
Dopo aver vinto sul divieto alle treccine, la dirigente tiene duro e punisce gli alunni con i jeans strappati: le regole sono tornate.«Volevo tornare a scuola e le ho tagliate». Lino, 13 anni, il più giovane di tutti, il più saggio di tutti. Quando ha visto i grandi accapigliarsi, i genitori inquietarsi, la preside irrigidirsi, i social ribollire di commenti, le telecamere bivaccare davanti a scuola e soprattutto il sottosegretario all'Istruzione blaterare di «discriminazione» e di «diritti civili negati», ha deciso di prendere le forbici e togliere di torno le treccine blu metallizzato che s'era fatto acconciare in testa durante l'estate. Mentre le faceva scomparire dal cranio e le conservava in una scatola come lo scalpo di Crazy Horse, probabilmente si è pure chiesto «chi me lo ha fatto fare». Ragazzo in gamba, aneddoto da inserire fra qualche anno nel curriculum professionale. Lino avrebbe potuto strumentalizzare la vicenda, chiedere ai compagni di classe di farsi le trecce come lui, lanciare l'hashtag #jesuisLinotreccina, sedersi ogni venerdì fuori dalla scuola come Greta Thurnberg e come consiglia il dadaista neoministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Invece si è dimostrato più dentro la realtà di chi -esaurito il tema zainetti e in attesa che decolli quello delle okkupazioni di novembre - alla riapertura delle scuole avrebbe voluto montare il giochino mediatico dell'Italia divisa in due (conservatori vs progressisti) attorno ai dreadlocks. Proprio lì. Scampia, periferia Nord di Napoli, è costretta da sempre a convivere con l'emergenza: droga, criminalità, abbandono scolastico. Le terribili Vele di cemento sono simbolo del degrado, quasi dell'impossibilità di riscatto di uomini e donne impegnati tutti i giorni a combattere per vincere la partita della vita nella legalità. Discettare di treccine blu per più di quattro giorni sarebbe stato un affronto e Lino ha capito che quella polemica non poteva continuare. Eppure il caso montava perché la preside dell'istituto Ilaria Alpi - Carlo Levi, proprio per colpa delle treccine non lo aveva fatto entrare in classe, suscitando la reazione dei genitori, dei sociologi da Facebook, di un consigliere regionale dei Verdi che si è fatto interprete delle proteste della nonna del ragazzo. E infine del sottosegretario all'Istruzione, Peppe De Cristofaro (Leu), che ha definito «sbagliato il provvedimento. L'esclusione dello studente mi pare ingiustificata e discriminatoria, per queste ragioni chiederò all'ufficio scolastico regionale di intervenire per ripristinare un principio di libertà personale». La faccenda aveva preso a rotolare, presto sarebbe arrivato il tweet di Roberto Saviano. E l'indignazione dei buoni e tolleranti un tanto al chilo avrebbe travolto il secondo eroe positivo di questa storia: la preside Rosalba Rotondo. Sessantuno anni, da oltre 36 in trincea con due punti di riferimento: il sorriso della speranza e la convinzione che a fare la differenza nella società siano le regole. Lo aveva spiegato fin dal primo giorno di polemiche: «In un quartiere come Scampia, dove vige l'anarchia, accettare delle regole è molto difficile soprattutto per i genitori di questi ragazzi che non vedono le potenzialità dei figli. Ma non mi arrendo, so che con il lavoro possiamo dare valori e strumenti agli alunni per volare alto, per imporsi in un mondo di sciacalli che li vorrebbe lasciare nella miseria valoriale».Le regole, la loro forza, il loro ruolo rassicurante. Le regole, concetto un po' più astratto a Scampia che a Milano zona Brera o a Roma Parioli. Conoscerle, indossarle, rispettarle è fondamentale per un ragazzo che si affaccia alla vita e al lavoro. E adottarle è sempre un segno di personalità, anche quando riguardano il futile. Chi contesta la decisione della preside si appiglia alla superficialità di un dress code per entrare a scuola, neanche fossimo alla prima della Scala. È la stessa preside a toccare il cuore del problema, a sottolineare che il decoro non è mai inutile e aiuta i ragazzi a comprendere il senso del limite. «Dopo la lezione, Lino ha voluto incontrarmi e mi ha chiesto scusa per tutto quello che è successo. Ha colto in pieno il senso di tutto. Lui è molto intelligente, vogliamo che continui a coltivare la passione per il pianoforte e la musica. A dicembre si esibirà al San Carlo di Napoli. Il suo riscatto deve arrivare dalla cultura».Riflettori spenti, si torna tutti a scuola? Niente affatto, l'esposizione mediatica è una manna e ieri su Facebook un'altra mamma ha postato un'invettiva contro la stessa preside che ha fermato i due figli in sala professori per via di un paio di jeans strappati. «La prossima volta li manderò col burqa o cambierò scuola». I tagli nei calzoni erano di moda cinque anni fa. A questo punto o si aggiornano le famiglie, o si aggiorna il dress code.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





