2021-10-25
Finalmente anche la sinistra ha scoperto Affittopoli
Il neosindaco di Roma Roberto Gualtieri (Getty Images)
Il neosindaco di Roma scandalizzato per gli appartamenti di piazza Navona.Nell'estate di 26 anni fa, un collaboratore dell'allora presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, mi segnalò che in Parlamento era stata depositata una relazione sull'andamento degli investimenti immobiliari degli istituti previdenziali. Essendo enti vigilati, seppur amministrati da un consiglio di amministrazione in cui i sindacati facevano il bello e il cattivo tempo, l'Inps, l'Enpam, l'Inpdap e tutti gli altri carrozzoni pensionistici avevano l'obbligo di rendere conto alle Camere di come avevano investito i contributi dei lavoratori, compresi i soldi spesi nel mattone. Era agosto e la relazione fu schifata praticamente da tutta la stampa, ma quella nota arrivata sul tavolo della redazione suscitò il mio interesse. Tra le cifre aride del conto economico risultava chiara una sola cosa e cioè che, nonostante l'Inps e gli altri istituti fossero proprietari di un patrimonio immobiliare immenso, con palazzi prestigiosi a Roma e Milano, invece di guadagnare affittando gli appartamenti, riuscivano a rimetterci montagne di quattrini. Come è possibile, mi domandai, che là dove compagnie di assicurazione come Generali o Ras accumulano utili, gli enti previdenziali al contrario riescano solo a generare perdite? Per quanto gli immobili richiedessero il pagamento di oneri di manutenzione, a naso le spese non avrebbero mai potuto essere superiori agli introiti derivanti dagli affitti.Beh, per farla breve affidai ad Andrea Pucci, ora direttore del Tg4 e dell'agenzia di informazione dei telegiornali Mediaset, il coordinamento di un'inchiesta sulle case dell'Inps. Pucci sguinzagliò i suoi cronisti, molti dei quali con contratti a termine o addirittura stagisti, perché il grosso della redazione era in vacanza. Indirizzati dal capo della redazione romana, Gianmarco Chiocci, Michele Lella, Maurizio Sgroi e tanti altri ragazzi con cui mi scuso per averne dimenticato il ruolo in quella che fu una delle inchieste più importanti della storia giornalistica, si scatenarono per le vie della capitale alla ricerca degli inquilini eccellenti di stabili che si affacciavano su piazza Navona, su piazza di Spagna e a Trastevere. In quella Roma deserta, gli unici interlocutori erano i portinai, i quali sapevano morte e miracoli, ma soprattutto canoni di quei palazzi. In breve scoprimmo che i migliori appartamenti erano occupati da una nomenclatura politica e sindacale che, in cambio di un affitto calmierato, cioè fuori mercato, si era appropriata della cosa pubblica trasformandola in casa propria. Da D'Alema a Veltroni, da D'Antoni a Del Turco, da Occhetto a Nilde Jotti, da Franco Marini a Cossutta: capi e capetti della sinistra avevano ricevuto abitazioni di prestigio della città eterna a prezzi di saldo, impossibili da ottenere da un qualsiasi altro italiano.Lo scandalo fu enorme, perché, mentre la maggioranza dei lavoratori faticava a pagare l'affitto, c'era chi, come D'Alema, per poche centinaia di migliaia di lire aveva in uso un fior di appartamento, a spese, ovviamente, della collettività e dei pensionati. L'inchiesta fu ripresa dai tg nazionali e qualcuno (sempre D'Alema) fu costretto a traslocare per cercarsi finalmente una casa a prezzi di mercato. Altri (in questo caso Veltroni) fecero spallucce e aspettarono che passasse la buriana, conservando ciò che avevano conquistato. Il Parlamento finse di indignarsi e pure i sindacati, cui per altro si doveva la cattiva gestione delle case dei lavoratori e le assegnazioni clientelari ad amici e compagni. Dopo un po' si decise che l'Inps e gli altri enti, avendo usato il patrimonio immobiliare per scopi che nulla avevano a che fare con la previdenza, lo cedessero. Il problema è che la vendita si rivelò un affare solo per gli inquilini che avevano già in uso l'immobile, avendolo ottenuto non per merito ma per vicinanza al sistema. Capi e capetti della sinistra così comprarono ciò che fino al giorno prima avevano occupato per grazia ricevuta e per una modica cifra, pagando il minimo e riuscendo in tal modo a guadagnarci due volte: prima con l'affitto, poi con l'acquisto.Se a distanza di oltre un quarto di secolo ricordo Affittopoli, è perché all'epoca l'inchiesta giornalistica si estese alle case degli enti di beneficenza e anche a quelle comunali. Tralascio le prime, con le assegnazioni clientelari, ma ricordo le seconde, in particolare quelle del Comune di Roma. Venticinque anni fa l'amministrazione capitolina nemmeno sapeva quanti fossero gli appartamenti di sua proprietà, né chi li avesse in uso e ricorrendo al solito lavoro, cioè ai cronisti che passavano in rassegna i citofoni e chiacchieravano con i portieri, scovammo onorevoli compagni che per poche decine di lire godevano di scorci spettacolari nelle vie del centro. Anche in quel caso ci fu indignazione, promesse di far pulizia, assicurazioni di censimenti sugli aventi titolo all'alloggio e sugli abusivi, annunci di sfratto e di revisione dei canoni. Beh, sono passati Rutelli, Veltroni, Alemanno, Marino e Raggi, cioè sono passati oltre 25 anni e almeno cinque sindaci e non è successo niente: gli abusivi sono sempre al loro posto e i morosi, intesi come gente che non paga o paga poco e niente, anche. Ora con Gualtieri, cioè con un tizio che proviene dalle stesse fila di Rutelli, Veltroni, Marino e Raggi, cioè di chi ha amministra la città da vent'anni, si è scoperta l'acqua calda, ovvero che qualcuno paga 15 euro per abitare a piazza Navona e il nuovo sindaco minaccia sfracelli. Posso dire? Ma vada a suonare la sua chitarra a qualcun altro, che noi, dopo tutto questo tempo, le canzonette abbiamo imparato a giudicarle per quel che sono. Come diceva Mina: parole, parole, parole. Parole, soltanto parole, parole tra noi.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
Continua a leggereRiduci