2023-03-06
«Non hanno il mare. E vogliono insegnarci come fare i balneari»
Nel riquadro Alessia Berlusconi (iStock)
Alessia Berlusconi, che ha un bagno a Forte dei Marmi: «Troppi pregiudizi culturali su di noi. Non chiediamo proroghe infinite».Alessia Berlusconi, buongiorno. La disturbo?«Sono qui con Roberto Santini. Voglio che assista e partecipi alla nostra chiacchierata. Devo presentarglielo?» Il gestore del Bagno Piero a Forte dei Marmi. Giusto?«Esatto».Neppure lei ha bisogno di presentazioni, però. Il cognome già parla per lei. E gestisce il Bagno Alcione sempre a Forte dei Marmi…«Siamo solo due delle trentamila imprese che operano nel settore balneare in tutta Italia».Volevo provocarla, chiedendole se per caso stesse al Forte per godersi il mare d’inverno. Avrebbe cantato Loredana Bertè…«Siamo sempre sul pezzo. Lunedì abbiamo partecipato a Carrara ad un incontro con tutte le associazioni di categoria».Ovvero?(Santini): «C’erano gli onorevoli Gasparri e Bergamini di Forza Italia, Zucconi di Fratelli d’Italia, Centinaio della Lega e Stefano Fassina».Fassina? (S): «Sì esatto. Viene da una parte politica lontana da noi quanto a visione, ma ha pronunciato a suo tempo uno dei discorsi più illuminati che abbia mai sentito a proposito della Bolkestein. Avrebbe potuto pronunciarlo uno di noi. Ma in questo caso bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare».Che estate è stata quella del 2022 senza gli ormai leggendari turisti russi?(Berlusconi): «Per quanto mi riguarda un’ottima stagione. La clientela italiana continua a rappresentare la fetta più importante per noi, e la minor affluenza dei clienti russi è stata comunque compensata dal ritorno degli americani, che mancavano invece dal 2020». Non ne avete sentito la mancanza, insomma…(S): «L’anno scorso di russi ne abbiamo visti un po’ a dire la verità, ma sono meno “appariscenti”. Meno ostentazione e profilo più basso rispetto agli anni passati».Niente più restrizioni Covid per rispettare le distanze fra le postazioni?(B): «Al Forte il cliente chiede una certa distanza in spiaggia, a prescindere dal Covid. In molti casi, qui da noi, l’effetto delle restrizioni non si è percepito proprio perché la lontananza è un po’ lo standard sulle nostre spiagge».Il 2023 come sarà?(S): «Ci sono tutti i presupposti per un’ottima estate. Viviamo a Forte dei Marmi un momento in ascesa e di grande apprezzamento da parte della clientela. L’importante è non sedersi sugli allori e prenderlo come punto di partenza per costruire e investire sul futuro».Investire e costruire sul futuro senza sapere se l’azienda continuerà ad essere vostra…(B): «Sì, la situazione è molto complicata. Comprendo le difficoltà del governo che deve gestire l’applicazione della Bolkestein sulla spinta di una parte della politica europea, ma la direttiva è profondamente ingiusta, e soprattutto non è nemmeno applicabile…».In che senso?(B): «La direttiva riguarda i servizi e non la concessione delle spiagge, che sono beni pubblici. Parola di Frits Bolkestein. È lui ad aver riconosciuto che c’è un errore di applicazione della sua stessa direttiva. Un approccio punitivo nei confronti della nostra categoria che davvero non si comprende».L’opinione pubblica vi guarda con sospetto…(B): «La nostra categoria purtroppo ha un’immagine sbagliata nell’opinione pubblica, perché si pensa che i balneari siano quelli che sfruttano le concessioni, le pagano poco, guadagnano un sacco e lavorano solo tre mesi. Ma le assicuro che è un luogo comune ben lontano dalla realtà per la maggior parte di noi».Con le modifiche al milleproroghe le vostre concessioni sono state prorogate al?(S): «31 dicembre 2024».Ma ci si arriverà al 2024 con tutte le pronunce di varie corti italiane ed europee?(B): «Credo proprio ci arriveremo anche perché i comuni italiani, parliamoci chiaro, non sono minimamente in grado, anche volendo, di gestire la mole di queste aste». (S): «Ma l’amara verità è che dobbiamo trovare una soluzione. Perché vivere in questo limbo è ancora più terribile. Innanzitutto, riteniamo doveroso che il “padrone di casa Stato” venga a controllare quello che è stato fatto sulle sue concessioni. Ci sono realtà virtuose che fanno ogni giorno un lavoro straordinario, e ci sono situazioni che prestano il fianco a critiche comprensibili. Penso all’articolo 45 bis del codice della navigazione che consente al concessionario di dare in subconcessione tutta o parte della propria azienda a terzi».Ciò che insolentisce i vostri detrattori!(S): «Non difendiamo le posizioni di rendita ma quelli che la mattina si alzano all’alba, preparano la spiaggia e sperano in una giornata di sole. Vedo problemi non tanto per me che ho una professionalità che mi darà comunque da mangiare. Ma penso agli oltre settanta miei collaboratori, una quarantina con un mutuo da pagare. Stiamo affrontando quella che Fassina chiama un’operazione di dumping sociale».Avete appena delineato una prima proposta di riforma… (B): «Certamente quello di eliminare o limitare a casi speciali la possibilità di subaffittare il bene in concessione potrebbe essere un segnale costruttivo, che tutelerebbe tutti coloro che il bene lo ricevono per prendersene cura e valorizzarlo, non per sfruttarlo e basta». Se il tema fosse «aggiorniamo i canoni» ci sarebbe da parte vostra la disponibilità a discuterne?(B): «Lo riteniamo doveroso, ma non dipende da noi».(S): «Su questo tema serve fare anche un’autocritica. La categoria si oppose al ministro Tremonti quando chiedeva di triplicare da un anno all’altro i canoni. In quell’occasione, invece di conseguire una vittoria di Pirro, si doveva trovare un accordo su un adeguamento progressivo nell’arco di tre o quattro anni. Andando sul concreto, peraltro, a Forte dei Marmi ci sono stabilimenti che pagano canoni più che congrui e niente affatto irrisori. Il Bagno Piero paga un canone tra demaniale e regionale di 55.000 euro».(B): «Non solo. Nel settore turistico, noi siamo gli unici che applicano l’Iva al 22% contro il 10% di tutti i nostri colleghi: ristoranti, alberghi, campeggi, impianti sciistici. In più, paghiamo l’Imu su beni che non sono nostri, ma tutte le manutenzioni straordinarie sono a nostro carico. Così come la sicurezza della balneazione, che in altri Paesi è responsabilità delle amministrazioni locali. Insomma, non è solo una questione di canone. Un aumento dei canoni ma un adeguamento dell’Iva porterebbe contestualmente un beneficio alle casse dello Stato e tariffe più competitive per i nostri clienti».Che soluzione immaginate o comunque proponete per uscire dall’impasse?(B): «Affrontare la situazione con buonsenso e senso di giustizia, senza questa frenesia che sta condizionando in modo negativo la discussione. Sono da evitare le proroghe indefinite ma anche e soprattutto le gare ad evidenza pubblica senza paletti. Non si può ignorare tutto ciò che di buono è stato fatto dai balneari nel corso dei decenni e il nostro “padrone di casa”, prima di intervenire, deve assolutamente darsi il tempo di fare una ricognizione di come il bene è stato gestito. E trovare un accordo per il futuro».(S): «Posso fare una digressione e prometto di non annoiarla?».Prego, ne ha facoltà…(S): «Quando ho chiesto da bambino a mia nonna che viaggi aveva fatto mi ha risposto: “Una volta a Firenze e poi diverse volte a Viareggio”. Dobbiamo ricordare all’opinione pubblica chi siamo e da dove veniamo. Noi eravamo in passato dei paria sociali. La concessione di un pezzo di spiaggia veniva spesso data a seguito di disabilità o perché si era tornati feriti dalla guerra. Quando mia nonna ha iniziato a gestire il bagno, mio nonno per poter mangiare doveva comunque andare a fare il guardiano delle ville qua dietro. Vedo un forte sentimento di rabbia e rivalsa nei nostri confronti. Quando studiavo al liceo, il sabato e la domenica li ho sempre trascorsi lavorando e pulendo la spiaggia. Io non sapevo cos’era il week end».(B): «È il fastidio alimentato da certe narrazioni distorte nei confronti di qualcuno che a suo modo ce l’ha fatta. Enzo Ferrari diceva: “La gente ti perdona tutto tranne il successo”. Il mio grandissimo rispetto va nei confronti di tutti coloro che fanno impresa e creano posti di lavoro. E se hanno successo, io sono felice per loro».Rimane il fatto che stiamo parlando di una normativa calata dall’alto e che si riverbera sul nostro tessuto imprenditoriale!(B): «La sensazione di un assalto alla diligenza da parte dei gruppi europei c’è eccome. Vogliono insegnarci il mestiere popoli che manco sanno come è fatto il mare perché semplicemente non ce l’hanno. Col pregiudizio culturale che l’Italia sia solo mafia, spaghetti e mandolino. Invece abbiamo una professionalità straordinaria che abbiamo dimostrato e che non ci vergogniamo affatto a difendere. Anzi ne siamo orgogliosi».L’atteggiamento del governo in questo momento vi tranquillizza? Ed immagino non vi sia piaciuta la lettera del presidente Mattarella…(S): «Il presidente, in realtà, chiede anche rispetto per le persone che hanno fatto impresa in quel settore. E nessuno lo rimarca abbastanza. Il punto è che il governo deve fare i conti anche con il cosiddetto “fuoco amico”, ossia tanti nostri rappresentanti politici che erano partiti difendendo il nostro tessuto imprenditoriale e con il tempo si sono sistematicamente appiattiti sulla cultura espressa da quell’Europa di cui parlava prima Alessia».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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