2023-04-14
Addio al Terzo polo, non ai soldi dei gruppi
Carlo Calenda e Matteo Renzi (Ansa)
Dopo giorni di fibrillazione e di finte tregue, Carlo Calenda cade nella trappola dei renziani e silura via social l’idea del partito unico. Per non perdere i fondi parlamentari la sigla resterebbe però in vita alla Camera e al Senato. E c’è chi prepara l’esodo verso il Pd.Più House of three cards che House of cards. Insomma, più le «tre carte» dell’omonimo gioco per furboni (e imbrogliati) che la mitica serie tv americana sulle furbizie del potere. Diciamolo fuori dai denti. Era scontato sin dall’11 agosto scorso, quando nacque l’avventura del cosiddetto (e autoproclamato) Terzo polo, che tutto sarebbe finito a pesci in faccia, visto l’ego incontenibile di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Del resto, già allora era chiaro che i due, pur detestandosi, erano stati costretti a incontrarsi solo per salvare la pelle: Renzi era già fuori da qualunque ipotesi di alleanza con il centrosinistra e sarebbe matematicamente rimasto fuori dal Parlamento; Calenda aveva clamorosamente rotto in extremis con Enrico Letta (dopo averlo baciato sulla guancia a reti unificate). Morale: i due naufraghi, non avendo più né barche né scialuppe, avevano deciso di dividere l’ultimo salvagente rimasto a pochi giorni dalla chiusura delle liste elettorali. E così, il 25 settembre scorso, per quella via, elessero 21 deputati e 9 senatori. Naturalmente cercarono di nobilitare l’operazione promettendosi amore eterno e partito unico. Ma qualunque persona dotata di minima dimestichezza con la politica (e con il fattore umano) sapeva che tutto sarebbe inevitabilmente saltato. Troppo manovriero Renzi, che ancora spera, con una operazione corsara, di ereditare spezzoni di Forza Italia (nelle pause della sua multiforme attività di conferenziere, uomo di relazioni, e ora anche direttore editoriale di un quotidiano); e troppo egoriferito e insieme illuso Calenda, tanto arrogante quanto sprovvisto di senso politico. Ma davvero Calenda riteneva di poter convincere Renzi a un voto di castità perenne, ovvero a presentarsi ai comizi per applaudire lui magari esibendo un cartello con la scritta «Forza Carlo»?Morale, a maggior ragione dopo il flop in Friuli Venezia Giulia, dove la mitica lista terzista è stata scavalcata pure dai free-vax, è partito il gioco del cerino. L’essenziale era solo fare in modo (si illudeva ognuno dei due contendenti) che la colpa della rottura ricadesse sull’altro. Calenda, negli ultimi giorni, ha forzato la mano, convocando una raffica di riunioni e chiedendo la prova d’amore, e cioè l’immediato scioglimento di Italia Viva per dar vita al partito unico. L’altro, ovviamente, nemmeno ci pensava. Nelle ultime 36 ore, l’escalation è divenuta ingestibile. L’altro ieri, è partita una batteria di interviste dei renziani doc Maria Elena Boschi e Roberto Giachetti concepite per far saltare i nervi a Calenda. Sul versante opposto, la medesima operazione è stata affidata a Matteo Richetti e a Calenda stesso, attraverso un surreale colloquio con il Corriere della Sera («Io lavoro 25 ore al giorno, lui vuole le mani libere»). L’altra sera, l’ultima riunione: apparentemente chiusa con una finta tregua, rotta però subito dopo dall’incontenibile social media manager di Calenda, cioè Calenda stesso, che a vertice concluso ha ripreso a sparare a palle incatenate contro gli (ex) alleati. Morale: altri pesci in faccia.Ieri mattina, poi, la comica finale. In un retroscena della Stampa, un virgolettato attribuito a Renzi recitava così: «Calenda è pazzo, ha sbagliato il dosaggio delle pillole». È stato sufficiente attendere le 8.19 del mattino per assistere alla sbroccata social del pariolino: «Semplicemente hai provato a darci una fregatura e sei stato rispedito al mittente. Questa volta lo #staisereno non ha funzionato. Fine». Musica per le orecchie dei renziani, che, pur smentendo il virgolettato della Stampa, hanno subito incassato quello che desideravano, e cioè il de profundis per il partito unico. Ecco infatti la nota di Italia Viva: «Interrompere il percorso verso il partito unico è una scelta unilaterale di Carlo Calenda. Pensiamo che sia un clamoroso autogol ma rispettiamo le decisioni di Azione». E vai con l’ennesimo ribaltamento della frittata.E Calenda? In piena crisi da attivismo compulsivo, si è concesso ai microfoni di Striscia la notizia per dare la colpa a Renzi, e poi, indossando luttuosamente un vestito nero e una cravatta dello stesso colore, ha registrato un video per dire che a questo punto farà da sé: «Da domani riprenderemo con Azione il lavoro per la costruzione di un partito liberale, popolare e riformista. Avanti!». Insomma, una sorta di lista Calenda travestita da surrogato del partito unico.Occhio però a un particolare del video. Dopo l’ennesima filippica e dopo la solita litania della colpevolizzazione del dirimpettaio, Calenda conclude dicendo testualmente che c’è un problema di fiducia che andrà affrontato perché «abbiamo dei gruppi parlamentari comuni». E qui siamo letteralmente al Bagaglino dei tempi d’oro. Dopo essersi sputacchiati e tirati le torte in faccia, ci si fa intuire che i gruppi parlamentari potrebbero anche restare unici. Sono in palio risorse, personale, uffici. Immaginatevi la scenetta: nelle ore pari, gli insulti in tv; nelle ore dispari, tutti seduti fianco a fianco in Parlamento. Il tutto – si capisce – con il sigillo della «serietà», la parola preferita da Calenda.In questa tragicommedia, resta da capire solo che farà il piccolo carro di Tespi di liberali (sedicenti, autoproclamati e wannabe) che avevano agito da festanti majorettes del progetto terzopolista, forse sognando una candidatura alle Europee. Alcuni di loro già frignano sui social, altri tacciono in gramaglie. Ma c’è da scommettere che molti di loro (simulando sofferenza e sacrificio) andranno o torneranno dove un posticino può essere più sicuro, e cioè dal Pd. Ma come, direte voi: da un Pd in mano a Elly Schlein? Elementare, Watson: diranno che vanno lì per portare gli elementi di cultura liberale che mancano. «Liberali per la Schlein». Scommettiamo?
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.