2018-05-05
Alfonso, il politico democratico con il sedere incollato a due poltrone
Luciano D'Alfonso (Pd) è stato eletto al Senato ma resta anche in Regione, malgrado le sentenze, con la scusa che manca ancora la convalida a Palazzo Madama. E le sue assenze bloccano il Consiglio.Niente: non le vuole mollare. Proprio non ci riesce. È più forte di lui. Che ci volete fare? Luciano D'Alfonso è proprio affezionato alle sue due poltrone, manco avesse due sederi per occuparle. Invece no: di sedere ne ha uno solo, seppur piuttosto abbondante, si direbbe, almeno a giudicare dai privilegi che riesce a ottenere. E così è costretto a saltare di qua e di là: oplà, ora è senatore della Repubblica; oplà, ora è governatore dell'Abruzzo; oplà, ora è tornato senatore della Repubblica. Una fatica. Voi capite che sacrifici fanno, a volte, i rappresentanti del popolo? Devono stare sempre in scena. E pure cambiando d'abito rapidamente. Roba che nemmeno Fregoli, ci riusciva. Ecco: D'Alfonso come Fregoli. O Frego (li), che forse è meglio. Ma sì: D'Alfonso Li Frego. Cambiando l'ordine delle sillabe, in fondo, il risultato non cambia: il trasformista d'Abruzzo, due poltrone per un sedere, riesce a fregarli tutti. E a passare sopra a sentenze, Corte costituzionale, appelli delle opposizioni, trasmissioni televisive, persino al servizio legislativo della Regione da lui presieduta, oltre ovviamente agli elettori. Non c'è persona dotata di buon senso, oltre che di codice, che dalla sua vicenda non tragga una conclusione univoca: Lucianone due poltrone deve scegliere. O di qua o di là. Non può occuparle entrambe. È roba da rimozione forzata, come parcheggiare l'auto davanti al portone delle ambulanze. Ma lui niente. Non ci sente. Da quell'orecchio è diventato completamente sordo. L'unica incompatibilità che concepisce è quella con la ragionevolezza. Cosa che gli consente di rimanere attaccato come una cozza all'amato doppio cadreghino. Voi direte: ma come fa? Tecnicamente, dico: come ci riesce? Preparatevi perché se ve lo spiego le cozze vi vanno di traverso. Infatti il buon D'Alfonsone re delle poltrone si sta appigliando a un bizantinismo meraviglioso che si basa sul seguente presupposto: il Parlamento non è ancora operativo. Siccome il Parlamento non è ancora operativo, infatti, la giunta per le elezioni non si è ancora insediata. E siccome la giunta non si è ancora insediata, l'elezione dei parlamentari è stata proclamata ma non convalidata. Dunque, conclude lui, se l'elezione non è convalidata non mi devo dimettere. E non importa che tutte le norme, i pareri giuridici e gli uffici legislativi della terra dicano che l'incompatibilità scatta al momento della proclamazione, senza dover aspettare la convalida. Non importa che Massimiliano Fedriga, per esempio, abbia mandato la lettera di dimissioni dal Parlamento ieri, non appena proclamato governatore del Friuli Venezia Giulia. Niente: Luciano dice che lui deve aspettare la convalida. Vuole quel timbro. Senza quel timbro, non rinuncia alla doppia sella, con tanto di doppia cavalcata. Come Furia cavillo del West. A qualcuno di voi appare pretestuoso? È perché siete i soliti populisti e qualunquisti. In realtà questo è un atteggiamento responsabile, da vero statista, da grande uomo delle istituzioni. Il ragionamento fila che è una meraviglia, non vi pare? Siccome il Parlamento non fa una beata mazza da due mesi esatti e i senatori stanno lì solo per prendere lo stipendio, io tengo due poltrone. Per cui non faccio niente per due. Non è meraviglioso? Ora proverò a spiegarglielo anche al mio panettiere: se non fai una mazza puoi tenere due poltrone, come fai a non capirlo? È logico no: il Parlamento è bloccato per cui le natiche di D'Alfonso devono allargarsi su una doppia seduta. Altrimenti come si fa a rendersi utili al Paese? Oddio, ogni tanto c'è qualche inconveniente. L'altro giorno, per esempio, era convocato il Consiglio regionale d'Abruzzo. L'hanno dovuto sospendere e rimandare di cinque giorni. Il governatore D'Alfonso infatti non poteva essere presente perché in quel momento era il senatore D'Alfonso. Dunque stava a Roma. Era già successo un'altra volta, il 10 aprile. Anche in quell'occasione tutti a cercare il governatore D'Alfonso, ma niente: s'era trasformato nel senatore D'Alfonso ed era volato a Roma. A fare cosa non si sa, visto che il Parlamento è inoperoso. Ma pazienza: qualche passatempo per senatori lo si trova sempre. L'altro giorno, per esempio, il senatore D'Alfonso non poteva essere il governatore D'Alfonso perché doveva partecipare, in quanto senatore D'Alfonso, alla direzione del Pd. Voi capite, vero? Se non si fermano i lavori di una Regione per la direzione del Pd per che cosa si possono mai fermare? È per questo che D'Alfonso si tiene le due poltrone alla faccia di tutte le incompatibilità. Per aiutare il suo Paese. Per aiutare la sua Regione. Bloccando i lavori del Consiglio regionale, ovviamente. Deve essere anche faticoso, per altro: una natica di qui, una natica di là, sai che divertimento? Ma per rendersi utile alla collettività non si bada a sacrifici. Il duplex-poltronato assicura anche di aver rinunciato a uno stipendio (quello da governatore), all'auto blu (quando va a Roma) e al telefono di servizio. Noi gli crediamo, per carità. Ma ci restano tanti dubbi. Già, se dobbiamo essere sinceri, ci sembra strano che uno che si fa eleggere in Regione non completi il suo mandato e se ne scappi in Senato prima del termine. Poi ci sembra strano che, una volta eletto in Senato, non si dimetta subito ma chieda il parere degli uffici legislativi. Poi ci sembra strano che, ottenuto il parere degli uffici legislativi, basati su sentenze della Corte costituzionale, se ne infischi bellamente. E poi ci sembra strano che si ostini a rimanere incollato alla doppia poltrona anche quando è evidente che così sta incollando al nulla anche il lavoro degli altri. E ci chiediamo: ma chi glielo fa fare questo immenso sacrificio? Non avendo due sederi, dico, perché si ostina a tenere due poltrone? A meno che non sia vero quello che dicono gli amici di Striscia la notizia: delle due poltrone una serve per appoggiarci il sedere, l'altra per appoggiare la faccia. Anche se siamo sicuri che tra le due permangono delle differenze.