Solo 645 milioni per 330.000 esercizi: 1.900 euro a testa, che serviranno per coprire i costi del cibo da buttare. Per di più i ristori sono fondi riciclati da altri decreti. Confcommercio: «Servono moratorie ed esoneri fiscali».
Solo 645 milioni per 330.000 esercizi: 1.900 euro a testa, che serviranno per coprire i costi del cibo da buttare. Per di più i ristori sono fondi riciclati da altri decreti. Confcommercio: «Servono moratorie ed esoneri fiscali».Dal cenone à la carte al gioco delle tre carte che è la specialità di Giuseppe Conte. Promette ristori e in realtà sono solo pochi spiccioli di una beffarda partita di giro. Ha imposto il Natale a domicilio coatto trasformandosi nel ventriloquo di Angela Merkel senza però mettere sul piatto soldi veri. Così facendo spinge sul lastrico centinaia di migliaia di imprese: dai ristoranti al commercio al dettaglio. Già nei giorni scorsi Carlo Sangalli, presidente nazionale di Confcommercio aveva avvisato il governo: «State celebrando una morte annunciata, il rischio è che da qui a fine anno chiudano un terzo delle attività commerciali». Ancora più dura nel monito era stata la Fipe, che aveva pubblicato le sue stime: «Andiamo verso una perdita a fine anno di 40 miliardi su 86 dello scorso anno, lo stop a Natale potrebbe costare fino a 7,9 miliardi di euro con un minor incasso solo nei giorni del 25 e del 31 dicembre di 720 milioni».Numeri che Conte ha cercato di occultare. Nella sua conferenza stampa dell'avvento (rimandata di ora in ora fino al punto di sbagliare la data di entrata in vigore del decreto) ha annunciato: «Siamo al fianco degli operatori. Abbiamo sospeso contributi e tributi per coloro che hanno perdite. Chi subisce dei danni economici deve essere subito ristorato. Questo decreto dispone subito un ristoro di 645 milioni per i ristoranti e bar». Che se si facesse il conto della serva su 330.000 imprese significano 1.900 euro ad azienda! Ma sotto la promessa di Conte c'è qualcosa di peggio. Quei 645 milioni (in gran parte verranno usati per compensare le materie prime che i ristoranti avevano comprato in attesa di conoscere il loro destino: finiranno nella spazzatura cibi per oltre 350 milioni) sono in realtà soldi che avanzano dai precedenti decreti e che lo Stato non ha speso. A copertura di questo ristoro - si sussurra nelle stanze dei ministeri economici - si starebbe pensando di attingere ancora ai 12 miliardi che erano destinati a pagare in parte i debiti della pubblica amministrazione (52 miliardi) con le imprese, come fatto con i vecchi decreti. È il gioco delle tre carte: si promettono ristori, peraltro irrisori, ma i soldi si trovano grazie a quelli già promessi e prelevandoli dalle imprese che sono creditrici dello Stato. A dimostrazione che al governo del destino delle aziende importa assai poco. Lo rileva all'indomani del decreto Natale la stessa Confcommercio: «Le imprese stanno pagando un prezzo insostenibile all'incertezza e alla mancanza di programmazione del contrasto al Covid. Con l'inevitabile aumento della disoccupazione l'emergenza sanitaria ed economica rischia di diventare anche emergenza sociale con esiti non prevedibili. È assolutamente urgente un vero coinvolgimento delle parti sociali nelle scelte che decidono il destino di centinaia di migliaia di imprese e lavoratori. L'obiettivo immediato deve essere la salvezza del sistema imprenditoriale con indennizzi mirati e adeguati alle perdite. Moratorie ed esoneri fiscali. Obiettivo che deve essere la priorità del piano nazionale di ripresa e di resilienza, insieme a quello degli investimenti strategici, per far uscire dall'incertezza continua il Paese».Ma Conte non ci sente. Prova a dargli la sveglia il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca che nota: «Le misure di contenimento varate ieri dal Consiglio dei ministri costituiscono l'ennesima mazzata sulla testa delle imprese. Lo schiaffo finale viene dal decreto che stanzia 650 milioni di euro, ma dimentica completamente gli alberghi, che hanno subito i danni maggiori». La Coldiretti con il presidente Ettore Prandini aggiunge: «Crolla la spesa media degli italiani per i menu di Natale che si riduce del 31% e scende a un valore di 82 euro per famiglia secondo la nostra indagine condotta con Fondazione Divulga. Il risultato delle chiusure è che il 2020 fa segnare la spesa più bassa per le tavole di Natale da almeno un decennio».Con il decreto Natale l'agroalimentare italiano va a picco. Solo per il vino, calcola Nomisma, ci sarà una perdita di 1,2 miliardi a dicembre, la pesca ci rimetterà 300 milioni, l'agroalimentare perderà a fine anno quasi 8 miliardi che si aggiungono ai 4 miliardi d'incassi sfumati in un mese per gli alberghi che si aggiungono ad altri 5 che perde il turismo per via degli spostamenti bloccati e ai 7 che vedrà sfumare - stima Confesercenti - il commercio al dettaglio. Il conto più salato resta quello per ristoranti e bar che rinunceranno tra dicembre e i primi giorni dell'anno a circa il 20% del loro fatturato con gravissime ripercussioni su tutta la filiera. Il primo gennaio un ristorante su cinque non riaprirà con almeno 300.000 occupati in meno. Vorrà dire che andremo tutti al ristoro di Conte...
Vladimir Putin e Steve Witkoff (Ansa)
Putiferio per le soffiate su una chiamata in cui il mediatore Usa, atteso al Cremlino, dava consigli a Mosca. Il «Guardian» evoca lo zampino di Cia o servizi ucraini, che ad Abu Dhabi hanno visto gli 007 dello zar.
Le manovre diplomatiche per far concludere la crisi ucraina potrebbero trovarsi davanti a uno scoglio. Uno dei principali negoziatori americani, Steve Witkoff, è infatti finito nella bufera, dopo che Bloomberg News ha pubblicato la trascrizione di una telefonata da lui avuta con il consigliere di Vladimir Putin, Yuri Ushakov, lo scorso 14 ottobre. Dal testo è emerso che l’inviato americano ha dato all’interlocutore dei consigli su come lo zar avrebbe dovuto affrontare il colloquio telefonico con Donald Trump, che si sarebbe tenuto due giorni dopo.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Nel parco di Villa Torlonia a Roma, fu il buen retiro di Giovanni Torlonia. Superbo esempio dell'eclettismo Art Nouveau, è sopravvissuta alla guerra, all'incuria e ad un incendio.
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Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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