2024-08-23
A Speranza il Covid ha cancellato la memoria
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
In tribunale, dove ha trascinato l’autore di un libro contro di lui, l’ex ministro ha saputo rispondere solo una cosa al legale della difesa, che gli chiedeva dei messaggi in cui dava ordini a Silvio Brusaferro, o di quando, da Fabio Fazio, esortava gli italiani alla delazione: «Non ricordo».A Roberto Speranza non piace molto parlare con i giornalisti (quelli pronti a fargli domande vere, per lo meno) del suo passato da ministro della Salute. Gli piace molto, però, disegnare ambiziosi scenari politici con i giornali amici. Allo stesso modo, egli ama discutere di diritti e di minoranze, ma non dei diritti che ha negato lui e delle minoranze che il suo ministero ha oppresso. Ieri su Repubblica, ad esempio, l’ex ministro si occupava con entusiasmo della cittadinanza perni cosiddetti «nuovi italiani»: «Aspettiamo una legge da troppo tempo», spiegava. «Parliamo della vita di circa un milione di giovani italiani senza cittadinanza: studiano con i nostri figli, parlano i nostri dialetti. Il Parlamento riconquisti la sua centralità e apra questa discussione». E ancora: «Da progressista chiedo: che paura avete di un ragazzo nato in Italia da genitori non italiani che da dodici anni vive e studia con i nostri figli?».Il ragionamento sui diritti è senz’altro molto emozionante. E fa riflettere. Viene da pensare, ad esempio, che i figli di stranieri, in Italia, anche se non posseggono la cittadinanza non hanno attualmente alcun problema a frequentare le scuole, a praticare sport con i coetanei o a partecipare a qualsiasi altro tipo di attività. L’unico momento della storia recente in cui questi diritti sono stati negati si è verificato proprio quando Speranza era ministro e ha impedito prima a tutti i ragazzini di entrare fisicamente in classe, poi a quelli non vaccinati di praticare sport, salire sui mezzi pubblici e svolgere una esistenza decente. Purtroppo di questi non insignificanti particolari il caro Roberto sembra non avere memoria. Lo dimostra quel che ha detto al tribunale di Perugia, davanti alla Corte che sta esaminando la sua querela contro Davide Rossi, autore di un libro intitolato La Fabian Society e la pandemia. Come si arriva alla dittatura (Arianna editrice) che Speranza giudica altamente lesivo della sua immagine. In aula, il difensore di Rossi ha posto all’ex ministro alcune domande piuttosto puntuali, la prima delle quali riguardava appunto la chiusura delle scuole. «Lei conferma», ha domandato l’avvocato Lorenzo Borrè, «che nel 2020 ha avuto uno scambio di Whatsapp con il dottor Brusaferro in ordine ai provvedimenti da adottare e alle comunicazioni da effettuare pubblicamente per quelli che dovevano essere i provvedimenti restrittivi della circolazione e delle frequentazioni sociali dei cittadini? Mi riferisco sono i documenti prodotti in cui lei avrebbe detto a Brusaferro, “Domani tieniti sulle curve all’inizio”, poi vediamo le domande. “Due avvertimenti. Tutto quello che direte può finire sulla stampa. Se vogliamo mantenere misure restrittive conviene non dare troppe aspettative positive”. Lei ricorda di aver scritto questo?». Risposta di Speranza: «Io non ricordo. Posso dirle con certezza che Brusaferro era allora il presidente dell’Istituto superiore di sanità e con lui c’era un confronto quotidiano perché vivevamo il dramma di come salvare la vita delle persone. Per noi questo era il punto fondamentale e quindi io, Brusaferro, Locatelli e gli altri scienziati lavoravamo tutti i giorni e loro rappresentavano la fonte essenziale della linea che noi sceglievamo». L’avvocato Borrè insiste: «Sempre in merito ai Whatsapp, se lei se li ricorda. Allora, per quello che riguarda la chiusura delle scuole ci fu uno scambio di Whatsapp, messaggi Whatsapp tra lei e il professor Brusaferro, in cui lei invitava ad assecondare la chiusura delle scuole e Brusaferro le oppose che allo stato non c’erano evidenze che la chiusura delle scuole fosse una misura che avrebbe, diciamo, contenuto la diffusione del contagio da Covid?». Altra risposta di Speranza: «Non ricordo questa evenienza, ma ricordo che le scelte che abbiamo fatto sono sempre state condivise con la nostra comunità scientifica e il Cts ha sempre espresso poi un attrezzamento sostanziale delle scelte che noi abbiamo fatto». Dunque Speranza non ricorda gli scambi di messaggini con Brusaferro sulla chiusura delle scuole. Ed è un vero peccato, perché quei messaggi esistono eccome e il nostro giornale lì ha pubblicati. Al ministro che diceva «noi politicamente siamo per stringere dappertutto», Brusaferro rispondeva che non c’erano certezze scientifiche e che persino fra gli esperti ministeriali c’erano forti dubbi sulla chiusura delle scuole. Che però si fece ugualmente, con tutta evidenza per scelta politica. Che danni abbia causato alla salute degli studenti purtroppo abbiamo avuto modo di scoprirlo in questi anni. Spiace davvero che Speranza - che si dichiara così attento ai diritti delle giovani generazioni - non ricordi questa circostanza e rifiuti di renderne conto politicamente. Allo stesso modo, in tribunale a Perugia egli ha mostrato di non ricordare un altro fatto rilevante. È sempre l’avvocato Borrè a formulare la domanda: «Lei ricorda che con riferimento appunto a una domanda che le venne posta, sul come potesse attuarsi questo controllo delle feste, diciamo all’interno delle case, cioè proprio che ci fosse un controllo durante le feste all’interno delle case, lei disse che auspicava che i cittadini che erano a conoscenza di queste feste lo denunciassero all’autorità?». Risposta di Speranza: «No, questo sinceramente non lo ricordo ma ribadisco il punto, per me il tema è che tutte le scelte che abbiamo compiuto in questi anni sul green pass e anche su altro, sono sempre state costruite nella piena autonomia della funzione politica e nel confronto con le nostre istituzioni scientifiche». Di nuovo, è un grande peccato che Speranza non ricordi. E dire che sull’argomento si discusse non poco, ne parlarono tutti i media. Rinfreschiamo allora la memoria. Era l’ottobre del 2020 e Roberto andò ospite da Fabio Fazio (a proposito di domande appuntite). Il conduttore gli chiese lumi sul decreto che vietava le riunioni domestiche con amici: «Chi è che va a controllare e a bussare negli appartamenti per vedere se c’è una festa?». L’allora ministro della Salute diede una risposta da fare accapponare la pelle: «Ci saranno segnalazioni». Il che equivaleva a dire: ci penseranno i vicini a denunciare i trasgressori, come nei peggiori regimi. Anche in questo caso, la preoccupazione per i diritti delle persone scomparve dall’orizzonte. E come tutti sappiamo era solo l’inizio. Qualche tempo dopo, i non vaccinati sarebbero stati espulsi dal consesso civile, relegati in casa come topi (cit.), banditi dai luoghi pubblici e dal consorzio umano. Siamo felici che adesso Speranza si occupi con sussiego dei diritti delle minoranze e di inclusione. Ci spiace solo che di questi diritti e dell’inclusione se ne sia allegramente fregato quando aveva il potere - e probabilmente anche il dovere - di garantirle.
Jose Mourinho (Getty Images)