2023-04-07
Ai rischi della montagna va aggiunto l’orso
Un podista di 26 anni è stato sbranato durante una passeggiata in Trentino, dove i grandi predatori sono tornati padroni delle vallate grazie ai piani di ripopolamento dell’Ue. Se eliminarli è quasi impossibile, almeno scatti la giusta prevenzione.Ci vorrà l’autopsia per capire chi ha azzannato Andrea Papi, il podista di 26 anni trovato morto nella notte tra mercoledì e giovedì nei boschi sopra Caldes, in Trentino Alto Adige. I primi rilievi degli investigatori parlano prudentemente di attacco da parte di un «mammifero di taglia grossa», ma tutto fa pensare che sul banco degli imputati saliranno gli orsi e si scateneranno le consuete polemiche tra chi li difende a prescindere e chi li vuole rinchiudere o abbattere tutti. Un dibattito comprensibile, specie in presenza di una tragedia simile, ma che dimentica che con il ripopolamento degli orsi è stata fatta una scelta ben precisa. È bello avere i plantigradi sulle montagne, anche come richiamo turistico, ma è ovvio che questo presenta dei rischi. E forse chi vive la montagna dovrebbe cominciare a mettere in conto che oltre ai crepacci, le slavine e i burroni, in determinate situazioni c’è il rischio orsi. Papi era un ragazzo di 26 anni, laureato in scienze motorie, che si allenava quasi tutti i giorni correndo in salita sui pendii della Val di Sole. Mercoledì pomeriggio esce di casa in tuta e scarpini e sparisce. La fidanzata lo aspetta per andare a cena con gli amici, capisce che è successo qualcosa e lancia l’allarme. Carabinieri, polizia, vigili del fuoco, guardia forestale e volontari cominciano le ricerche, anche con i cani molecolari, e alle tre di notte trovano il corpo di Andrea in un bosco nel comune di Cavizzana, sotto il ciglio di una strada forestale a poca distanza da una malga. La prima ipotesi è che lo sportivo sia stato attaccato da un orso, anche se tutti gli inquirenti e le autorità locali, in attesa dell’autopsia, fanno bene attenzione a non pronunciare la parola «orso». La dinamica dei fatti, a occhio, sembra semplice quanto orribile: il giovane sarebbe stato attaccato sulla strada e poi il suo corpo sarebbe stato trascinato sotto gli alberi e sventrato. Sono tutti fatti che vanno confermati dalle indagini, ma questa è la prima ipotesi, decisamente agghiacciante.Sul posto del ritrovamento di Papi è andato anche il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, che poi ha incontrato anche i sindaci della Val di Sole per farsi un’idea.Fugatti ha informato dei fatti le autorità nazionali e ha tenuto una riunione urgente del Comitato per l’ordine e la sicurezza nella quale ha annunciato provvedimenti duri «nel momento in cui tutti gli esami confermassero quanto si paventa».Se l’autopsia dovesse confermare l’ipotesi oggi prevalente, saremmo di fronte al primo morto per colpa di un orso in Trentino, dopo il processo di reinserimento avviato nel 1999 e finanziato riccamente dall’Unione europea. Oggi, come si ricava dal sito internet della Provincia autonoma dedicato ai «Grandi carnivori», gli orsi presenti sul territorio sono almeno una novantina. Uno di loro, chiamato «MJ5», è balzato agli onori delle cronache lo scorso 5 marzo per aver attaccato e ferito l’escursionista Alessandro Ciccolini in Val di Rabbi, non lontano da Caldes. L’animale è ricercato e rischia l’abbattimento. Gli animalisti, sui loro social, si aspettano che due aggressioni in un mese, di cui una mortale, scateneranno la reazione di chi non vuole più gli orsi in Trentino. Tra questi, ci sono gran parte degli allevatori, che da tempo lamentano uccisioni di bestiame da parte di orsi e lupi. La politica è di solito prudente perché sa che quello dei ripopolamenti è un terreno minato. Ieri si è comunque esposto Claudio Cia, capogruppo di Fratelli d’Italia nella Provincia di Trento, che già aveva suonato l’allarme per l’aggressione di Rabbi e ora accusa «la linea irrazionale dei fondamentalisti, quella di chi pensa che l’orso valga più dell’essere umano e che pertanto sono disposti a vedere un uomo morto».Il problema è che le stesse comunità montane dovrebbero fare un po’ pace con se stesse. Il ritorno di animali come lupi e orsi, al di là dei fondi europei, è stato deciso all’insegna della biodiversità, parola magica dell’ambientalismo. Specialmente gli orsi, poi, godono sicuramente di un’immagine simpatica e hanno reso ulteriormente attraente una nazione come il Canada, per citare un caso. Insomma, a parte il mondo dei cartoni animati, dei giocattoli e dei peluche, dove è una star, l’orso è anche una garanzia indiretta di ambiente selvaggio e incontaminato. Gli orsi in molti casi attirano turisti e i turisti portano soldi, con buona pace della biodiversità dura e pura, ma non sono caprette. C’è poi un altro dettaglio della questione sul quale di solito si pone poca attenzione e che riguarda la prudenza di ognuno. Quando si va in montagna ci sono delle buone e antiche regole che è meglio seguire. Tra queste, in ordine sparso, c’è quella di non andare da soli, di non girare con il buio in zone pericolose, di essere correttamente attrezzati ed equipaggiati, di lasciare detto dove si va e di essere rintracciabili. Al di là del caso di cronaca del podista, che se davvero è stato trascinato dalla strada in un bosco non aveva proprio nulla di cui rimproverarsi (potrebbe accadere a chiunque), forse andrebbe detto che se le leggi prevedono la presenza di orsi in una zona, allora tutti devono aggiornare mentalmente l’elenco dei pericoli in montagna e aggiungere i plantigradi al ghiaccio, agli strapiombi, alle valanghe e al gelo. E magari dare un’occhiata al vademecum della Provincia di Trento, pubblicato a giugno, che spiega come comportarsi di fronte a un orso.
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