2019-04-17
Notre Dame, dopo il fuoco l’oltraggio degli ipocriti
Chi ha negato le radici cristiane dell'Europa oggi piange la caduta di un simbolo dell'Occidente. Eppure l'Ue ha calpestato quella storia, costruendo nuovi altari. E ignorando i ripetuti attacchi dei musulmani.E adesso piangono, gli ipocriti. «Un colpo al cuore», «Il mondo sconvolto», «Le lacrime di Notre Dame», «Una ferita nella storia d'Europa», «Il nostro cuore è là», «Quel simbolo ci appartiene». Piangono, gli ipocriti. E non capiscono che quello che si sono trovati davanti agli occhi a Parigi è soltanto quello che hanno preparato, voluto, favorito. Perché, infatti, il crollo di quella guglia ci ha impressionato tanto? Semplice: perché è il simbolo della nostra civiltà che sta scomparendo. Delle nostre radici tagliate. Della nostra memoria cancellata. Ma dov'erano gli ipocriti che ora si stracciano le vesti, quando tutto ciò avveniva? Dov'erano quando si spazzava via dall'Europa ogni radice cristiana? Dov'erano quando si costruivano le nuove catacombe? Dov'erano quando i simboli del cristianesimo venivano profanati, calpestati, offesi e vilipesi?Troppo facile, adesso, mostrarsi choccati. Troppo ipocrita. Solo nel 2018 in Francia sono stati registrati 877 casi di distruzioni o vilipendi dentro le chiese. Significa più di due al giorno. Per restare al 2019 ci sono stati almeno cinque episodi gravi: a inizio febbraio nella parrocchia di San Nicola a Maison-Lafitte (tabernacolo strappato dal muro e gettato a terra); il 5 febbraio nella chiesa di Santi Alain a Lavaur, vicino a Tolosa (incendio); il 6 febbraio a Nimes (atti vandalici); la scorsa settimana a Digione (atti vandalici) e il 17 marzo a Saint Sulpice di Parigi (rogo doloso). Un mese fa la Conferenza episcopale francese aveva lanciato l'allarme, che ovviamente era caduto nel vuoto. Quasi nessuno l'aveva ripreso, a parte questo piccolo giornale, s'intende. Perché? Se il «simbolo» che rappresenta Notre Dame ci appartiene davvero, come ora dicono tutti, perché non hanno iniziato a difenderlo prima? Perché hanno lasciato che fosse oltraggiato quotidianamente nel silenzio generale? Che ipocriti. Adesso tutti a piangere di fronte alla distruzione. Ma sarebbe stato meglio pensarci un po' prima, no? Se davvero sono tutti convinti che la cattedrale sia un nostro patrimonio storico e culturale, beh, forse lo si poteva difendere un po' meglio. Anche solo, banalmente, con qualche piano di prevenzione. Un esperto come Philippe Daverio ha spiegato che «Notre Dame si poteva proteggere», bastavano «400 estintori automatici» per bloccare l'incendio. La sua sentenza è inappellabile: ha parlato di «irresponsabilità». In effetti: è possibile che, con tutti i soldi che hanno in Francia, non ci fossero quelli necessari per comprare 400 estintori? E possibile che i vigili del fuoco (capaci poi di fare miracoli) non abbiano gli strumenti sufficienti per intervenire? Possibile, per esempio, che non abbiano in dotazione scale più lunghe di 30 metri? È così, con questa leggerezza e questa superficialità, che una delle grandi capitali d'Europa custodisce i tesori che stanno alla base della nostra civiltà? Non mi interessano le polemiche sulla sicurezza, che andranno avanti all'infinito. Mi interessa il fatto che, se ci sono state queste leggerezze, è perché fino a ieri nessuno considerava quel patrimonio davvero meritevole di essere tutelato con la dovuta attenzione. Ora tutti fanno la corsa a donare i soldi, dai re del lusso Arnault e Pinault all'Orèal. Ma dov'erano due anni fa quando la cattedrale cadeva a pezzi e c'erano bisogno di 150 milioni per restaurarla? Perché nessuno si è mosso? Si muovono ora perché fa chic. E poi qualcuno cerca pure di tirare fuori, dalle macerie, un po' di europeismo a buon mercato. Ecco, no: abbiate pazienza, ma Notre Dame non rappresenta quest'Europa, come qualcuno ha voluto fare credere in queste ore. Non rappresenta l'Europa di Macron o di Moscovici, quella della finanza e delle banche, delle finte bandierine azzurre e della commissione di Juncker. Macché: Notre Dame rappresenta l'Europa vera. Quella delle radici cristiane. Quella dei valori profondi. Quelli della storia. Di santi e di fede. Rappresenta, cioè, proprio quell'Europa che, per i maestri del pensiero europeo dominante, non meritava di essere difesa. Anzi, quell'Europa che l'Unione europea ha voluto proprio spazzare via, erigendo nuove cattedrali, con nuovi simboli e nuovi altari. Altro che Nostra Signora. Al massimo, nostro signoraggio. Che ipocriti, allora, adesso lì, con il naso all'insù e la manina sul cuore, a fingersi choccati per quella guglia che crolla, o magari a esserlo davvero, però senza capire perché. Come mai, infatti, tante persone sono rimaste incollate a guardare, attonite, come se fosse un 11 settembre d'Europa? Perché tanta angoscia, anche se le autorità si sono subito affrettate a precisare che non si trattava di terrorismo (l'indagine più veloce del mondo: le fiamme non si erano ancora spente e già si conosceva il colpevole)? Come mai quest'ondata di emozione collettiva, anche se i professori alla Vittorio Sgarbi si sono precipitati a spiegare che in fondo non stava bruciando nulla di davvero importante, dal punto di vista artistico, e che tutto si potrà ricostruire? Come mai milioni di persone inchiodate davanti alla tv in tutto il mondo, come mai quei giovani inginocchiati in strada a pregare con le fiamme sullo sfondo, in una delle immagini più struggenti che ci sia dato di ricordare? È semplice: perché quelle fiamme hanno reso esplicito il dramma che stiamo vivendo. E che non è il crollo di una cattedrale, per quanto importante. È il crollo di una civiltà. Non a caso i siti islamici festeggiano, riempiono i social di faccine sorridenti e proclamano il trionfo di Allah. Loro si sentono vincitori. E noi siamo gli sconfitti. La nostra civiltà crolla come Notre Dame. Crolla proprio perché abbiamo tagliato le nostre radici. E la cosa paradossale è che quelli ora piangono e si stracciano le vesti sono proprio quelli che quelle radici le hanno volute tagliare. Le hanno cancellate. Le hanno calpestate. Le hanno volute dimenticare. E adesso che vedono davanti ai loro occhi gli effetti di questo loro folle comportamento, non riescono a far altro che piangere lacrime false come le borsette made in China. Senza nemmeno accorgersi che ciò che oggi stanno additando come simbolo dell'Europa, a dirla tutta, mette le radici proprio in quel terribile Medioevo che fino a ieri usavano come arma impropria contro i difensori della famiglia. Toh guarda, come sa essere sorprendente la storia: all'improvviso è palese che il senso della nostra civiltà europea sta proprio lì, in un edificio del Medioevo, in una storia di fede, in una croce che illumina le rovine e che ricorda le parole di Giovanna d'Arco («Tenetela alta che io possa vederla attraverso le fiamme»), nei giovani che cantano l'Ave Maria, al massimo negli scritti di Victor Hugo. Mica in Macron e nei suoi pallidi discorsi. E allora forse anche gli ipocriti dovranno rassegnarsi: se davvero vogliamo dare un futuro all'Europa, ammesso che non sia troppo tardi, bisogna provare davvero le sue radici. Ma non solo oggi. E non solo a Notre Dame.
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Emanuele Orsini e Dario Scannapieco