2020-10-11
Altra sacra scossa. La Cina ha spezzato l’asse Parolin-Papa?
Il segretario di Stato esce dal comitato di controllo sullo Ior. Bergoglio sarebbe ora più freddo sull'intesa con Pechino.Una cosa affiora dal caos che circonda nelle ultime settimane le vicende del Vaticano: Bergoglio intenderebbe interessarsi in modo diretto di tutti gli aspetti della gestione del governo, molto più di quanto non abbia fatto finora. Naturalmente a partire dal punto che per lui è il cuore del pontificato, ovvero la trasparenza dell'amministrazione e delle finanze, ma anche non consentendo più che importanti decisioni internazionali che sono pure causa di equivoci e polemiche, nel caso vengano prese a suo nome da altri.Il sito di Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, dà la notizia nel consueto stile «sovietico», tutto sullo stesso piano, che poi è lo stesso stile del semiscomparso ufficio stampa e comunicazione del Vaticano. Riferisce di un parziale cambiamento della composizione della Commissione cardinalizia dello Ior: restano al loro posto il presidente spagnolo Santos Abril y Castelló e l'austriaco Christoph Schönborn. Si aggiungono il filippino Luis Antonio Gokim Tagle, il polacco Konrad Krajewski e l'italiano Giuseppe Petrocchi. Questi ultimi sostituiscono l'italiano Pietro Parolin, il canadese Thomas Christopher Collins e il croato Josip Bozanic.Scritto così, sembra un avvicendamento qualunque in una commissione pur delicata come quella che vigila sugli investimenti dello Ior, la banca vaticana. Ma è la prima volta che un segretario di Stato ne viene allontanato. Questa non può essere una decisione casuale, sia pur da includere nel metodo Bergoglio, cioè di apparenti alzate di testa. Non solo perché questi non sono giorni qualunque, ma perché il segretario di Stato a quanto trapela non ne sapeva nulla, esattamente come nulla sapeva della destituzione del cardinale Becciu, prima che essa avvenisse.Avviene all'indomani di una serie di dichiarazioni del segretario di Stato ai giornalisti durante un convegno a Milano su una possibile archiviazione del caso del palazzo londinese e degli altri investimenti avventati in cui è coinvolto lo stesso Becciu. Dichiarazione che non deve aver fatto piacere agli inquirenti, che hanno montagne di documenti e testimonianze: altro che archiviazione.Avviene, inoltre, a pochi giorni da un incidente diplomatico: la visita del segretario di stato americano, Mike Pompeo, a Roma. A differenza di quanto avvenuto un anno prima, l'altissimo esponente dell'amministrazione Usa non ha potuto essere ricevuto dal Papa per le polemiche sull'accordo del Vaticano con la Cina comunista, accordo del quale è protagonista orgoglioso proprio il cardinale Parolin.Avviene, infine, dopo una dichiarazione durissima del cardinale Zen, appena tornato a Hong Kong dopo una visita inutile a Roma, nella quale ha tentato invano di essere ricevuto dalle gerarchie vaticane e dal Papa per parlare di Hong Kong e della Cina. «Ho letto il discorso tenuto il 3 ottobre a Milano dal cardinal Parolin, segretario di Stato di Sua Santità. È stomachevole! Siccome stupido e ignorante non lo è, ha detto una serie di bugie». «Parolin sa di mentire, sa che io so che è bugiardo, sa che io dirò a tutti che è bugiardo, dunque oltre ad essere sfacciato è anche audace. Ma ormai che cosa non oserà fare, penso che non tema neanche la sua coscienza». «Temo che non abbia neanche la fede».E anche in questa durezza, non è casuale che l'anziano e amareggiato cardinale emerito di Hong Kong attacchi frontalmente proprio il segretario di Stato, nella convinzione evidente che il pontefice non sia personalmente impegnato in modo diretto nella questione Cina-Usa-Vaticano, al contrario di quanto si ritiene.Il dossier sugli accordi tra il Vaticano e Xi Jinping, che il segretario di Stato Vaticano ritiene finora un successo, e comunque un esperimento da proseguire per verificarne l'effetto (omettendo di precisare se i cattolici cinesi ne stiano uscendo più o meno perseguitati di prima), non è più un dossier dato per scontato né da lasciare solo sulla sua scrivania.Certamente si può cominciare a sostenere che la vanità di Parolin abbia un ruolo in questa vicenda, visto che il segretario di Stato coltiva non nascostamente la speranza di essere colui che realizzerà la prima visita di un pontefice in Cina. A maggior gloria dello spietato regime comunista, il peggio del capitalismo di Stato senza alcuna garanzia, mercato e finanza gestiti senza controllo, stipendi da fame, orari di lavoro impossibili, censura e persecuzioni alla prima parola di dissenso? Finora non è sembrato un problema. Ma la Cina ormai è ovunque, col suo progetto di colonizzazione del mondo.Probabilmente in Vaticano e non solo, anche a Palazzo Chigi e negli uffici della Farnesina occupati da improbabili ministri, si ritiene che diversa sarà la partita se il 3 novembre non verrà rieletto Donald Trump ma il democratico, Joe Biden. Peccato che sbaglino clamorosamente. Magari a Biden piacerebbe poter continuare a fare affari privati con la sua famiglia in Cina, ma gli Stati Uniti hanno voltato pagina nelle relazioni con quel Paese e verrà mantenuta la linea dura. Trump ha messo fine a 40 anni di amministrazioni democratiche e repubblicane che ritenevano giusto incoraggiare all'integrazione degli Stati Uniti con la Cina. Il Vaticano perciò rischia di restare veramente isolato in questo abbraccio.