Con l'ennesima conferenza stampa, il premier annuncia fondi per gli enti locali. Ma è un semplice anticipo. In più 300 milioni (38.000 euro a comunità) destinati all'acquisto di alimenti. Dei soldi veri non c'è traccia.
Con l'ennesima conferenza stampa, il premier annuncia fondi per gli enti locali. Ma è un semplice anticipo. In più 300 milioni (38.000 euro a comunità) destinati all'acquisto di alimenti. Dei soldi veri non c'è traccia.Più o meno il 70% delle imprese e degli esercizi commerciali è chiuso. Non fattura, non guadagna, ma deve continuare a far circolare liquidità altrimenti si creerà un effetto a cascata distruttivo. Il mese di marzo che si avvia a concludersi, incrociando le stime di Confindustria, dei commercialisti e di altre associazioni, dovrebbe chiudersi lasciando sul terreno 70 miliardi di Pil. Aprile sarà peggio. Il crollo potrebbe arrivare a 100 miliardi. Per questo servono soldi subito nelle casse di chi è tenuto a non interrompere la catena dei pagamenti: stipendi e fatture. È l'unico modo per evitare l'effetto valanga sul Pil e fare il modo che il 2020 si chiuda con una perdita di ricchezza inferiore al 10%. Al momento non avvenuto nulla di tutto ciò. Le scuole in Lombardia sono chiuse dal 4 marzo. E il governo ha avuto, in teoria, il tempo di prepararsi. Non l'ha fatto. A oggi sono stati erogati poco meno di 3 miliardi sui 25 promessi nel decreto di metà marzo. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato ieri un nuovo testo che servirà a rafforzare gli aiuti agli autonomi e a chi perde il lavoro. Da domani sarà possibile fare domanda all'Inps per i 600 euro di bonus destinati alle partite Iva e per i voucher da utilizzare per le baby sitter. Nel frattempo piovono a migliaia le richieste di cassa integrazione da Covid-19. A dispetto delle promesse di due settimane fa chi farà richiesta domani vedrà sul proprio conto corrente i soldi a fine aprile. Le erogazioni attuali sono coperte all'80% circa. Significa che se il nuovo decreto non metterà altre risorse, circa 2 milioni di partite Iva resteranno a secco. C'è il rischio concreto che a metà marzo i fondi per la cig siano già finiti. Lasciano così l'amaro in bocca le dichiarazioni del ministro del Sud, Peppe Provenzano che in una intervista torna a spiegare che serve un reddito universale di emergenza per sostenere anche chi lavora in nero e non ha accesso ad alcun ammortizzatore. Ha ragione solo su una cosa il ministro: il Sud rischia di esplodere come una bomba sociale e farla deflagrare significa spezzare l'Italia in due. Duole, però, constatare che solo oggi si comprenda che il problema del Paese in questi anni sono stati i circa 3,7 milioni (stimati) di lavoratori in nero che hanno costituito uno Stato Parallelo. Invece, i governi si sono prodigati a combattere le partite Iva e gli artigiani additandoli a evasori per lavarsi la coscienza dagli sprechi e dall'incapacità di riformare il Paese nella legalità di chi crede nel proprio lavoro. Se adesso fosse troppo tardi? Chi consentiva il flusso di denaro nelle casse dello Stato centrale ora è bloccato a casa e non lavora per colpa del coronavirus. Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha annunciato che che ci saranno 11 miliardi per i professionisti iscritti alla casse private. Briciole. Ieri sera a reti unificate il premier Giuseppe Conte affiancato dal ministro Roberto Gualtieri (per dimostrare che tra i due non ci sono dissidi) hanno annunciato l'ennesimo decreto. Un testo urgente per rigirare da domani ai Comuni italiani 4,3 miliardi di euro del fondo di solidarietà. Si tratta di un anticipo, cioè di denaro che già spetta agli Enti e che sarebbe dovuto essere erogato a fine maggio. Gli unici soldi veri saranno i 300 milioni destinati a creare un fondo per i buoni spesa. Una sorta di tessera annonaria da consegnare a chi non ha i soldi per mangiare. La cifra è così esigua che fa 38.000 euro a Comune, tanto per dare l'idea. Dunque, sembra che manchi la consapevolezza della portata del dramma in corso. In pochi giorni (come dimostra la tabella di Iri per Centromarca in pagina) le abitudini dei consumi degli italiani sono cambiate. Schiacciate verso le esigenze sanitarie, ma anche verso prodotti a lunga tenuta con prezzi contenuti. Sono i primi effetti di un'economia di guerra. Ma ciò non significa che i problemi si risolvono con le tessere annonarie. A questi effetti, come ha detto espressamente Mario Draghi si fa fronte con strumenti nuovi. Svizzera e altri Paesi sono già intervenuti. Hanno letteralmente aperto i rubinetti delle banche. Le aziende, compilando un modulo online ottengono un finanziamento fino a 500.000 franchi garantito dallo Stato. Il primo giorno sono state evase 80.000 richieste. Chi ha atteso di più per l'invio del bonifico ha spettato 24 ore. Da noi non si può, non abbiamo una Banca centrale. Ma il governo deve capire che l'unica soluzione per riavviare il circuito dei pagamenti è quello banche-aziende. Non quello dei sussidi. È fallimentare per definizione se le imprese non sono in grado di pagare le tasse. È uno sbaglio madornale che pagheremo carissimo. Bisogna sbloccare i fidi verso le imprese. Sono in preparazione emendamenti per cartolarizzare le fatture con garanzie semi pubbliche. Nei conti correnti delle imprese ci sono 300 miliardi liquidi: vanno fatti circolare con l'aiuto di fondi collegati a Cdp. La lega ha preparato con la supervisione dell'ex vice ministro Claudio Durigon un pacchetto di emendamenti. L'idea è utilizzare le banche per erogare subito la Cig. È un primo passo. Servirebbe tanto altro. Perché l'obiettivo dovrebbe essere quello di evitare la cassa integrazione e fornire liquidità per pagare stipendi e fatture. Senza le partite di giro, lo Stato non avrà denaro nemmeno per l'elemosina che Conte ha annunciato ieri. A quel punto Provenzano si scordi pure della cattocomunista patrimoniale: non servirà più a nulla nemmeno predare i conti correnti di chi ha un po' di risparmi da parte.
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