2020-04-06
Addio vacanze? La crisi del turismo e degli alberghi
Le presenze sono diminuite di oltre 31 milioni e le perdite stimate fino a maggio toccano i 7,4 miliardi di euro Dopo l'emergenza, tra distanze da mantenere e sospetti di altri contagi, l'intero settore deve essere ripensato.Il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca: «Il flusso dei visitatori calerà del 70%, non possiamo aspettare la burocrazia. Chiediamo finanziamenti a 5-10 anni a tassi agevolati. Spero che gli italiani riscoprano le ferie nel loro Paese».Lo speciale contiene due articoliContinuiamo a leggere che quando l'emergenza sarà terminata, nulla sarà come prima, che il nostro stile di vita cambierà. Ma come? Il turismo, la ristorazione e le attività ricreative e sportive, cioè quei settori che comportano aggregazioni sociali, si dovranno riorganizzare almeno fino a quando il blocco non sarà annullato completamente. Un traguardo che nessuna autorità sanitaria è ancora in grado di tracciare. Sappiamo che passeremo Pasqua e Pasquetta a casa, che non si saranno gite fuori porta, scampagnate, tavolate con amici e parenti al ristorante o vacanze nelle città d'arte. Ci dicono che forse qualcosa comincerà ad aprirsi per fine mese e comunque gli ultimi settori interessati saranno quelli legati al turismo. Tempi e modalità ancora tutti da definire. Nel frattempo tra gli operatori serpeggia il pessimismo per lo sviluppo di una stagione estiva data per persa. Oltre all'evoluzione del contagio ci sono altre variabili che pendono sul settore come una scure. Ci saranno direttive per tenere distanziate le persone? E come reagiranno gli italiani alle precauzioni? Riprenderanno a frequentare bar, ristoranti, centri ricreativi, musei, gallerie per starsene uno lontano dall'altro, con barriere per evitare i contatti e quindi le occasioni per socializzare? E nelle spiagge, negli stabilimenti balneari come impedire le classiche partite a carte tra i vicini di ombrellone, o le numerose attività sportive che caratterizzano l'estate? Ci saranno boe-transenne in mare per impedire aggregazioni in acqua? Tutte domande che non trovano una risposta. C'è poi l'incognita economica. Ammesso che a maggio si aprano le attività in modo scaglionato, molti italiani potrebbero avere il portafogli vuoto o decidere di stringere la cinghia, in vista della paventata gelata finanziaria autunnale. Un altro fattore penalizzante per il settore è che non può contare sul tradizionale flusso dei turisti stranieri. Le cancellazioni dalla primavera si sono estese anche ad agosto. Un sondaggio effettuato da Confturismo-Confcommercio con Swg, può aiutarci a capire quale potrebbe essere lo scenario futuro. Tutta la filiera turistica, dalla ricettività alla ristorazione, dai tour operator e agenzie di viaggio ai servizi di spiaggia, è ferma e le previsioni fino a maggio indicano perdite di quasi 90 milioni di presenze tra italiani e stranieri. Oltre 500 mila stagionali sono a rischio. Ma gli italiani hanno mantenuto comunque una gran voglia di viaggiare. La metà degli intervistati ha intenzione di fare una vacanza appena l'emergenza sanitaria finirà e l'allarme sarà cessato. Per l'83% la meta sarà l'Italia ma il 16% teme di non avere una disponibilità economica sufficiente e il 10% non sa se avrà ferie, utilizzate da molte aziende, durante la chiusura.Il turismo potrebbe essere un volano per la ripresa economica se, come dice l'Istat, 100 euro di transazioni ne generano ulteriori 86 in altri comparti, secondo il meccanismo dei moltiplicatori. Il settore rappresenta il 13% del pil nazionale e impiega il 14% della forza lavoro. Il presidente di Confturismo Luca Patanè, ha chiesto di rendere detraibili per due anni le spese di vacanze di almeno tre notti delle famiglie italiane che soggiornano nelle strutture ricettive. Gli operatori sono convinti che occorre una cura importante per rianimare una filiera che stima, solo nel trimestre marzo-maggio, di perdere 7,4 miliardi di euro. Dall'inizio della pandemia c'è stato un calo di 31,625 milioni di turisti. Grandi piattaforme per la ricezione delle case-vacanza come Airbnb stanno correndo ai ripari con politiche di cancellazioni più flessibili e rimborsi dei costi tramite voucher. Al momento nessuno azzarda previsioni sui numeri della riapertura che sarà scaglionata nei diversi settori e il turismo potrebbe stare in coda. Poi è ipotizzabile che rimarranno alcune precauzioni come la distanza tra le persone e l'uso delle mascherine. Da scordarsi la calca al bar per il caffè, i tavolini dei ristoranti assiepati in pochi metri quadrati, i mega raduni dei concerti e il tutto esaurito delle sale di musica o la platea gomito a gomito dei cinema e la ressa ai buffet nei villaggi vacanze. Che dire poi delle palestre, dove il contatto fisico fa parte di numerose discipline e spesso le strutture hanno piccole sale. I grandi assembramenti preoccupano gli esperti nonostante, con la stagione estiva, si svolgeranno per lo più all'aperto.Sono numerosi i punti interrogativi che attendono una risposta. Nel frattempo la stagione estiva si avvicina. Qualche operatore (festival e concerti) sta riprogrammando la stagione ma nessuno se la sente di smontare cartelloni già definiti prima di avere qualche certezza dal governo. Tanto più di organizzare i locali prevedendo restrizioni nel numero della clientela che con misure di sicurezza sanitaria, dovrà necessariamente essere ridotta. Ma c'è anche chi non è così pessimista. Johnny Melerba consigliere di Anbba, l'Associazione degli operatori di bed&breakfast e case vacanza, sostiene che il settore potrebbe essere tra i primi a ripartire veloce. «Non è detto chela stagione estiva sia compromessa. Certo dobbiamo rinunciare agli stranieri ma gli italiani trascorreranno le vacanze nel proprio Paese. L'alloggio extra alberghiero può essere una formula agile e a buon prezzo per il periodo di crisi». A conferma del suo ottimismo ci sono i numeri bassi delle disdette. «Solo 1.200 prenotazioni annullate in tutta Italia».Ma il suo ottimismo è una voce fuori da un coro che vede nero. Noi abbiamo fatto un viaggio tra gli operatori del turismo e delle attività ricreative, raccogliendo idee per ripartire, perplessità e tanti, tanti dubbi. Per tutti il refrain è lo stesso: il governo ci impone di navigare a vista.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/addio-vacanze-la-crisi-del-turismo-e-degli-alberghi-2645643304.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-tutto-fermo-se-non-si-interviene-perderanno-il-lavoro-in-700-000" data-post-id="2645643304" data-published-at="1586120052" data-use-pagination="False"> «È tutto fermo, se non si interviene perderanno il lavoro in 700.000» In un anno «normale», nei mesi di marzo e aprile, le strutture ricettive italiane ospitano più di 48 milioni di presenze. Il 52,7% (ovvero 25,3 milioni di presenze) è riferito a turisti stranieri, che in questo momento sono letteralmente spariti dal mercato. Se si considera che anche la domanda italiana è in picchiata, si può stimare, per i due mesi considerati, la perdita di oltre l'80% del mercato (40 milioni di presenze in meno, per un valore di circa 2,5 miliardi di euro). In video conferenza, Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, ci mostra questi dati. «Che vuole che le dica di più, i numeri parlano chiaro. Per completare il quadro, aggiungo che le aziende turistiche, alberghi, ristoranti, agenzie viaggio, stabilimenti balneari, etc., danno lavoro, nel mese di agosto, a circa 1,5 milioni persone. Se non si interviene subito rischiamo di perdere il 20% degli occupati, per circa 200.000 unità. A questi vanno aggiunti li stagionali, altri 500.000 posti che saltano». Ma gli alberghi non sono stati obbligati alla chiusura. «Non potevamo fare diversamente. Se gli stranieri non arrivano e gli italiani non si possono muovere, non ha senso rimanere aperti. Un 5% ha ospitato personale sanitario. Abbiamo detto subito che non era necessario disporre per decreto la requisizione degli alberghi perché Federalberghi avrebbe messo a disposizione le strutture necessarie all'emergenza». Quale scenario state prefigurando per la riapertura? «Al contrario di altri settori la camera d'albergo è un bene deteriorabile. Il fatturato perso non si recupera. Nonostante la chiusura, i costi continuano a correre e per l'erogazione della cassa integrazione che l'Inps dovrebbe dare direttamente al dipendente, ci sono grandi ritardi. Oggi, le imprese che possono, stanno anticipando i soldi ai dipendenti perché convinti che passerà minimo un mese prima che l'Inps eroghi la cig. Ma un lavoratore non può aspettare i tempi della burocrazia. Il grande tema è la liquidità. I finanziamenti non possono essere fatti a sei mesi perché saremo al punto di prima, ma a 5-10 anni a tassi agevolati». I vostri alberghi quando stimano di riprendere l'attività? «Se tutto va bene, a giugno ma operando su un solo mercato, quello italiano. Gli americani non si muoveranno, gli altri Paesi sono nel caos, Germania e Inghilterra che danno molto turismo, non saranno nelle condizioni di viaggiare. Il turismo italiano rappresenta il 50% del settore ma è ammaccato. Chi è in cassa integrazione, chi ha perso soldi in Borsa, chi sarà costretto a ridimensionare la propria attività, tutti saremo più poveri e in questa condizione è difficile pensare alle vacanze. Quando dico che il calo del flusso turistico sarà minimo del 70% non voglio essere pessimistico, guardo in faccia alla realtà». In quali città l'attività alberghiera riprenderà più velocemente? «Le località d'arte che negli ultimi anni hanno beneficiato del boom del turismo straniero, soprattutto americano, ora soffrono di più, mentre le città business riusciranno a ripartire prima. Come pure le destinazioni al mare e in montagna che sono le mete tradizionali per gli italiani in estate. Questo discorso vale se tutto prosegue senza imprevisti, cioè se l'epidemia regredisce con il ritmo previsto». Come vi state preparando alla riapertura con le norme di social distance? Per un albergo è complicato costringere i clienti a stare distanziati. «Io credo che, a parte le ordinanze, saranno gli ospiti stessi ad avere un atteggiamento di grande prudenza. Non penso che ci saranno gli assembramenti ai buffet breakfast. Bisognerà pensare a una diversa organizzazione con servizio al tavolo ma questo prevede più personale e nessuno ora se la sente di fare assunzioni. Poi vanno ridisegnate le sale con tavoli distanziati. L'attività alberghiera prevede uno stretto contatto con il pubblico e se devo aprire con mille divieti, come si fa. Un punto interrogativo riguarda l'attività dei convegni che si svolge negli alberghi. Quando si potrà ripartire con i congressi? E poi che faranno gli alberghi stagionali? Riaprire per rimanere vuoti non conviene. Ora nessuno assume per i mesi estivi senza certezze. E questo continuo spostamento in avanti dei tempi di ripartenza non fa bene al mercato». Come vi state muovendo con le prenotazioni? «È uno dei temi. Il turista straniero programma con anticipo mentre gli italiani sono abituati a decidere all'ultimo momento. Se si opera con un solo mercato, è difficile fare previsioni. Per questo chiediamo aiuti importanti al settore. La cassa integrazione termina a metà maggio ma se la situazione di crisi si protrae che si fa? Ci sono costi fissi come l'affitto, l'Imu, le utenze, non si può far finta di niente». Forse le restrizioni serviranno a far riscoprire agli italiani il proprio Paese. «Confido molto su questo. Non possiamo prevedere cosa accadrà oltre confine, sappiamo che sarà difficile viaggiare all'estero. Chi potrà andare in vacanza, anche per pochi giorni, avrà uno dei più bei Paesi al mondo a disposizione, l'Italia. Chissà che da questo dramma non venga qualcosa di positivo».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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