2019-04-08
Il business migranti è agli sgoccioli. Proteste e ricorsi in tutta Italia
Dai 300 scesi in piazza a Trieste, alle associazioni di Udine che impugnano i nuovi bandi emessi dai prefetti. Coop, Onlus e sindacati salgono sulle barricate per difendere il fatturato. Protesta anche qualche sindaco.I più agguerriti sono i 300 scesi in piazza Unità, a Trieste, dietro un megastriscione con il turboslogan: «Buonisti un Cas». La boccaccesca assonanza dialettale cela l'ormai noto acronimo: Centri d'accoglienza straordinaria. Ovvero: la punta di diamante dell'ospitalità ai migranti. Quella che è costata 5 miliardi all'anno e un florilegio di inchieste penali. Adesso il governo c'ha dato un taglio: i famigerati 35 euro a profugo sono diventati 21, in linea con la media europea. Le prefetture, in queste settimane, hanno pubblicato i nuovi bandi. Scatenando il putiferio. Da un capo all'altro della penisola, un grido s'è alzato: ridateci il maltolto. Cooperative, Onlus e sindacati uniti come un sol uomo. Cause, minacce, geremiadi: così non ci fate campare.Al fianco dei «Buonisti un Cas», la Cgil di Trieste, recrimina: «L'economia locale perde 5 milioni!». Il business sfiorisce: i profitti sono a rischio. Ma non era disinteressata solidarietà? Nel capoluogo giuliano, calcolano ancora i sindacati, svaniranno centinaia di posti di lavoro: psicologi, mediatori, assistenti sociali. Tutti imbufaliti. Comprensibile, per carità. Ma è l'ennesima riprova: gli incessanti sbarchi erano un'industria. Un fiume di denari, che ha spesso figliato l'accoglienza a delinquere. Mele marce, derubricano gli insorti. A suon di carte bollate, rivogliono indietro i cari, vecchi, 35 euro. A Udine tre cooperative, lette le svilenti condizioni del capitolato, fanno appello al mitologico Tar del Lazio. Bocciato. Non si scorano. Riprendono carta e bollo. Chiedono al Consiglio di Stato una sospensiva. Respinta. Adesso aspettano di leggere le motivazioni che hanno generato cotanta insensibilità. Intanto, si sono decisi: parteciperanno alla gara. Ma, bontà loro, lo faranno in perdita: «Solo per tutelare decine di posti di lavoro». Mano sul cuore che non hanno messo cinque coop lombarde. Niet irremovibile: gara da stracciare e ricorso al Tar. E pure a Brescia promettono battaglia: «Se queste rimarranno le condizioni», scrive il Forum provinciale del Terzo settore, «gli enti valuteranno l'opportunità di attivare le vie legali. Bisogna consentire standard accettabili, sotto il profilo etico ed economico». Etico. Ed economico. «Senza fondi» aggiunge Progetto Arca Onlus, «non si fanno accoglienza e integrazione, ma servizio di portineria. Non è il nostro mestiere».Si prepara una raffica di ricorsi anche in Emilia Romagna. Legacoop deflagra: «Con questi capitolati non si possono garantire integrazione e inclusione». La strategia, messa a punto con Agci e Federsolidarietà, è arguta: prendere parte alle gare, per poi scatenarsi legalmente. La Cgil li spalleggia: «Il sistema viene smantellato per decreto: si parla solo di mera sorveglianza». E Confcooperative non si sottrae alla lotta: «Non possono equipararci a semplici dispensatori di pasti e posti letto. È irrispettoso della dignità della persona».Scavano profonde trincee perfino politici e amministratori, tendenza centrosinistra. A Parma e dintorni, i capipopolo sono otto sindaci della provincia. Li capitana Federico Pizzarotti, primo cittadino di Parma. Compatti come una falange, hanno vergato una missiva di fuoco al prefetto, Giuseppe Forlani. A rischio, deplorano, c'è l'accoglienza diffusa degli Sprar. «La invitiamo», scrivono, «a fermare questo bando, per non vederci costretti a portare in tutte le sedi e con tutti gli strumenti di cui disponiamo la nostra totale contrarietà». La tesi è rovinosa: si favorirebbe «una sorta di nuova invasione di speculatori privati, che nulla hanno di etico nella loro azione economica». Mica come i gigli di campo visti finora.Anche in Toscana le sigle di categoria sono sul piede di guerra: «Ritiri il bando», intimano alla prefettura di Pisa. «La base economica è gravemente lacunosa e inadeguata rispetto alla tipologia e quantità di servizi richiesti». Persino la Croce rossa, che ospita in città 340 migranti, minaccia diserzione: «Non è detto che parteciperemo».«Accoglienza di plastica» la chiamano i riottosi. Il busillis sembra questo: corsi d'italiano, assistenza psicologica e formazione resteranno solo per chi ha asilo politico. E dunque: per 21 euro a profugo vale la pena d'esser misericordiosi? Pure in Liguria alzano le barricate. Assieme ad altre tre cooperative, s'è tirata fuori l'Arci «per una questione di principio». Argomentazione: «Le nuove norme disegnano un welfare che elimina tutte le attività per l'inserimento. Ci sembrava giusto dare un segnale forte. Non siamo albergatori». Mondo crudele e spietato. Enrico Costa, presidente del Centro di solidarietà di Genova, rivede però l'angolatura: «Alziamo lo sguardo dai numeri, dai posti e dai tagli alla retta. Dobbiamo andare avanti e superare le polemiche, con lo spirito volontaristico che è sempre stato alla base delle nostre attività». Già: solo che l'ospitalità ai migranti è diventata profittevole. Superare le logiche imprenditoriali ora è arduo. Così a Genova è maturata la spaccatura. Gli indomabili laici sull'Aventino. E i cattolici che annunciano: «Non ci tireremo indietro». Risultato: mancano 300 posti. E la prefettura ha deciso di prorogare i termini fino al 15 aprile. A Savona, invece, il boccino è passato in mano alla triplice: Cgil, Cisl e Uil. I sindacati hanno incontrato il prefetto per chiedere lumi. Lamentano la perdita dei posti di lavoro. E il rischio sicurezza: senza lezioni d'italiano e laboratori, gli immigrati che faranno? Saranno mica un pericolo? Il ragionamento non fa una grinza: alfabeto, pronomi e articoli, per fortuna, li tenevano lontani dal crimine. Adesso, per passare il tempo, saranno costretti a mettere a ferro e fuoco le città.Su questo universo di polemiche s'affaccia anche Medici senza frontiere. E scorge l'apocalisse: «Si fa l'accoglienza dei corpi e non delle persone». Il supercolosso della cooperazione recrimina per il taglio del supporto psicologico e della mediazione culturale: «Logiche gestionali e di razionalizzazione della spesa», criteri massimamente obbrobriosi, «stanno fagocitando principi che dovrebbero essere orientati alla crescita delle persone». Insomma, sotto i 35 euro si spalanca un abisso, fatto di oscurantismo e crudeltà. «Il sistema sta perdendo i requisiti minimi di umanità» concorda l'Arci di Lecce. Già partito alla riscossa con due cooperative, all'usuale grido di: «Non siamo albergatori, non siamo guardiani». L'analisi però è ben più acuminata. C'è un progetto preciso, dalle venature orwelliane, da parte del governo: «Isolare sempre più i migranti, per farli divenire un problema sociale». Diavolo d'un Salvini: ecco come stravincerà le prossime elezioni. Tra l'altro, informano gli apocalittici, solo a Lecce e dintorni sono a rischio 600 posti di lavoro. «E poi non dimentichiamo», aggiungono, «le risorse che rimangono qui: affitti, alimentari, vestiario, manutenzioni, stipendi, utenze. Tutti consumi che producono un giro economico importante».Vedi la triste parabola del Calatino, dimenticata zona dell'entroterra siciliano. Era il regno del Cara di Mineo: il centro richiedenti asilo più grande d'Europa. Nonché, ha rivelato qualche giorno fa un'inchiesta della Procura di Catania, la base della mafia nigeriana. Senza dimenticare prostituzione, caporalato e stupri. Però era l'industria più fiorente della zona: mille persone impiegate, compreso l'indotto. E un fantasmagorico giro d'affari di 100 milioni l'anno. Una piccola Ilva. Che Matteo Salvini ha deciso di smobilitare. E il bubbone è scoppiato. La Cigl vuole perfino aprire una vertenza nazionale. Qualche giorno fa, ad arringare la folla, è arrivato il segretario generale, Maurizio Landini: «La battaglia di Mineo è una battaglia generale», ha deflagrato. «Riguarda la nazione intera». La più balorda delle eterogenesi dei fini. L'accoglienza è diventata indispensabile. Ma per far soldi e dare lavoro. Appunto: «Buonisti un Cas».
Jose Mourinho (Getty Images)