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2025-05-30
Allegri al Milan: parte il valzer delle panche
Per un ritorno che sfuma, ce n’è un altro che si concretizza. Con ogni probabilità Antonio Conte non tornerà alla Juventus, mentre Massimiliano Allegri riabbraccia il Milan 11 anni dopo. Il blitz del nuovo direttore sportivo, Igli Tare, ha avuto successo e l’allenatore livornese ha detto sì all’offerta del Diavolo pervenuta nella serata di mercoledì: contratto biennale da 5 milioni a stagione più due di bonus con opzione per il terzo. Per Allegri si tratta di un ritorno a Milanello dove ha già allenato dall’estate 2010 al gennaio 2014. Un ciclo iniziato con la vittoria dello scudetto al primo colpo e culminato con l’esonero dopo una sconfitta per 4-3 sul campo del Sassuolo sotto i colpi di uno scatenato Domenico Berardi. Tare ha deciso di affondare il colpo per anticipare la folta concorrenza che si era creata attorno all’ex allenatore della Juventus e mettersi al riparo da eventuali colpi di scena provenienti da Napoli, che aveva pensato proprio a Max come sostituto ideale in caso di addio di Conte. Allegri-Milan è dunque il primo tassello di un effetto domino che coinvolge nove delle prime dieci squadre classificate dell’ultimo campionato, Como compreso. La mossa del club rossonero ha di fatto condotto Aurelio De Laurentiis a spingere l’acceleratore sulla trattativa per convincere il tecnico che si è appena laureato campione d’Italia a restare. Dopo giorni di riflessioni, il presidente azzurro sembra infatti aver trovato la chiave giusta per blindare sulla panchina partenopea Conte. Si attende solo l’ufficialità, ma le promesse presidenziali - sei acquisti top, tra cui l’imminente arrivo di Kevin De Bruyne, più il rifacimento di Castel Volturno - dovrebbero aver convinto l’uomo del quarto scudetto a rimanere. Stesso esito anche dall’incontro andato in scena ieri a Bologna tra Vincenzo Italiano e l’amministratore delegato Claudio Fenucci: avanti con il progetto tecnico avviato lo scorso anno, culminato con la storica conquista della Coppa Italia. Nessuna apertura, dunque, alle avances del Milan, che prima di virare su Allegri aveva sondato proprio il tecnico rossoblu. E la Juventus che fa? La mossa di Conte di rimanere al Napoli farebbe restare la Vecchia Signora con il cerino in mano spiazzando di fatto la dirigenza bianconera, per altro interessata in questi giorni da un riassetto societario con Cristiano Giuntoli che potrebbe essere clamorosamente accompagnato alla porta, l’imminente nomina del francese Damien Comolli a nuovo direttore generale e l’inserimento nell’organigramma di Giorgio Chiellini. L’unica certezza al momento è legata al nome di Igor Tudor: il croato, nonostante la presa di posizione dopo il 3-2 sul Venezia che ha sancito la qualificazione alla prossima Champions, guiderà la squadra al Mondiale per club, ma non rappresenta la prima scelta per il futuro. Sullo sfondo si è stagliata nelle ultime ore la suggestione Zinedine Zidane, fermo da tempo ma ancora molto stimato nell’ambiente juventino, e addirittura di Simone Inzaghi. La voce, riportata ieri dal Messaggero, avrebbe del clamoroso, ma l’allenatore dell’Inter, che ha ricevuto un’offerta da 60 milioni di euro per due anni dall’Al-Hilal, pare ormai destinato a lasciare la panchina nerazzurra dopo la finale di Champions League contro il Psg in programma sabato sera a Monaco. Motivo per cui il pressing interista su Cesc Fabregas si è fatto più stringente. L’allenatore del Como ha resistito negli ultimi giorni alla corte della Roma per dare priorità al progetto iniziato con i lariani, ma l’offerta dell’Inter può farlo vacillare. Tuttavia, la famiglia Hartono è pronta a blindarlo con il rinnovo di contratto e la promessa di un mercato ambizioso per alzare ulteriormente l’asticella. Intanto, a Firenze Raffaele Palladino si è dimesso, a poche settimane dal rinnovo. Un fulmine a ciel sereno che potrebbe trovare spiegazione solo nel grande giro di panchine: con Gian Piero Gasperini promesso sposo della Roma e Marco Baroni ai ferri corti con Claudio Lotito, l’ex tecnico del Monza è ora in orbita Lazio e Atalanta. A Formello si sonda anche un altro grande ex: Maurizio Sarri, vicinissimo al ritorno con un biennale da 2,8 milioni netti. A Zingonia, invece, è stato fatto il nome di Stefano Pioli (ma c’è anche la pista Thiago Motta), pronto a tornare in Serie A dopo l’avventura in Arabia Saudita con l’Al-Nassr dell’ormai ex Cristiano Ronaldo. Allungando lo sguardo sulle altre squadre della prossima Serie A, al Torino è giunto ai titoli di coda il rapporto tra Urbano Cairo e Paolo Vanoli, con il presidente granata che ha manifestato pubblicamente tutto il suo disappunto: «È lui che fa la squadra, che decide chi gioca. Mi aspettavo molto di più».
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«Acciughina» firma col Diavolo e innesca il domino: il tecnico toscano era il prescelto del Napoli per sopperire al passaggio di Conte alla Juve, ma De Laurentiis lo avrebbe convinto a restare. Gasp-Roma ormai è fatta, incognite su Fiorentina, Lazio, Inter e Atalanta. Per un ritorno che sfuma, ce n’è un altro che si concretizza. Con ogni probabilità Antonio Conte non tornerà alla Juventus, mentre Massimiliano Allegri riabbraccia il Milan 11 anni dopo. Il blitz del nuovo direttore sportivo, Igli Tare, ha avuto successo e l’allenatore livornese ha detto sì all’offerta del Diavolo pervenuta nella serata di mercoledì: contratto biennale da 5 milioni a stagione più due di bonus con opzione per il terzo. Per Allegri si tratta di un ritorno a Milanello dove ha già allenato dall’estate 2010 al gennaio 2014. Un ciclo iniziato con la vittoria dello scudetto al primo colpo e culminato con l’esonero dopo una sconfitta per 4-3 sul campo del Sassuolo sotto i colpi di uno scatenato Domenico Berardi. Tare ha deciso di affondare il colpo per anticipare la folta concorrenza che si era creata attorno all’ex allenatore della Juventus e mettersi al riparo da eventuali colpi di scena provenienti da Napoli, che aveva pensato proprio a Max come sostituto ideale in caso di addio di Conte. Allegri-Milan è dunque il primo tassello di un effetto domino che coinvolge nove delle prime dieci squadre classificate dell’ultimo campionato, Como compreso. La mossa del club rossonero ha di fatto condotto Aurelio De Laurentiis a spingere l’acceleratore sulla trattativa per convincere il tecnico che si è appena laureato campione d’Italia a restare. Dopo giorni di riflessioni, il presidente azzurro sembra infatti aver trovato la chiave giusta per blindare sulla panchina partenopea Conte. Si attende solo l’ufficialità, ma le promesse presidenziali - sei acquisti top, tra cui l’imminente arrivo di Kevin De Bruyne, più il rifacimento di Castel Volturno - dovrebbero aver convinto l’uomo del quarto scudetto a rimanere. Stesso esito anche dall’incontro andato in scena ieri a Bologna tra Vincenzo Italiano e l’amministratore delegato Claudio Fenucci: avanti con il progetto tecnico avviato lo scorso anno, culminato con la storica conquista della Coppa Italia. Nessuna apertura, dunque, alle avances del Milan, che prima di virare su Allegri aveva sondato proprio il tecnico rossoblu. E la Juventus che fa? La mossa di Conte di rimanere al Napoli farebbe restare la Vecchia Signora con il cerino in mano spiazzando di fatto la dirigenza bianconera, per altro interessata in questi giorni da un riassetto societario con Cristiano Giuntoli che potrebbe essere clamorosamente accompagnato alla porta, l’imminente nomina del francese Damien Comolli a nuovo direttore generale e l’inserimento nell’organigramma di Giorgio Chiellini. L’unica certezza al momento è legata al nome di Igor Tudor: il croato, nonostante la presa di posizione dopo il 3-2 sul Venezia che ha sancito la qualificazione alla prossima Champions, guiderà la squadra al Mondiale per club, ma non rappresenta la prima scelta per il futuro. Sullo sfondo si è stagliata nelle ultime ore la suggestione Zinedine Zidane, fermo da tempo ma ancora molto stimato nell’ambiente juventino, e addirittura di Simone Inzaghi. La voce, riportata ieri dal Messaggero, avrebbe del clamoroso, ma l’allenatore dell’Inter, che ha ricevuto un’offerta da 60 milioni di euro per due anni dall’Al-Hilal, pare ormai destinato a lasciare la panchina nerazzurra dopo la finale di Champions League contro il Psg in programma sabato sera a Monaco. Motivo per cui il pressing interista su Cesc Fabregas si è fatto più stringente. L’allenatore del Como ha resistito negli ultimi giorni alla corte della Roma per dare priorità al progetto iniziato con i lariani, ma l’offerta dell’Inter può farlo vacillare. Tuttavia, la famiglia Hartono è pronta a blindarlo con il rinnovo di contratto e la promessa di un mercato ambizioso per alzare ulteriormente l’asticella. Intanto, a Firenze Raffaele Palladino si è dimesso, a poche settimane dal rinnovo. Un fulmine a ciel sereno che potrebbe trovare spiegazione solo nel grande giro di panchine: con Gian Piero Gasperini promesso sposo della Roma e Marco Baroni ai ferri corti con Claudio Lotito, l’ex tecnico del Monza è ora in orbita Lazio e Atalanta. A Formello si sonda anche un altro grande ex: Maurizio Sarri, vicinissimo al ritorno con un biennale da 2,8 milioni netti. A Zingonia, invece, è stato fatto il nome di Stefano Pioli (ma c’è anche la pista Thiago Motta), pronto a tornare in Serie A dopo l’avventura in Arabia Saudita con l’Al-Nassr dell’ormai ex Cristiano Ronaldo. Allungando lo sguardo sulle altre squadre della prossima Serie A, al Torino è giunto ai titoli di coda il rapporto tra Urbano Cairo e Paolo Vanoli, con il presidente granata che ha manifestato pubblicamente tutto il suo disappunto: «È lui che fa la squadra, che decide chi gioca. Mi aspettavo molto di più».
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Piuttosto, è il tentativo di capire cosa si celi oltre quelle bellezze, sotto ciò che lo sguardo abbraccia, dentro la terra che oggi andrebbe scavata. Roma dovrebbe avere una linea metropolitana più efficiente. Più fermate, collegamenti migliori. Ma il condizionale è obbligatorio, figlio della necessità di appurare che non ci siano reperti a separare il dire dal fare. Il documentario, accompagnato dalla voce narrante di Domenico Strati e scritto con la consulenza storico-archeologica della dottoressa Claudia Devoto, non pretende di avere risposte, ma cerca di portare a galle le criticità del progetto. Chiedendo e chiedendosi che ne possa essere di Roma, se possa un giorno arrivare ad essere una metropoli contemporanea, il passato relegato al proprio posto, o se, invece, la sua storia sia destinata ad essere troppo ingombrante, impedendole la crescita infrastrutturale che vorrebbe avere.
Roma Sotterranea, disponibile per lo streaming su NowTv, racconta come ingegneri e archeologi abbiano lavorato in sinergia per realizzare un piano atto a portare all'inaugurazione delle nuove fermate della Linea C di Roma, quelle che (da progetto) dovrebbero collegare la periferia sudorientale a quella occidentale della città. E, nel raccontare questo lavoro, racconta parimenti come il gruppo di ingegneri e archeologi abbia cercato di prevedere e accogliere ogni imprevisto, così da accompagnare la città nel suo sviluppo. Questo perché i sondaggi di archeologia preventiva non sempre rivelano quanto poi potrà emergere durante lavori di scavo così imponenti. In Piazza Venezia, inaspettatamente, è tornata alla luce l’imponente struttura degli Auditoria adrianei, un complesso pubblico su due livelli costruito durante l’impero di Adriano (117-138 d.C.). Era destinato alla divulgazione culturale, alla pubblica lettura di opere letterarie e in prosa, all’insegnamento della retorica, e all’attività giudiziaria e la sua scoperta, la cui importanza storica è stata definita straordinaria, ha portato allo spostamento di uno degli accessi alla stazione presente nella piazza.
Diverso è stato il rinvenimento, inatteso, fatto scavando nei dintorni della nuova stazione di Porta Metronia: a nove metri di profondità, è stata scoperta una caserma del II d.C., 1700 metri quadri di superficie con mosaici e affreschi distribuiti in 30 alloggi per una compagnia di soldati che alloggiavano in ambienti di 4 mq e la domus del comandante, dotata di atrio e fontana. Le strutture sono state rimosse per costruire la stazione, dopo la scansione 3D di ogni singolo muro. A seguito della collocazione in magazzino, del restauro e della catalogazione dei reperti, le murature e i pavimenti sono tornati alla loro originaria collocazione, facendo della stazione uno straordinario sito archeologico.
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Secondo un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, la decarbonizzazione dell’auto europea stenta: le vendite elettriche sono ferme al 14%, le batterie e le infrastrutture sono arretrate. E mentre Germania e Italia spingono per una maggiore flessibilità, la Commissione europea valuta la revisione normativa.
La decarbonizzazione dell’automobile europea si trova a un bivio. Lo evidenzia un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, in un articolo dal titolo Revisione o avvitamento per la decarbonizzazione dell’automobile, che mette in luce le difficoltà del cosiddetto «pacchetto automotive» della Commissione europea e la possibile revisione anticipata del Regolamento Ue 2023/851, che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a combustione interna dal 2035.
Originariamente prevista per il 2026, la revisione del bando è stata anticipata dalle pressioni dell’industria, dal rallentamento del mercato delle auto elettriche e dai mutati equilibri politici in Europa. Germania e Italia, insieme ad altri Stati membri con una forte industria automobilistica, chiedono maggiore flessibilità per conciliare gli obiettivi ambientali con la realtà produttiva.
Il quadro che emerge è complesso. La domanda di veicoli elettrici cresce più lentamente del previsto, la produzione europea di batterie fatica a decollare, le infrastrutture di ricarica restano insufficienti e la concorrenza dei produttori extra-Ue, in particolare cinesi, si fa sempre più pressante. Nel frattempo, il parco auto europeo continua a invecchiare e la riduzione delle emissioni di CO₂ procede a ritmi inferiori alle aspettative.
I dati confermano il divario tra ambizioni e realtà. Nel 2024, meno del 14% delle nuove immatricolazioni nell’Ue a 27 è stata elettrica, mentre il mercato resta dominato dai motori tradizionali. L’utilizzo dell’energia elettrica nel settore dei trasporti stradali, pur in crescita, resta inferiore all’1%, rendendo molto sfidante l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la Fondazione Eni Enrico Mattei, non è possibile ignorare l’andamento del mercato e le preferenze dei consumatori. Per ridurre le emissioni occorre che le nuove auto elettriche sostituiscano quelle endotermiche già in circolazione, cosa che al momento non sta avvenendo in Italia, seconda solo alla Germania per numero di veicoli.
«Ai 224 milioni di autovetture circolanti nel 2015 nell’Ue, negli ultimi nove anni se ne sono aggiunti oltre 29 milioni con motore a scoppio e poco più di 6 milioni elettriche. Valori che pongono interrogativi sulla strategia della sostituzione del parco circolante e sull’eventuale ruolo di biocarburanti e altre soluzioni», sottolinea Antonio Sileo, Programme Director del Programma Sustainable Mobility della Fondazione. «È necessario un confronto per valutare l’efficacia delle politiche europee e capire se l’Unione punti a una revisione pragmatica della strategia o a un ulteriore avvitamento normativo», conclude Sileo.
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Ecco #DimmiLaVerità del 15 novembre 2025. Con il senatore di Fdi Etel Sigismondi commentiamo l'edizione dei record di Atreju.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina