2018-08-10
Altri potenziali «eversivi» anti Mattarella
Oltre ai quattro indagati presentati ieri, una trentina di utenti sono sotto la lente degli inquirenti per presunti attacchi al presidente. Tra quelli riconoscibili un fan di Paolo Maldini e uno di Al Pacino. Ma usare (anche male) Facebook come sfogatoio non è «terrorismo».La caccia ai presunti oltraggiatori del presidente Sergio Mattarella continua. La Procura di Palermo, guidata da Francesco Lo Voi, la Digos e la Polizia postale hanno messo sotto osservazione 31 profili Facebook collegati a identità più o meno reali. Sono stati effettuati accertamenti tecnici che hanno permesso l'identificazione di 31 indirizzi Internet (url) precisi. Ora dovrà essere Facebook a rispondere, dando alle autorità italiane libero accesso alle anagrafiche dei presunti aggressori virtuali di Mattarella. Per chi ha minacciato l'incolumità del presidente come persona fisica, la società statunitense, per sua policy, dovrebbe non opporre questioni di privacy. Per smascherare chi invece si è macchiato «solo» del reato di diffamazione potrebbe essere necessaria una rogatoria internazionale. Le prime risposte arriveranno a fine mese. Quel che è certo è che quasi nessuno dei 31 profili riporta a persone identificabili con certezza, altrimenti sarebbero già state iscritte sul registro degli indagati. Su 31, molti account sono intestati a nomi chiaramente di fantasia o a personaggi leggendari, come Booy san, Er sav o Cesare Augusto. Altri appartengono a persone con nome e cognome, senza che sul profilo ci siano informazioni sufficienti a un'identificazione certa. Nella lista dei profili al vaglio degli inquirenti ci sono anche Seymour W. e Vale I. Il primo non dà molte informazioni su di sé, ma dalle foto si capisce che ha molti interessi: archeologia, moto, scalate. Pubblica le immagini che lo ritraggono al mare in vacanza e nella foto del profilo la scritta «Io sostengo la marina americana». Poca politica tra i suoi post, se non un'intervista allo scrittore Mauro Corona in cui ammette che voterà Movimento 5 stelle.Su Vale I. è ancora più difficile ricavare informazioni: la foto dei guantoni nell'immagine di copertina fa presupporre che sia un amante del pugilato e dello sport. Virtuoso della chitarra e dell'armonica, come si evince dai filmati in cui canta Harvester of pain o Machine Gun Man, aveva in passato come immagine una foto delle mille lire. Vorrebbe il ritorno alla lira come tanti anti europeisti? Chissà.Per altri l'identificazione è più semplice. Gennaro M., come milioni di italiani, ha scelto come immagine di copertina un tramonto che illumina le acque basse e cristalline di un mare da sogno. È lui uno dei soggetti che rischiano di finire invischiati nel caso legato alla «tweet storm» contro Mattarella, che si è verificata tra il 27 e il 28 maggio scorso, dopo che il capo dello Stato bocciò il nome di Paolo Savona come ministro dell'Economia del nascituro governo gialloblù.La Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per verificare se ci sia lo zampino di Vladimir Putin dietro questi tweet, ha escluso coinvolgimenti esteri, come anche il capo del Dis, anche perché l'origine degli attacchi sarebbe a Milano.E proprio a Milano risiede Gennaro M. che su Facebook si mostra in centinaia di foto sicuro di un bel sorriso, cappello spesso in testa, con in mano una birra accerchiato dagli amici o la torta del suo quarantacinquesimo compleanno. Residente a Milano, ama viaggiare, tifa Barcellona, canta a squarciagola Vasco Rossi e indossa orgogliosamente la maglietta di Paolo Guerrero, capitano della nazionale peruviana, terra a cui questo libero professionista che ha studiato in Bocconi sembra molto legato. Amici, viaggi, lavoro. Il riferimento più fuorilegge che si trova sul suo profilo Facebook sono le foto di Al Pacino, che gode evidentemente della stima di «Jerry». Tra le immagini condivise nel suo profilo c'è anche un manifesto della Lega che recita «Schiavi dell'Europa? No grazie». Questo è il contenuto più «eversivo» che è dato rintracciare sul suo account, anche se magari c'era altro contro il presidente Mattarella che è stato cancellato o rimosso e che gli è scappato dalle mani sulla tastiera, visto che, come recita una sua foto, «sono italiano, ho un'anima infuocata e una lingua fuori controllo».Tra i profili sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti c'è quello di Paolo R., residente a Catanzaro, sposato da quattro anni e commesso presso un centro commerciale. Brizzolato, barbetta corta, posta foto con gli amici, si complimenta con il poliziotto che ha salvato molte vite nel tragico incidente autostradale di Bologna, elogia il ritorno al Milan di Paolo Maldini e si dimostra comprensivo con il destino di molti padri che partono al mare con la famiglia: «Un minuto di silenzio per tutti i papà che anche quest'anno faranno km avanti e indietro per prendere l'acqua» con il secchiello per i figli. Insomma, niente di eccezionale.Paolo R. segue anche la politica, si felicita per l'approvazione del decreto dignità e l'abolizione dei vitalizi. Evidentemente apprezza i Cinque stelle, ma non è certo l'unico in Italia e una preferenza politica non costituisce un crimine. Nei messaggi pubblicati tra il 27 e il 28 maggio, ripropone brani della Costituzione in cui sottolinea le prerogative del capo dello Stato e posta. È arrabbiato e si lascia anche andare a frasi poco rispettose verso Mattarella, definendolo «mafioso», senza ricordare o magari senza sapere che proprio il fratello Piersanti Mattarella fu assassinato da Cosa Nostra.C'è infine Davide Shaggy P., che vive a Milano e come lavoro indica solo un «corso di sopravvivenza avanzato» a Rozzano. Non ha paura di proclamare la sua appartenenza politica: segue tutti i profili di Casa Pound e si rammarica della vittoria ai mondiali della Francia. Tra i messaggi che pubblica si trovano tanto quelli in difesa dei lavoratori, quanto gli sfottò agli juventini. Il 28 maggio ha utilizzato anche lui l'hashtag #mattarelladimettiti, chiedendo la sua messa in stato d'accusa. Sotto i suoi post c'è chi inneggia al fascismo e a Mussolini e insulta il capo dello Stato. Ora i magistrati dovranno decidere se iscriverlo sul registro degli indagati.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)