2022-08-09
L’abbaglio del centrodestra per Cingolani
Roberto Cingolani (Imagoeconomica)
Prima Matteo Salvini e poi Giovanni Donzelli aprono a una riconferma del ministro (ex conferenziere della Leopolda renziana) in un futuro governo: ma la storia recente dimostra che sarebbe un errore grossolano. Dal gas all’ambiente: ecco che cosa ha sbagliato.C’è da augurarsi che si sia trattato solo di due risposte garbate, di due concessioni – diciamo – al galateo istituzionale e a un minimo di pax mediatica. Insomma, se nel cuore dell’estate si viene sollecitati in tv su un ministro uscente, può accadere che, per evitare una polemica gratuita, due membri della coalizione di centrodestra dicano una parola gentile, senza chiudere alla possibilità di una conferma nel prossimo governo. E questa è la lettura più ottimistica e politicamente minimalista.Ma se invece dovessimo prendere alla lettera le dichiarazioni molto spinte di un leader di partito come Matteo Salvini a Skytg24 («Roberto Cingolani ancora ministro? Se fosse disponibile, ne sarei felice») e quelle a onor del vero più prudenti di un autorevole dirigente di Fratelli d’Italia come Giovanni Donzelli ad Agorà su Raitre («Prematuro parlarne. È stato un buon ministro, anche se su alcune cose non ci siamo trovati d’accordo perché mal consigliato dal Pd. Ma secondo noi ha l’approccio giusto sui temi dell’ambiente»), ci sarebbe da preoccuparsi per almeno tre ordini di ragioni.La prima è di metodo. Ma perché il centrodestra dovrebbe recuperare ministri dal governo semitecnico precedente, e, segnatamente, da un ex conferenziere alla Leopolda renziana? A mio personale avviso, se il centrodestra avrà davvero l’opportunità di governare, farebbe bene – nella composizione della sua squadra – a cercare di evitare tre pericoli tra loro diversissimi ma a rischio di sommarsi e sovrapporsi: quello di affidarsi ad antichi demiurghi (e ai loro conti aperti con i rivali del passato); quello di concedere troppo ad alcune tentazioni dirigiste e stataliste di certa destra; e quello (e qui torniamo all’ipotesi Cingolani), in nome di una mitica quanto illusoria «accettabilità», di subire un eccesso di continuità con le stagioni semicommissariali precedenti. È bene elaborare un lutto: un futuro governo di centrodestra sarà avversato mediaticamente e ostacolato in varie sedi istituzionali. Rischia dunque di essere un’illusione quella di usare alcune personalità del governo passato come «scudo» (meno che mai se suggerito dai media ostili: è stata Repubblica, qualche giorno fa, a ventilare per prima la conferma di Cingolani). Per carità: qui non si sollecita certo un atteggiamento opposto, una sorta di sindrome di Fort Alamo, un approccio da fortino assediato dai nemici. Ma tra questi due errori uguali e contrari (il cedimento preventivo o l’arrocco altrettanto preventivo), si può forse cercare una via terza più creativa.La seconda ragione ha a che fare con la performance ondivaga – nei comportamenti e pure nella comunicazione – di Cingolani. Qualche esempio? Si è passati dal «nessun problema di approvvigionamento del gas» (Ansa, 28 febbraio, frase imprudentemente pronunciata all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina) fino a un «piano di razionamenti energetici per un inverno delicato» (Foglio, 12 luglio). Tra l’una e l’altra cosa? Tutto e il contrario di tutto. Per un verso, rassicurazioni sul fatto che l’Italia stia meglio di altri in termini di diversificazioni e approvvigionamenti; per altro verso, una valanga di se e di caveat (tutto andrà bene ma solo se andranno in porto i progetti per i nuovi rigassificatori e l’attività sugli stoccaggi). Nel mezzo, uno stillicidio di leak e indiscrezioni su piani di emergenza più o meno segreti, inclusa l’ipotesi (nello scenario più grave) di spegnere tutto per due ore, tra le 4 e le 6 del mattino. A prima vista uno potrebbe dire: sacrificio sostenibile. In realtà è vero il contrario: si tratterebbe di un colpo terrificante per le produzioni «a ciclo continuo», quelle che per definizione non possono essere interrotte a piacere (in primo luogo nel settore siderurgico, ma anche nel tessile, per fare solo un paio di esempi).E qui sta il punto. Vale per Cingolani e vale per il suo primo ministro Mario Draghi: è stato saggio attenuare, minimizzare, ridurre tutto alla presa in giro dell’alternativa tra «pace» e «condizionatori d’aria»? È stato saggio non dire mai parole di verità all’opinione pubblica sui rischi per l’autunno e per l’inverno? Non si tratta (solo) di pericoli legati all’approvvigionamento, ma (anche e soprattutto) di una questione di prezzi, che di per sé porteranno le imprese a valutare una sospensione o un’interruzione di molte produzioni. Ancora. Cingolani, che pure passa come un avversario degli ecoestremisti, non ama sentir parlare troppo di trivelle né di carbone, e, a suo modo, pur avendo mille volte fatto polemiche e distinguo rispetto a Greta Thunberg (e che però andò conformisticamente a incontrare e omaggiare nel settembre del 2021), sembra volersi far interprete di una linea che definirei gretina-soft. Pure lui alfiere della mitica transizione verde, pure lui dedito a recitare giaculatorie contro petrolio e combustibili fossili: naturalmente – a suo onore – con un minor tasso di catastrofismo e senza millenarismi.Ma è questa la strada che il centrodestra deve percorrere? Ad avviso di chi scrive, no. Occorre il coraggio – anche culturale – di spiegare che sono proprio gli eccessi della transizione green ad averci messo nei guai (avendo contribuito all’innesco della fiammata inflazionistica) e a promettere di crearcene di nuovi anche in futuro (in altri termini: finché non rottameremo la transizione green, resteremo prigionieri dell’oggettivo ricatto del gas russo).Sarà bene che il centrodestra abbia chiari questi nodi, e che provi a scioglierli, anziché lasciarli aggrovigliati in nome di un rischioso continuismo.
Ecco Edicola Verità, la rassegna stampa del 3 settembre con Carlo Cambi