2021-09-16
Zan mette nero su bianco lo scopo del suo ddl: la famiglia va scardinata
Manifestazione Lgbt a Bologna. Nel Riquadro Alessandro Zan con la madre (Getty Images)
Nel libro il promotore della legge bavaglio spiega che questo è solo il primo passo per applicare l'agenda Lgbt. Poi toccherà al matrimonio e al linguaggio. E fa l'elenco dei nemici, da Salvini a Pillon. Ad Alessandro Zan, deputato del Pd e relatore del disegno di legge contro l'omotransfobia, la famiglia piace molto quando gli serve per pubblicizzare il suo nuovo libro. Sui social, infatti, non ha esitato a mostrarsi col volume in mano in compagnia di sua madre (chiamata «mamma» e non «genitore 1», per intendersi). Quando però si sfoglia Senza paura. La nostra battaglia contro l'odio (Piemme), si scopre che l'esponente dem ha un'idea piuttosto chiara di che cosa si debba fare con la famiglia tradizionale: distruggerla.Sentite che scrive: «Le cosiddette “famiglie tradizionali – intese come zona di comfort e totem culturale – sono uno dei luoghi più pericolosi d'Italia dove vivere, come ci ricordano le statistiche sui femminicidi e la violenza domestica. Scardinare quel modello è il vero progresso al quale andiamo incontro». Capito? Quando tornate a casa la sera dai vostri cari dovreste avere paura, perché la famiglia tradizionale (cioè quella basata sulla differenza dei sessi) è violentissima, ai limiti della criminalità e va «scardinata».Il meraviglioso «mondo di Zan» descritto nel libro, del resto, è basato essenzialmente sulla disarticolazione e lo scardinamento di tutto ciò che appaia anche solo vagamente tradizionale. Ecco perché nel Paese ideale di Zanlandia sarà modificato il linguaggio: «Penso che abbiamo davvero bisogno di un nuovo glossario su come parlare senza violentare, un vocabolario che ci permetta di dare un nome corretto alle persone, perché chiamarle per quello che sono è il primo passo per riconoscerne la piena dignità. Vale per i giornalisti, vale per la pubblica amministrazione, vale per i politici, vale per i magistrati. I nomi e i pronomi contano, perché le persone contano. […] Non c'è rispetto umano che non passi dalle parole e da una nuova ecologia del linguaggio». Tradotto, significa che si dovrà imparare a chiamare «lei» un maschio che si definisca femmina (e viceversa). Come Michela Murgia, dovremo probabilmente abituarti a utilizzare lo «schwa» per combattere il sessismo. E chi non si adatterà dovrà essere rieducato (che sia giornalista, politico o magistrato).A Zanlandia, ovviamente, sarà in vigore il ddl Zan, ma per il deputato del Pd l'approvazione della legge bavaglio è solo il primo passo: «Il cammino dei diritti un giorno porterà le coppie gay e lesbiche italiane a potersi sposare davvero e a poter adottare. […] Le prossime tappe sono un matrimonio pieno e le adozioni per ogni famiglia».Qui affiora un aspetto curioso: bisogna distruggere la famiglia tradizionale, cambiare il linguaggio, destrutturare ogni cosa. Però, guarda un po', si deve anche rivendicare il diritto al «matrimonio». Non a qualcosa di diverso, che magari eviti gli odiosi stereotipi del sistema patriarcale. No, si vuole proprio il matrimonio, quello tradizionale: «La parola “matrimonio" è tutto, perché le parole sono importanti, anche i gay e le lesbiche hanno diritto a chiamarsi coniugi. Non averlo riconosciuto è una forma di apartheid, un modo per considerarci ancora cittadini di serie B».Zan sogna una «Italia nuova» in cui al centro «ci sarà la soggettività dell'individuo». Teorizza l'alleanza «Lgbtq con il femminismo intersezionale e il transfemminismo» e aspira a una società «che non prova a schiacciare ciò che è non conforme». E chissà se l'appello a «non schiacciare la non conformità» vale anche per i pericolosi no vax o per quelli che non la pensano come Zan…La sensazione, scorrendo il libro, è che in realtà tutta questa libertà e questo amore di cui il caro Alessandro si riempie la bocca non riguardino le categorie a lui sgradite. Per essere uno che sbandiera la sua «battaglia contro l'odio», infatti, egli odia parecchio.Prima di tutto, odia le Terf, che egli definisce «femministe transfobiche». Per chi non lo sapesse, Terf è il nomignolo spregiativo che gli attivisti trans usano per indicare le femministe secondo cui un uomo operato non può definirsi donna. Intellettuali come J.K. Rowling o altre che hanno subito boicottaggi, ostruzionismi e addirittura agguati violenti. Tanta ostilità e tanto odio suscita il termine Terf che l'Economist - non certamente un giornale populista o destrorso – ha deciso di metterlo al bando, giudicandolo offensivo. Ma Zan lo usa senza problemi, non si fa scrupoli. Accusa le femministe storiche di essere vicine «all'estrema destra», di essersi saldate con il «conservatorismo più reazionario». Fa pure degli esempi: la filosofa Francesca Izzo, la regista Cristina Comencini.Con le Terf, Zan non vuole proprio parlarci, la regola è: nessun confronto. E vale anche per gli altri critici, a partire dal leghista Simone Pillon, che nel libro viene definito «oltranzista, fanatico, nemico di ogni diritto civile (aborto compreso), convinto che esista una fantomatica lobby gay a reggere i destini del mondo». Pillon sarebbe un «personaggio pittoresco e pericoloso». Alla faccia di combattere l'odio… Zan ne ha per tutti: Giorgia Meloni, Matteo Salvini, il leghista Andrea Ostellari. Non esita a far nomi, nemmeno dovesse compilare liste di proscrizione.Con Pillon, tuttavia, insiste più che con gli altri. Racconta che Fedez gli propose di organizzare un confronto online col leghista, ma lui rifiutò sdegnosamente: «Era il momento di difendere la legge, non di offrire un'altra piattaforma a misogini e omofobi».Già, il caro Zan pretende di comiziare in solitudine. Avrebbe voluto, per dire, che Costanzo, Fazio e la Gruber lo invitassero in studio a pubblicizzare il suo ddl. «Costanzo mi ha solo detto: “Speriamo, a presto" [...]. Da Fazio mi ha contattato una redattrice, mi ha gentilmente spiegato che ci avrebbero provato, ma che il loro standard era che venivano invitati solo ministri e medici». A dire il vero, il ddl Zan ha ottenuto tutta la pubblicità possibile e immaginabile su tutti i media, ma il povero Alessandro ci è ugualmente rimasto male. Chissà, forse è per questo che vorrebbe tanto «scardinare» chi ha idee diverse dalle sue.