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2020-08-10
Aiuto, l’Italia è in svendita
Case, palazzi, ville ma anche aziende, marchi storici un tempo italianissimi sono finiti in mano agli stranieri. L'ultima svendita di pezzi del nostro Paese risale a luglio, quando l'isola di Gallinara è stata acquistata da un facoltoso ucraino. Se lo Stato non tirerà fuori 10 milioni di euro per esercitare il suo diritto di prelazione, dovremo dire addio a questa piccola riserva naturale che diventerà patrimonio esclusivo di un immobiliarista con residenza nel Principato di Monaco e cittadinanza caraibica.
Ogniqualvolta si vende a foresti, il coro di proteste ha toni sempre più aspri, vengono invocate misure efficaci di tutela del nostro patrimonio, poi l'indifferenza ricopre anche le alienazioni più scandalose. L'abbiamo visto quando si gridò alla spoliazione perché nel 2013 il gruppo turco Toksöz aveva comprato la Pernigotti, storica fabbrica di cioccolata di Novi Ligure che aveva dato lavoro a generazioni di piemontesi. Due anni prima era successo con la Parmalat, l'azienda di Collecchio passata attraverso mille traversie ma poi risanata. Non interessò agli imprenditori italiani, si fecero avanti i francesi di Lactalis, società della famiglia Besnier, che completarono gli acquisti nel Bel Paese dopo aver allungato le mani sui marchi Galbani, Invernizzi, Cademartori, Vallelata.
Gli svizzeri della Nestlé hanno collezionato un gran numero di marchi italiani, da Perugina a Buitoni, da Acqua Panna, Levissima e San Pellegrino alla Valle degli orti, mentre gli olandesi della Leaf international bv si sono presi le caramelle: dalle Sperlari alle Saila, alle Dietorelle. Gli spagnoli han fatto man bassa dei salumi Fiorucci, della Star, dell'olio Bertolli, Carapelli, Friol e controllano il pastificio Garofalo. La Plasmon è passata al colosso americano Heinz, ai russi la Gancia, una delle aziende vitivinicole più famose del mondo. I vigneti Sella e Mosca non sono più sardi, appartengono a una delle venti famiglie più ricche d'Asia: i Pao di Hong Kong. Il Grignolino di Cuccaro Monferrato sulle colline dell'Alessandrino è prodotto da una società cinese che fabbrica ascensori, mentre diversi vini pregiati della Toscana, dal Brunello di Montalcino al Montepulciano, sono nelle mani di austriaci, argentini, brasiliani, inglesi e olandesi.
L'elenco è lunghissimo, secondo la ricerca Reprint, Politecnico di Milano e Ice, nel 2012 le imprese italiane partecipate da stranieri erano 12.185, nel 2017 il loro numero era già salito a 13.052: 144 in più ogni anno tranne che nel 2015, quando a passare di mano furono addirittura 262 aziende. Dal 2007 a oggi, la Francia ha fatto «spesa» in Italia per 52 miliardi di euro, noi dai cugini d'Oltralpe soltanto per 8 miliardi di euro. Nel 2019 risultavano ben 76 le aziende italiane acquistate dai giapponesi negli ultimi sei anni. Marchi del nostro lusso come Loro Piana, Bulgari, Fendi, Pucci, Acqua di Parma sono finiti ai francesi Arnault, che con la loro Lvmh si sono accaparrati 75 maison in sette diversi settori, dallo champagne all'alta moda. Kering, la holding di François-Henri Pinault, uno dei più grandi collezionisti d'arte privati del mondo (possiede opere dal valore di oltre 1,2 miliardi di dollari), ci ha portato via Gucci, Dodo, Pomellato, Bottega Veneta, Brioni (la prima azienda a organizzare una sfilata di moda maschile a Palazzo Pitti). Valentino è stato acquistato dal fondo Qatar investment authority: gli sceicchi del Golfo hanno fatto anche fortissimi investimenti immobiliari come l'Excelsior Gallia di Milano o il Gritti di Venezia e mezza Costa Smeralda. Pirelli, Krizia e il gruppo Ferretti yacht sono passati ai cinesi. Cerruti, la prima azienda italiana del prêt-à-porter a sbarcare a Parigi, nel 2018 è stata ceduta al fondo anglo-svedese Njord Partners. Nello stesso anno Versace finisce alla Michael Kors holdings (che poi cambia il nome in Capri holdings), fondata da un designer di Long Island. «Nell'ultimo anno Versace è stata avvicinata da tante persone, francesi, americane... ma nessun italiano» dichiarò Donatella Versace al Corriere della Sera dopo l'ufficializzazione della vendita. Per non parlare degli elettrodomestici, come il marchio Candy di proprietà della famiglia Fumagalli acquisito dal colosso cinese Qingdao Haier. Quattro anni prima era stata la volta di Indesit, ceduta alla Whirlpool, che già alla fine degli anni Ottanta aveva rilevato la Ignis. O della nostra componentistica per auto, che nel 2018 ha perduto la Magneti Marelli, finita alla giapponese Calsinic Kansei; del settore condizionatori della trevigiana De Longhi, acquistato nel 2015 sempre dai nipponici, questa volta della Mitsubishi. Di tante solide realtà industriali quali la fabbrica di caldaie Riello passata nel 2017 alla multinazionale americana Utc; o la Ballarini pentole, fondata a Rivarolo Mantovano nel 1889, poi ceduta ai tedeschi di Zwilling. Due eccellenze come Lamborghini e Ducati non ci appartengono più da anni, fanno parte del gruppo tedesco Volkswagen. Anche il calcio attira capitali stranieri, i club della serie A in mano a foresti sono cinque: l'Inter è della famiglia cinese Zhang, il Milan di Paul Singer proprietario del fondo statunitense Elliott, il Bologna del canadese Joey Saputo e la Fiorentina dell'italoamericano Rocco Commisso. La Roma, fino a pochi giorni fa dell'imprenditore americano James Pallotta, è stata ceduta a un altro statunitense, Dan Friedkin dell'azienda americana The Friedkin group, consorzio di aziende automobilistiche, ospitalità, intrattenimento, golf e avventura. Perfino una società di serie D come il Como è passata di mano, alla britannica Sent entertainment ltd.
Isola Gallinara
Ultima, in ordine di tempo. L'isola Gallinara al largo della costa Ligure, tra Alassio e Albenga, viene venduta un mese fa per 10 milioni di euro all'immobiliarista ucraino Olexandr Boguslayev, 42 anni, con residenza nel Principato di Monaco e cittadinanza ai Caraibi. È figlio del politico e industriale Vyacheslav Boguslayev, 81 anni, tra i più grandi produttori mondiali di motori per aerei, missili ed elicotteri. Le galline selvatiche, che un tempo la popolavano e a cui si deve il nome dell'ex rifugio di papi ed eremiti, curiosamente segnano la vendita di questo gioiello a forma di tartaruga. L'affare, infatti, sarebbe stato concluso tra una società di Montecarlo, la Galinette, e la società Gallinaria srl delle nove famiglie liguri e piemontesi che per 40 anni hanno avuto in comproprietà l'isoletta rocciosa, ricoperta di macchia mediterranea, lunga 470 metri e larga 450. Rimasta di proprietà della Chiesa fino al 1842, quando fu venduta a privati dai vescovi di Albenga, parco naturale regionale dal 1989 con una delle colonie di gabbiani reali più grandi del Tirreno settentrionale, è sottoposta a numerosi vincoli e oltre all'unica villa presente (suddivisa in più immobili), è vietato costruire. Lo Stato potrebbe esercitare il diritto di prelazione.
Isola San Clemente
L'isola di San Clemente, 6,7 ettari tra la Giudecca e il Lido, con antiche corti, edifici abbaziali e una chiesa del XII secolo ospitò per secoli un monastero, diventato dal 1873 al 1992 un manicomio femminile. I Benetton l'ebbero in concessione nel 1999 per 10,4 milioni di euro, poi dopo alterne vicende l'isola finì in amministrazione controllata. Nel 2013 è stata acquistata per 80 milioni di euro dal gruppo turco Permak, che ha trasformato l'hotel dell'isola in un 5 stelle sotto l'insegna Kempinski.
Castello di Casalborgone
Il castello di Casalborgone, ai confini tra le province di Torino e di Asti, costruito a inizio XII secolo e ampliato a metà del Seicento dai conti Broglia, nobile famiglia torinese, nel 2018 viene acquistato da una società con due statunitensi, un britannico, due austriaci, tre australiani e due toscani. Diventa hotel di lusso ma anche luogo dove si svolgono le conferenze dell'associazione americana Access consciousness (il cui fondatore, Gary Douglas, è stato per un periodo interessato a Scientology) che a suon di migliaia di dollari invita a scoprire i Bar, punti magici, invisibili che ognuno di noi avrebbe sulla testa, per sconfiggere la depressione o per migliorare la tonicità della pelle. Gli abitanti del luogo mugugnano, il sindaco Francesco Cavallero è contento perché il castello era in rovina da anni.
Villa Balbiano
Villa Balbiano a Ossuccio, una delle dimore più prestigiose del lago di Como, costruita dal cardinale Tolomeo Gallio alla fine del XVI secolo e che da 30 anni apparteneva a un industriale tessile comasco, nel 2011 diventa proprietà della giovane rampolla di una facoltosa famiglia moscovita che non ha esitato a pagare 38 milioni di euro per far felice la ventunenne ereditiera. Sembra ormai certo che a settembre in questa villa, destinata ad eventi, si sposeranno Elettra Lamborghini e Afrojack, al secolo Nick Van De Wall, di professione Dj.
Villa Bibbiani
Villa Bibbiani sulle colline di Firenze, dal 1546 dimora storica dei nobili e potenti banchieri Frescobaldi, una meraviglia di interni su 9.800 metri quadrati, oltre a 20 ettari di esterno con parco botanico e giardini all'italiana, nel 2017 viene acquistata per 10 milioni di dollari dal texano Rapier III George McCarroll, presidente della statunitense Wellmed medical management: una miriade di cliniche in Texas e Florida che l'hanno reso multimiliardario. Quest'anno ha lanciato cinque etichette di vino con il marchio Villa Bibbiani, vigneti italiani ma cuore texano.
Palazzo del Sonno
L'ex Palazzo del Sonno di Firenze, sede delle Ferrovie dello Stato e dove furono progettate alcune delle prime locomotive italiane, riapre nel 2018 come Student hotel progettato dal colosso olandese The student hotel (Tsh). In realtà solo una parte è dedicata agli studenti, il resto delle stanze con area fitness e piscina sul tetto da cui si gode una vista mozzafiato sulla cupola del Duomo, viene offerto alla clientela internazionale. Altre due strutture stanno per essere ultimate da Tsh a Firenze, una nell'ex fabbrica e uffici Fiat, l'altra nell'ex manifattura tabacchi.
Palazzo Donà delle Rose
Palazzo Donà delle Rose si trova in campo Santa Maria Formosa a Venezia, uno dei più affascinanti della città lagunare, ed è stato trasformato in un hotel di lusso. Questo ha rappresentato il primo investimento del facoltoso imprenditore di Singapore Kwong Ching Chiat, il quale con la sua società Grandeur Oxley srl nel 2018 ha acquisito la proprietà anche di Palazzo Poerio Papadopoli dal Comune, sempre per farne un albergo. Il palazzo era la sede dei servizi sociali della Municipalità di Venezia.
Palazzo della Gherardesca
Palazzo della Gherardesca a Firenze, un capolavoro dell'architettura rinascimentale circondato da un parco di 4,5 ettari e sede dal 2008 dell'hotel Four Seasons, viene acquistato nel 2013 dall'emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al-Thani, per 150 milioni di euro. La famiglia reale dell'emirato arabo aveva già speso 650 milioni di euro per i quattro alberghi di lusso in Costa Smeralda: Cala di Volpe, Pitrizza, Romazzino e Porto Cervo, per un totale di 360 camere.
Isola Sacca Sessola
Anche la vasta isola artificiale di Sacca Sessola, 16 ettari all'interno di un giro di correnti d'aria particolarmente salubri a metà strada tra la laguna e il mare, con un patrimonio di piante unico e con l'ex sanatorio trasformato in hotel di lusso, è stata venduta nel 2015 al gruppo Marriott che ha trasformato il nome in Isola delle rose, con grande indignazione dei veneziani.
Villa Ferrario
Sempre alla cifra di 10 milioni di dollari, nel 2018 viene venduta una delle abitazioni più desiderate di Forte dei Marmi, la vecchia dimora del pianista Ugo Ferrario e della moglie, Caterina Papi, nota imprenditrice fiorentina. L'acquirente è un russo di soli 30 anni, Aleksey, che sui 7.000 metri quadrati di terreno ha realizzato un campo da tennis e una piscina spettacolare.
I No trivelle al potere ci lasciano senza gas
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L'ultimo acquisto è l'isola di Gallinara, comprata da un ucraino: Covid e blocco delle attività sono usati per metterci in ginocchio e cedere a pezzi lo Stato? Ogni anno diciamo addio a 150 aziende.Decreto Semplificazione sommerso da circa 3.000 emendamenti, di cui metà della stessa maggioranza. Destinato a passare quello pentastellato che vuole dare il colpo di grazia all'estrazione e a 20.000 posti di lavoro. Oltre che alla nostra indipendenza energetica.Lo speciale contiene 12 articoli.Case, palazzi, ville ma anche aziende, marchi storici un tempo italianissimi sono finiti in mano agli stranieri. L'ultima svendita di pezzi del nostro Paese risale a luglio, quando l'isola di Gallinara è stata acquistata da un facoltoso ucraino. Se lo Stato non tirerà fuori 10 milioni di euro per esercitare il suo diritto di prelazione, dovremo dire addio a questa piccola riserva naturale che diventerà patrimonio esclusivo di un immobiliarista con residenza nel Principato di Monaco e cittadinanza caraibica. Ogniqualvolta si vende a foresti, il coro di proteste ha toni sempre più aspri, vengono invocate misure efficaci di tutela del nostro patrimonio, poi l'indifferenza ricopre anche le alienazioni più scandalose. L'abbiamo visto quando si gridò alla spoliazione perché nel 2013 il gruppo turco Toksöz aveva comprato la Pernigotti, storica fabbrica di cioccolata di Novi Ligure che aveva dato lavoro a generazioni di piemontesi. Due anni prima era successo con la Parmalat, l'azienda di Collecchio passata attraverso mille traversie ma poi risanata. Non interessò agli imprenditori italiani, si fecero avanti i francesi di Lactalis, società della famiglia Besnier, che completarono gli acquisti nel Bel Paese dopo aver allungato le mani sui marchi Galbani, Invernizzi, Cademartori, Vallelata. Gli svizzeri della Nestlé hanno collezionato un gran numero di marchi italiani, da Perugina a Buitoni, da Acqua Panna, Levissima e San Pellegrino alla Valle degli orti, mentre gli olandesi della Leaf international bv si sono presi le caramelle: dalle Sperlari alle Saila, alle Dietorelle. Gli spagnoli han fatto man bassa dei salumi Fiorucci, della Star, dell'olio Bertolli, Carapelli, Friol e controllano il pastificio Garofalo. La Plasmon è passata al colosso americano Heinz, ai russi la Gancia, una delle aziende vitivinicole più famose del mondo. I vigneti Sella e Mosca non sono più sardi, appartengono a una delle venti famiglie più ricche d'Asia: i Pao di Hong Kong. Il Grignolino di Cuccaro Monferrato sulle colline dell'Alessandrino è prodotto da una società cinese che fabbrica ascensori, mentre diversi vini pregiati della Toscana, dal Brunello di Montalcino al Montepulciano, sono nelle mani di austriaci, argentini, brasiliani, inglesi e olandesi. L'elenco è lunghissimo, secondo la ricerca Reprint, Politecnico di Milano e Ice, nel 2012 le imprese italiane partecipate da stranieri erano 12.185, nel 2017 il loro numero era già salito a 13.052: 144 in più ogni anno tranne che nel 2015, quando a passare di mano furono addirittura 262 aziende. Dal 2007 a oggi, la Francia ha fatto «spesa» in Italia per 52 miliardi di euro, noi dai cugini d'Oltralpe soltanto per 8 miliardi di euro. Nel 2019 risultavano ben 76 le aziende italiane acquistate dai giapponesi negli ultimi sei anni. Marchi del nostro lusso come Loro Piana, Bulgari, Fendi, Pucci, Acqua di Parma sono finiti ai francesi Arnault, che con la loro Lvmh si sono accaparrati 75 maison in sette diversi settori, dallo champagne all'alta moda. Kering, la holding di François-Henri Pinault, uno dei più grandi collezionisti d'arte privati del mondo (possiede opere dal valore di oltre 1,2 miliardi di dollari), ci ha portato via Gucci, Dodo, Pomellato, Bottega Veneta, Brioni (la prima azienda a organizzare una sfilata di moda maschile a Palazzo Pitti). Valentino è stato acquistato dal fondo Qatar investment authority: gli sceicchi del Golfo hanno fatto anche fortissimi investimenti immobiliari come l'Excelsior Gallia di Milano o il Gritti di Venezia e mezza Costa Smeralda. Pirelli, Krizia e il gruppo Ferretti yacht sono passati ai cinesi. Cerruti, la prima azienda italiana del prêt-à-porter a sbarcare a Parigi, nel 2018 è stata ceduta al fondo anglo-svedese Njord Partners. Nello stesso anno Versace finisce alla Michael Kors holdings (che poi cambia il nome in Capri holdings), fondata da un designer di Long Island. «Nell'ultimo anno Versace è stata avvicinata da tante persone, francesi, americane... ma nessun italiano» dichiarò Donatella Versace al Corriere della Sera dopo l'ufficializzazione della vendita. Per non parlare degli elettrodomestici, come il marchio Candy di proprietà della famiglia Fumagalli acquisito dal colosso cinese Qingdao Haier. Quattro anni prima era stata la volta di Indesit, ceduta alla Whirlpool, che già alla fine degli anni Ottanta aveva rilevato la Ignis. O della nostra componentistica per auto, che nel 2018 ha perduto la Magneti Marelli, finita alla giapponese Calsinic Kansei; del settore condizionatori della trevigiana De Longhi, acquistato nel 2015 sempre dai nipponici, questa volta della Mitsubishi. Di tante solide realtà industriali quali la fabbrica di caldaie Riello passata nel 2017 alla multinazionale americana Utc; o la Ballarini pentole, fondata a Rivarolo Mantovano nel 1889, poi ceduta ai tedeschi di Zwilling. Due eccellenze come Lamborghini e Ducati non ci appartengono più da anni, fanno parte del gruppo tedesco Volkswagen. Anche il calcio attira capitali stranieri, i club della serie A in mano a foresti sono cinque: l'Inter è della famiglia cinese Zhang, il Milan di Paul Singer proprietario del fondo statunitense Elliott, il Bologna del canadese Joey Saputo e la Fiorentina dell'italoamericano Rocco Commisso. La Roma, fino a pochi giorni fa dell'imprenditore americano James Pallotta, è stata ceduta a un altro statunitense, Dan Friedkin dell'azienda americana The Friedkin group, consorzio di aziende automobilistiche, ospitalità, intrattenimento, golf e avventura. Perfino una società di serie D come il Como è passata di mano, alla britannica Sent entertainment ltd.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="isola-gallinara" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Isola Gallinara Ultima, in ordine di tempo. L'isola Gallinara al largo della costa Ligure, tra Alassio e Albenga, viene venduta un mese fa per 10 milioni di euro all'immobiliarista ucraino Olexandr Boguslayev, 42 anni, con residenza nel Principato di Monaco e cittadinanza ai Caraibi. È figlio del politico e industriale Vyacheslav Boguslayev, 81 anni, tra i più grandi produttori mondiali di motori per aerei, missili ed elicotteri. Le galline selvatiche, che un tempo la popolavano e a cui si deve il nome dell'ex rifugio di papi ed eremiti, curiosamente segnano la vendita di questo gioiello a forma di tartaruga. L'affare, infatti, sarebbe stato concluso tra una società di Montecarlo, la Galinette, e la società Gallinaria srl delle nove famiglie liguri e piemontesi che per 40 anni hanno avuto in comproprietà l'isoletta rocciosa, ricoperta di macchia mediterranea, lunga 470 metri e larga 450. Rimasta di proprietà della Chiesa fino al 1842, quando fu venduta a privati dai vescovi di Albenga, parco naturale regionale dal 1989 con una delle colonie di gabbiani reali più grandi del Tirreno settentrionale, è sottoposta a numerosi vincoli e oltre all'unica villa presente (suddivisa in più immobili), è vietato costruire. Lo Stato potrebbe esercitare il diritto di prelazione. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="isola-san-clemente" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Isola San Clemente L'isola di San Clemente, 6,7 ettari tra la Giudecca e il Lido, con antiche corti, edifici abbaziali e una chiesa del XII secolo ospitò per secoli un monastero, diventato dal 1873 al 1992 un manicomio femminile. I Benetton l'ebbero in concessione nel 1999 per 10,4 milioni di euro, poi dopo alterne vicende l'isola finì in amministrazione controllata. Nel 2013 è stata acquistata per 80 milioni di euro dal gruppo turco Permak, che ha trasformato l'hotel dell'isola in un 5 stelle sotto l'insegna Kempinski. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="castello-di-casalborgone" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Castello di Casalborgone Il castello di Casalborgone, ai confini tra le province di Torino e di Asti, costruito a inizio XII secolo e ampliato a metà del Seicento dai conti Broglia, nobile famiglia torinese, nel 2018 viene acquistato da una società con due statunitensi, un britannico, due austriaci, tre australiani e due toscani. Diventa hotel di lusso ma anche luogo dove si svolgono le conferenze dell'associazione americana Access consciousness (il cui fondatore, Gary Douglas, è stato per un periodo interessato a Scientology) che a suon di migliaia di dollari invita a scoprire i Bar, punti magici, invisibili che ognuno di noi avrebbe sulla testa, per sconfiggere la depressione o per migliorare la tonicità della pelle. Gli abitanti del luogo mugugnano, il sindaco Francesco Cavallero è contento perché il castello era in rovina da anni. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="villa-balbiano" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Villa Balbiano Villa Balbiano a Ossuccio, una delle dimore più prestigiose del lago di Como, costruita dal cardinale Tolomeo Gallio alla fine del XVI secolo e che da 30 anni apparteneva a un industriale tessile comasco, nel 2011 diventa proprietà della giovane rampolla di una facoltosa famiglia moscovita che non ha esitato a pagare 38 milioni di euro per far felice la ventunenne ereditiera. 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Quest'anno ha lanciato cinque etichette di vino con il marchio Villa Bibbiani, vigneti italiani ma cuore texano. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem7" data-id="7" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=7#rebelltitem7" data-basename="palazzo-del-sonno" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Palazzo del Sonno L'ex Palazzo del Sonno di Firenze, sede delle Ferrovie dello Stato e dove furono progettate alcune delle prime locomotive italiane, riapre nel 2018 come Student hotel progettato dal colosso olandese The student hotel (Tsh). In realtà solo una parte è dedicata agli studenti, il resto delle stanze con area fitness e piscina sul tetto da cui si gode una vista mozzafiato sulla cupola del Duomo, viene offerto alla clientela internazionale. Altre due strutture stanno per essere ultimate da Tsh a Firenze, una nell'ex fabbrica e uffici Fiat, l'altra nell'ex manifattura tabacchi. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem8" data-id="8" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=8#rebelltitem8" data-basename="palazzo-dona-delle-rose" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Palazzo Donà delle Rose Palazzo Donà delle Rose si trova in campo Santa Maria Formosa a Venezia, uno dei più affascinanti della città lagunare, ed è stato trasformato in un hotel di lusso. Questo ha rappresentato il primo investimento del facoltoso imprenditore di Singapore Kwong Ching Chiat, il quale con la sua società Grandeur Oxley srl nel 2018 ha acquisito la proprietà anche di Palazzo Poerio Papadopoli dal Comune, sempre per farne un albergo. Il palazzo era la sede dei servizi sociali della Municipalità di Venezia. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem9" data-id="9" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=9#rebelltitem9" data-basename="palazzo-della-gherardesca" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Palazzo della Gherardesca Palazzo della Gherardesca a Firenze, un capolavoro dell'architettura rinascimentale circondato da un parco di 4,5 ettari e sede dal 2008 dell'hotel Four Seasons, viene acquistato nel 2013 dall'emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa Al-Thani, per 150 milioni di euro. La famiglia reale dell'emirato arabo aveva già speso 650 milioni di euro per i quattro alberghi di lusso in Costa Smeralda: Cala di Volpe, Pitrizza, Romazzino e Porto Cervo, per un totale di 360 camere. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem10" data-id="10" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=10#rebelltitem10" data-basename="isola-sacca-sessola" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Isola Sacca Sessola Anche la vasta isola artificiale di Sacca Sessola, 16 ettari all'interno di un giro di correnti d'aria particolarmente salubri a metà strada tra la laguna e il mare, con un patrimonio di piante unico e con l'ex sanatorio trasformato in hotel di lusso, è stata venduta nel 2015 al gruppo Marriott che ha trasformato il nome in Isola delle rose, con grande indignazione dei veneziani. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem11" data-id="11" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=11#rebelltitem11" data-basename="villa-ferrario" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> Villa Ferrario Sempre alla cifra di 10 milioni di dollari, nel 2018 viene venduta una delle abitazioni più desiderate di Forte dei Marmi, la vecchia dimora del pianista Ugo Ferrario e della moglie, Caterina Papi, nota imprenditrice fiorentina. L'acquirente è un russo di soli 30 anni, Aleksey, che sui 7.000 metri quadrati di terreno ha realizzato un campo da tennis e una piscina spettacolare. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aiuto-litalia-e-in-svendita-2646933017.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-no-trivelle-al-potere-ci-lasciano-senza-gas" data-post-id="2646933017" data-published-at="1597002590" data-use-pagination="False"> I No trivelle al potere ci lasciano senza gas
Ansa
L’accordo è stato siglato con Certares, fondo statunitense specializzato nel turismo e nei viaggi, nome ben noto nel settore per American express global business travel e per una rete di partecipazioni che abbraccia distribuzione, servizi e tecnologia legata alla mobilità globale. Il piano è robusto: una joint venture e investimenti complessivi per circa un miliardo di euro tra Francia e Regno Unito.
Il primo terreno di gioco è Trenitalia France, la controllata con sede a Parigi che negli ultimi anni ha dimostrato come la concorrenza sui binari francesi non sia più un tabù. Oggi opera nell’Alta velocità sulle tratte Parigi-Lione e Parigi-Marsiglia, oltre al collegamento internazionale Parigi-Milano. Dal debutto ha trasportato oltre 4,7 milioni di passeggeri, ritagliandosi il ruolo di secondo operatore nel mercato francese. A dominarlo il monopolio storico di Sncf il cui Tgv è stato il primo treno super-veloce in Europa. Intaccarne il primato richiede investimenti e impegno. Il nuovo capitale messo sul tavolo servirà a consolidare la presenza di Fs non solo in Francia, ma anche nei mercati transfrontalieri. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta fino a 19 treni, aumento delle frequenze - sulla Parigi-Lione si arriverà a 28 corse giornaliere - e la realizzazione di un nuovo impianto di manutenzione nell’area parigina. A questo si aggiunge la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento degli investimenti in tecnologia, brand e marketing. Ma il vero orizzonte strategico è oltre il Canale della Manica. La partnership punta infatti all’ingresso sulla rotta Parigi-Londra entro il 2029, un corridoio simbolico e ad altissimo traffico, finora appannaggio quasi esclusivo dell’Eurostar. Portare l’Alta velocità italiana su quella linea significa non solo competere su prezzi e servizi, ma anche ridisegnare la geografia dei viaggi europei, offrendo un’alternativa all’aereo.
In questo disegno Certares gioca un ruolo chiave. Il fondo americano non si limita a investire capitale, ma mette a disposizione la rete di distribuzione e le società in portafoglio per favorire la transizione dei clienti business verso il treno ad Alta velocità. Parallelamente, l’accordo guarda anche ad altro. Trenitalia France e Certares intendono promuovere itinerari integrati che includano il treno, semplificare gli strumenti di prenotazione e spingere milioni di viaggiatori a scegliere la ferrovia come modalità di trasporto preferita, soprattutto sulle medie distanze. L’operazione si inserisce nel piano strategico 2025-2029 del gruppo Fs, che punta su una crescita internazionale accelerata attraverso alleanze con partner finanziari e industriali di primo piano. Sarà centrale Fs International, la divisione che si occupa delle attività passeggeri fuori dall’Italia. Oggi vale circa 3 miliardi di euro di fatturato e conta su 12.000 dipendenti.
L’obiettivo, come spiega un comunicato del gruppo, combinare l’eccellenza operativa di Fs e di Trenitalia France con la potenza commerciale e distributiva globale di Certares per trasformare la Francia, il corridoio Parigi-Londra e i futuri mercati della joint venture in una vetrina del trasporto europeo. Un’Europa che viaggia veloce, sempre più su rotaia, e che riscopre il treno non come nostalgia del passato, ma come infrastruttura del futuro.
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Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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