2020-01-30
Grazie a Renzi le banche cooperative rischiano di finire in mani francesi
Cassa centrale banca, dopo aver salvato Carige, attende il risultato dei test Bce. In caso di rafforzamento patrimoniale potrebbe dover aprire le porte a Credit Agricole o ad altri gruppi stranieri. Una breccia aperta dalla riforma del governo Renzi.Martedì sera la Bce ha dettato la linea: il 2020 sarà l'anno delle fusioni bancarie. Nel complicato schema del Vecchio Continente, stando al report di Francoforte, le situazioni patrimoniali sono nel complesso migliorate, anche se (soprattutto per i tedeschi) bisognerà affrontare una volta per tutte il tema della redditività. Nel paragrafo dedicato all'Italia sono finiti invece una serie di alert sulla governance. La Vigilanza, guidata da Andrea Enria, ha tenuto a specificare che saranno pubblicati nel breve i criteri preventivi di fabbisogno di capitale in modo da spingere le fusioni. Tradotto: consolidamento e matrimoni, anche forzati. Al di là della teoria, potremmo sperimentare già nel breve termine un assaggio di queste fusioni. O meglio un assaggio di scalate.Ccb, Cassa centrale banca, la holding delle banche di credito cooperativo che gravitano nel Nordest e in Trentino, ha partecipato al salvataggio di Carige tramite un importante aumento di capitale, assieme al fondo interbancario e allo schema volontario, oltre agli azionisti dell'istituto genovese. Nelle prossime settimane Ccb si aspetta di ricevere dalla Bce l'esito del cosiddetto Aqr, asset quality review, che tradotto in italiano significa esame degli attivi. Da dentro la banca non si esclude che l'Eurotower possa richiedere un seppur limitato rafforzamento di patrimonio. Se poi si scoprisse, sul fronte di Carige, che serve un nuovo aumento di capitale, si aprirebbe uno scenario sul quale volteggiano alcune banche straniere. Un ipotetico rafforzamento patrimoniale richiederebbe una compartecipazione di tutte le Bcc che fanno riferimento a Cassa centrale banca. Che riescano a farlo è però molto difficile. Al contrario la holding trentina (gemella di Iccrea), nata dopo la riforma voluta dal governo di Matteo Renzi, ha una struttura che di per sé permette l'arrivo di gruppi intenzionati a versare liquidità fresca per consentire il rilancio dei conti. Solo che in questo momento la riforma di Renzi aprirebbe la strada soltanto a player stranieri. Le banche italiane si troverebbero in conflitto anche solo per distribuzione territoriale. All'orizzonte ci potrebbero essere la tedesca Dz bank e la francese Credit Agricole. L'istituto d'Oltralpe avrebbe la dimensione, la struttura e la mentalità giusta per prendersi Ccb. Non solo perché attraverso Cariparma ha sviluppato una fitta rete operativa lungo la Penisola, ma anche perché i rapporti sviluppati all'interno del perimetro della finanza bianca renderebbero l'operazione più semplice. Nel senso che forse Ccb non sbarrerebbe le porte a una scalata francese. Martedì pomeriggio il presidente Giorgio Fracalossi ha ammesso che la holding non eserciterà l'opzione per salire nell'azionariato di Carige prima del 2021. Il motivo si spiega con l'attesa dei risultati dell'esame della Bce. E spingere la palla nel campo avversario può indicare uno schema che andrebbe a rivoluzionare l' intera metà del mondo cooperativo. La riforma voluta da Renzi mirava a creare dei centri di potere bancario con un baricentro in Toscana, la realtà dei fatti ha poi diviso il mondo delle Bcc in due parti. Sicuramente la sfera trentina è molto lontana da quello che era il Giglio magico e più vicina al comparto «cattolico» che dialoga ormai da tempo con realtà come Credit Agricole. Nei prossimi mesi capiremo se lo scenario (in caso di scalata) sia ostile o amichevole. Nel secondo caso non sarebbe sbagliato pensare che il nome di Credit Agricole fosse già nel cassetto dal 2018, da quando per il salvataggio di Carige è stata individuata, con la benedizione della Bce, proprio la holding trentina. In pratica la banca genovese sarebbe da considerare non tanto un cavallo da rilanciare, ma una porta d'ingresso per i francesi. Anche se Renzi ha avviato la riforma del mondo delle Bcc con un intento molto italocentrico anzi da Granducato di Toscana, l'onda lunga rischia di causare un effetto opposto. Il target di riferimento delle affiliate a Ccb rientra nelle piccole e medie imprese e lasciare a grandi gruppi stranieri la leva dei rubinetti del credito potrebbe rendere l'uscita dalla crisi italiana un po' più difficile. I prezzi degli asset del Belpaese sono sempre più bassi e ogni settimana assistiamo a shopping straniero. Al nostro Paese non possono venire meno le leve dell'energia e della finanza. Con le infrastrutture energetiche e il credito strategico, il manifatturiero potrà tornare a crescere. Bisogna, dunque, tutelare i due asset. La politica sembra aver abbandonato la proiezione degli interessi nazionali in Libia, Algeria e Russia. Se sarà qualcun altro a decidere anche della finanza retail che finisce nei bilanci delle piccole imprese, su che cosa delibererà il governo a Roma? Non sappiamo se in caso di scalata francese i vertici di Ccb si troveranno a benedire o biasimare la riforma di Renzi, ma il tema deve essere dibattuto. Non possiamo farcelo scivolare come se nulla fosse.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)