2024-03-09
«Aiutiamo gli agricoltori a usare i soldi del Pnrr per entrare nel digitale»
Il responsabile 4.0 di Consorzi agrari (Cai) Serena Selvetti: «Diamo consulenza e formazione alle aziende per facilitare il lavoro con sensori e altri supporti tecnologici».Il Pnrr è di fatto una opportunità per gli agricoltori che vogliono e devono capire come l’innovazione e, più in generale, l’agritech possano essere d’aiuto alle loro aziende. Serena Selvetti, responsabile agricoltura 4.0 di Consorzi Agrari d’Italia – Cai, spiega cosa il suo gruppo sta facendo per portare questa rivoluzione nelle aziende agricole italiane. Cosa offre Cai agli agricoltori che vogliono svilupparsi nell’agritech?«Per agevolare il contatto con le aziende, abbiamo individuato cinque pacchetti grazie ai quali avere più o meno disponibilità alla spesa o agli investimenti in tecnologia. Il primo cluster è dedicato alle produzioni cerealicole, quelle più povere per approccio digitale. Quindi in questo caso iniziamo proponendo un servizio dalla spesa minore nell’agritech. Si tratta di pacchetti un po’ più economici, ma che le aziende possono usare per entrare nel mondo dell’agricoltura 4.0. Poi, abbiamo un secondo livello legato alle orticole industriali e un terzo per vite, frutta e arborei di pregio. C’è poi un pacchetto dedicato alle stalle con tutta una serie di sensori orientato alla gestione dei costi e dunque delle razioni per gli animali, con un taglio trasversale legato ai dati da utilizzare per raggiungere gli obiettivi che l’azienda si prefigge. Inoltre, visto che il Pnrr ha un capitolo di spesa dedicato all’uso sostenibile delle acque, abbiamo un pacchetto dedicato a questo tema che prevede una serie di sensori per la gestione automatica degli impianti di irrigazione. Con questi pacchetti riusciamo a coprire le esigenze del mondo agricolo anche perché bisogna considerare che per ogni pacchetto abbiamo previsto tre livelli di spesa». Quali sono le sfide future nell’agritech e come si inserisce il Pnrr in tutto questo?«Il Pnrr si pone l’obiettivo di aumentare la maturità digitale del tessuto agricolo italiano, composto per la maggior parte da aziende piccole e medio piccole. Spesso sono aziende che non riescono a partecipare a piani di investimento complessi dal punto di vista economico e finanziario come i Psr, Piani di sviluppo rurale, piani di spesa da tagli importanti e diluiti su un arco di tempo pluriennale che di solito l’azienda agricola non riesce a seguire. Quindi il nostro obiettivo è quello di intercettare le esigenze delle aziende. In primis, l’agricoltore, in maniera un po’ socratica, deve essere consapevole di non sapere e di capire come l’agricoltura 4.0 può venirgli in aiuto. Non si parte, insomma, dal proporre una stazione o un sensore, ma dal risolvere un problema come può essere il controllo di un agente patogeno laddove l’esperienza non è bastata a risolvere la questione. Noi interveniamo installando sensori e stazioni meteo che ci permettono di capire il momento giusto in cui andare a colpire il patogeno e mettere fine al problema. Il punto di forza dei Consorzi agrari d’Italia è tutto basato sulla consulenza che la rete agenziale e tecnica può offrire. Cerchiamo quindi di offrire soluzioni a problemi pratici. Fino a qualche anno fa, tutto questo passava da un approccio più tradizionale, come il concime o l’antiparassitario, oggi passiamo anche dal digitale». In dettaglio, Cai come si sta muovendo per aiutare le aziende a sfruttare il Pnrr?«Offriamo una formazione di base su tutte quelle che sono le informazioni generali del bando, senza occuparci direttamente delle pratiche o della procedura per l’azienda. Cai ha però preparato delle schede tecniche di facile consultazione per aiutare anche la nostra rete a capire il Pnrr, l’eccessiva burocrazia e i tempi stretti rischiano di rappresentare una barriera all’ingresso per questa importante opportunità. Poi abbiamo creato una pagina internet dove le aziende interessate possono compilare un form e noi le contattiamo per capire quali possono essere le loro esigenze. Abbiamo, poi, creato un simulatore che permette alle aziende di capire l’investimento in base ai loro obiettivi». Che percezione avete della diffusione dell’agricoltura 4.0 tra i vostri clienti?«La maggior parte delle aziende agricole non ha formazione in tema di agritech e questo è un grosso problema. Anzi, spesso ricevono informazioni forvianti perché si tratta di un nuovo settore. Il problema è che molte volte l’agricoltore non ha una capacità critica per capire se le soluzioni proposte siano davvero interessanti. Spesso viene associata l’idea di innovazione a cui inizialmente si risponde sempre affermativamente per poi scoprire che certi servizi non sono quelli giusti. Così si finisce per pensare che questi strumenti non funzionino. C’è quindi un importante problema di informazione di base e per questo noi a livello di gruppo vogliamo creare consapevolezza che porti a un processo di innovazione aziendale». Quindi volete puntare anche sulla formazione degli agricoltori?«Assolutamente sì. È un tema che stiamo valutando, anche perché la richiesta ci viene direttamente dal mercato. Sicuramente il Pnrr ha il merito di aver messo il settore davanti a questa rivoluzione. Il tema della formazione e dell’informazione è fondamentale e per questo vogliamo creare qualcosa di divulgativo che possa essere di supporto alle aziende agricole per approcciare la loro parte biotecnica e agronomica in maniera più moderna».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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