2025-07-12
«Siamo gli alleati dei marchi più ambiziosi»
Edoardo Bastagli, direttore operativo di A. Moda
Il direttore operativo di A. Moda Edoardo Bastagli, realtà toscana che fabbrica abbigliamento e accessori, celebra l’accordo di licenza esclusiva con Peninsula, brand del beach lifestyle: «Lo faremo crescere grazie a nuove collezioni e a una filiera verticale».Nel panorama in rapida evoluzione della moda italiana, la capacità di coniugare heritage industriale e visione strategica è un valore sempre più raro. A. Moda, realtà toscana con radici profonde nella manifattura tessile, si conferma oggi un operatore dinamico nel campo delle licenze e della gestione integrata di brand. Con una recente operazione che ha attirato l’attenzione del settore, A. Moda ha siglato un accordo di licenza con Peninsula, brand emergente che fonde estetica mediterranea e vocazione contemporanea. Un’alleanza che non solo amplia il portafoglio aziendale, ma rafforza il posizionamento di A. Moda come piattaforma industriale capace di valorizzare marchi in crescita. Ne abbiamo parlato con Edoardo Bastagli, direttore operativo di A. Moda, per approfondire i contenuti della partnership, riflettere sul percorso evolutivo dell’azienda e analizzare le prospettive future di un player sempre più rilevante nella filiera italiana.L’acquisizione della licenza Peninsula segna un nuovo passo strategico per A. Moda. Quali sono le motivazioni alla base di questa scelta e in che modo si inserisce nella vostra visione di sviluppo a medio-lungo termine?«La scelta di investire su Peninsula risponde alla volontà di ampliare il nostro portafoglio con marchi dal potenziale internazionale e una visione chiara. In Peninsula abbiamo individuato un brand capace di dialogare con un pubblico contemporaneo e globale, in un segmento, quello del resortwear e del beach lifestyle, in forte evoluzione. Per noi si tratta di un tassello strategico in un percorso di crescita che coniuga heritage manifatturiero, struttura industriale e capacità di leggere i nuovi codici del mercato». Peninsula è un brand emergente ma con un’identità forte. Quali sinergie industriali e creative avete individuato?«Peninsula si distingue per coerenza estetica e riconoscibilità, due elementi fondamentali in un mercato saturo. Ci ha convinti l’unicità del brand, il posizionamento già definito e la possibilità di accelerare grazie a un supporto operativo solido e strutturato. Abbiamo trovato sin da subito terreno fertile per sviluppare collezioni più ampie, elevare la qualità percepita e attivare sinergie su canali retail e piattaforme digitali».Dal punto di vista operativo, quali saranno le aree presidiate da A. Moda? Qual è il perimetro dell’accordo? «A. Moda detiene la licenza esclusiva mondiale per Peninsula e ne gestisce integralmente lo sviluppo del prodotto, produzione, distribuzione, marketing e strategia commerciale. Il nostro modello è verticale: coordiniamo ogni fase, dal design al retail, garantendo coerenza di posizionamento, qualità esecutiva e presidio diretto dei canali b2b e b2c» A. Moda vanta una lunga tradizione familiare e manifatturiera. Ci può tracciare una panoramica sull’evoluzione dell’azienda e sui momenti chiave che ne hanno definito la trasformazione da produttore a partner di brand nazionali e internazionali? «A. Moda nasce come azienda commerciale negli anni Settanta e nel tempo ha saputo evolvere, trasformandosi da semplice licenziataria in partner sinergico per brand affermati e realtà emergenti. L’esperienza con marchi come Everlast, Alpha industries, Momo design, Shanghai tang e Dimensione danza ci ha insegnato a ragionare nella logica di filiera completa: dal concept al sell-out. La recente evoluzione passa attraverso la capacità di offrire soluzioni end-to-end: non più solo produzione, ma sviluppo, distribuzione e visione strategica».La figura del licenziatario è cambiata. In che modo A. Moda ha saputo adattarsi al nuovo ruolo di acceleratore di brand partendo dalla produzione per conto terzi?«Il licenziatario oggi è un costruttore di valore. Deve saper integrare supply chain, strategia prodotto e visione di mercato. A. Moda ha investito in digitalizzazione, in un team dedicato allo sviluppo commerciale e in una piattaforma organizzativa flessibile, capace di adattarsi alle esigenze di ogni brand. Non ci limitiamo a produrre, ma contribuiamo alla crescita del marchio». Oggi si parla sempre più di filiera verticale, sostenibilità e flessibilità produttiva. Qual è il modello organizzativo di A. Moda e quali asset ritenete centrali per garantire competitività nel fashion system contemporaneo? «La verticalizzazione della filiera è nel nostro Dna. La produzione di Peninsula avviene in Italia, la prototipia è interna e la logistica integrata. Questo ci permette reattività, controllo qualità e time-to-market ridotto. Stiamo investendo su sostenibilità di processo, tracciabilità e soluzioni digitali per la supply chain. In un mondo che cambia rapidamente, la solidità strutturale unita alla capacità di adattarsi è ciò che garantisce continuità». In un settore in continua evoluzione, quali sono le tecnologie e le competenze che A. Moda ha deciso di integrare per rispondere alle esigenze dei brand, soprattutto in termini di time-to-market e personalizzazione? «Abbiamo investito in sistemi Erp evoluti, modellistica digitale, prototipazione rapida e gestione integrata dei dati vendita. Questo ci consente non solo velocità esecutiva ma anche analisi predittiva, fondamentale per orientare le scelte commerciali. In parallelo, stiamo formando team trasversali capaci di integrare visione creativa e lettura del dato, per supportare i brand in modo proattivo».
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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Giustizia - Ottobre 2025.pdf
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