2025-03-18
«Altri 40 miliardi di armi per Kiev». Ma sul piano Kallas scende il gelo
Kaja Kallas (Getty images)
L’Alto rappresentante per gli Affari esteri assicura «ampio sostegno politico all’iniziativa». Ungheria, Slovacchia, Spagna e Italia però frenano. Antonio Tajani: «È una proposta che dovrà essere approfondita».Si è tenuta ieri a Bruxelles la riunione dei ministri degli Esteri dei 27 membri dell’Ue. All’ordine del giorno l’approvazione della terza rata di circa 3,5 miliardi di euro da versare all’Ucraina nell’ambito dell’Ukraine facility e uno scambio di opinioni sulla guerra in Ucraina, oltre che su Medio Oriente, Siria, Iran e relazioni con gli Usa. L’argomento principale, oltre alla Siria, è stata la proposta dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, la estone Kaja Kallas, di istituire un piano di aiuti militari all’Ucraina per un valore di 40 miliardi di euro.«C’è un ampio sostegno politico, ma molti dettagli devono ancora essere studiati e devono essere coinvolti i ministri della Difesa», ha detto Kallas. Più tardi, nella conferenza stampa a discussione conclusa, la commissaria è stata molto asciutta per quanto concerne la sostanza dello scambio di vedute ma molto dura nei confronti della Russia: «L’ultimo Consiglio europeo ha istruito di procedere speditamente, lo abbiamo fatto e spero che potremo compiere passi in avanti. Abbiamo accolto con favore i risultati dei negoziati a Gedda, ora la palla passa alla Russia. Quello che vediamo in questo momento è che la Russia non vuole davvero la pace. Non ci si può fidare. Coglieranno l’opportunità per presentare ogni tipo di richiesta e, come già vediamo, stanno presentando richieste che sono i loro obiettivi finali», ha aggiunto l’estone.La proposta di aiuti militari all’Ucraina fatta da Kallas non è da confondere con il ReArm Europe di Ursula von der Leyen, né con la Ukraine Facility da 20 miliardi di cui abbiamo detto sopra. In questo caso si tratterebbe di fornire a Kiev missili, droni, munizioni, sistemi di difesa aerea, aerei militari, equipaggiamento e addestramento alle truppe ucraine.Sarà che il sostegno politico è «ampio», come dice Kallas, ma nei fatti il piano non ha suscitato entusiasmo tra i partner europei. Anzi.Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán. si oppone all’iniziativa, così come il premier slovacco, Robert Fico. Ma non sono solo questi due Paesi a frenare: anche i grandi Stati mediterranei hanno evidenziato le loro riserve. Il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha espresso una certa freddezza, evidenziando come il piano Kallas farebbe triplicare l’attuale impegno spagnolo per l’Ucraina portandolo a 3 miliardi. La Francia, dal canto suo, si oppone al meccanismo di contribuzione all’iniziativa in base al reddito nazionale lordo. Il governo italiano poi si è mostrato a dir poco prudente: «È una proposta che va approfondita, attendendo quelli che saranno gli sviluppi della situazione», ha affermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Bisogna attendere la telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin per vedere se ci saranno dei passi in avanti per arrivare al cessate il fuoco», ha proseguito il ministro italiano, che non ha mancato di evidenziare anche come sulla questione degli armamenti ci sia già molta, troppa carne al fuoco: «Approfondiremo, come chiedono tanti altri Paesi, la proposta dell’Alto rappresentante, tenendo presente che noi dobbiamo anche raggiungere un obiettivo che è quello del 2% della Nato», ha detto Tajani riferendosi alla spesa rispetto al Pil in ambito Nato. Poi c’è il piano da 800 miliardi di Ursula von der Leyen, veri o presunti che siano.Insomma, dice l’Italia, gli impegni finanziari per la difesa sono già tanti.Il piano Kallas per l’appoggio militare all’Ucraina, gradito ai Paesi baltici, alla Polonia e ai Paesi scandinavi ma visto con freddezza dagli altri, è all’ordine del giorno anche del Consiglio europeo di giovedì e venerdì di questa settimana.Sulla questione delle spese per la difesa c’è maretta tra le capitali europee, perché ciascuno comincia a farsi i conti in tasca. La Francia è alle prese con un deficit pesante e ha già approvato nel 2024 una legge di spesa militare da centinaia di miliardi per i prossimi anni. C’è poi la questione del make or buy: l’Ue vuole essere produttore o cliente, e in che misura può essere produttore, realisticamente? Emmanuel Macron nel fine settimana in diverse interviste ha detto che gli europei dovrebbero smettere di acquistare aerei americani e comprare quelli francesi. Berlino spinge per convertire le fabbriche di automobili in fabbriche di missili e carri armati.Resta la confusione tra riarmo e creazione di un esercito europeo. Sul punto si è espresso ieri a Roma il ministro della Difesa, Guido Crosetto: «L’Europa non può avere un suo esercito, i trattati europei lo escludono. Le forze armate europee sono come le forze armate della Nato: la Nato non ha un suo esercito ma la somma delle forze armate dei Paesi che la compongono quindi la futura difesa europea non può che essere formata dalla somma dell’esercito italiano, tedesco, la francese, spagnolo, tutte insieme come nella Nato dove riescono a interoperare», ha detto il ministro durante il convegno Strade sicure. Una dichiarazione che però lascia spazio all’ipotesi di un possibile dualismo Nato-Ue.Il piano Kallas, oltre a nascere deboluccio, rischia di essere sorpassato dall’attualità. Le trattative tra Usa e Russia procedono spedite, a sentire l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, che in una intervista alla Cnn ha parlato domenica di grandi passi avanti verso il cessate il fuoco in Ucraina. Mosca e Washington, insomma, parlano del futuro dell’Ucraina senza coinvolgere l’Unione europea: il dato politico più rilevante è questo, più che l’insieme dei mirabolanti piani di Bruxelles.
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