sua autorevolezza». Resta dunque la terza ipotesi: un presidente del Consiglio indicato dal popolo in occasione delle elezioni politiche. Questa sì «sarebbe una riforma costituzionale molto limitata, probabilmente condivisa da buona parte del centrosinistra, e che non andrebbe così al referendum che - come sa bene la presidente Meloni - è sempre un rischio per il governo». Ecco fatto, spiegato alla Meloni che la riforma va bene se è accettata dalla sinistra, passiamo al tema Europa. Se Roma vuole contare a Bruxelles - si legge nel libro rosso di Amato - deve abbandonare sia il fascismo sia aderire pienamente alla piazza animata dagli antifascisti e poi rompere con il leader ungherese Viktor Orbán per allinearsi alle posizioni francesi e tedesche. In pratica esattamente ciò che vuole l’attuale coalizione guidata dai socialisti. Caspita chissà perché nessuno ci aveva pensato prima. Ma soprattutto non rinnegare le posizioni di Orbán significa non garantire agli osservatori stranieri il percorso democratico di questo Paese, spiega ancora Amato. In pericolo imminente adesso è la Corte costituzionale che lui stesso ha guidato fino meno di un anno fa. «Tra questo e il prossimo anno», si legge su Repubblica, «scadranno quattro giudici indicati dal Parlamento. Vedremo se le nuove nomine saranno tutte espressione della maggioranza politica». Lasciando intendere che così verrà eliminato il principale contraltare democratico. Avendola presieduta, Amato sa bene che nell’ultima tornata dei giudici di nomina parlamentare almeno quattro pendono a sinistra. Non solo. Amato sa bene quanto la Corte sia intervenuta a stroncare le opposizioni su temi quali il vaccino e l’obbligo vaccinale soprattutto sui posti di lavoro. Ha garantito la stabilità delle scelte del Pd e del governo Draghi. Idem sui temi etici. Al di là della surrogata, si parte dal suicidio assistito di Dj Fabo in avanti. Per non dimenticare, nel 2017, le sentenze che hanno di fatto decretato possibile il taglio delle pensioni per garantire il bilancio dello Stato. In pratica, Amato sa bene che potere si esercita attraverso la Corte e per questo batte i denti quando pensa che la sinistra possa perdere le sue tradizionali leve di potere. Repubblica paragona la Meloni a Donald Trump perché alla maggioranza ora tocca esprimere nuovi nomi. Omette che le scelte di Trump erano legittime e che Joe Biden ha fatto carne da macello della Corte suprema. Ma questo non conta, perché la verità deve essere sostituita dallo storytelling. E lo storytelling ampliato a dismisura per creare continui allarmi. Ad esempio il centrodestra è negazionista. Non sostenere la folle transizione ecologica porterà alla fine dell’umanità e questo - si legge sempre nel colloquio con Repubblica - lo sanno tutti, non c’è bisogno di spiegarlo. Infatti è un dogma comunista e come tale va preso. Eppure nonostante i continui allarmi lanciati, la sinistra teme che la vittoria di Fratelli d’Italia possa replicarsi alle europee. E quindi addio impalcatura. Addio predominio socialista in Commissione. Ma l’ex ministro socialista che parla sempre per il bene della collettività ricorda che se il governo dovesse andare avanti per la propria strada c’è sempre il ricorso ai soliti vecchi mezzi: la crisi economica dell’Italia. Da gentleman, il presidente non cita le armi (spread, Patto di stabilità, Mes, Pnrr e procedure d’infrazione). Il messaggio è già chiaro così.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.