2019-01-10
A scuola di arabo e islam alle elementari
Accade a San Felice sul Panaro, paese modenese devastato dal sisma del 2012. La domenica 200 ragazzini musulmani nati in Italia saranno indottrinati su lingua e cultura dei Paesi d'origine delle famiglie. Nelle aule ricostruite e concesse gratis a un'associazione.Lezione di arabo ai bambini arabi, tenute da arabi ma… in una scuola italiana. Succede a San Felice sul Panaro, un piccolo Comune del modenese tra quelli devastati dal sisma del 2012. L'unica scuola elementare del paese, costruita nuova dopo il terremoto, verrà occupata ogni domenica a partire dal prossimo week end, da una delle tante associazioni culturali islamiche della zona, intenzionata a istruire sulla lingua e la cultura araba i bambini figli di musulmani della zona. Gli alunni saranno circa 200 e si sorbiranno una vera e propria lezione domenicale seduti sui banchi di scuola, e ben ghettizzati rispetto ai compagni liberi da tale dovere. E tutto perché l'associazione La pace ha chiesto di occupare le aule della primaria per non dover pagare una sala privata e, la scuola, senza trovarci nulla di strano le ha concesse. Se non si ammette che si tratta di una invasione culturale, da qualsiasi punto di vista la si analizzi, il senso della vicenda sfugge. Parlando per esempio degli aspetti educativi: perché mai bambini di seconda generazione, cioè nati in Italia da genitori immigrati, già dilaniati dall'appartenenza a due culture tanto diverse ed oppressi da genitori che spesso, tra le mura domestiche, della lingua e della tradizione araba fanno un dogma, dovrebbero seguire lezioni domenicali per imparare l'arabo? A rigor di logica sarebbe piuttosto vero il contrario e cioè che possa essere favorevole alla loro crescita e integrazione frequentare corsi di cultura italiana, di educazione civica o, semplicemente, passare le domeniche a socializzare con i coetanei in qualche bel parco giochi. E questo a prescindere che si tratti di islam, buddismo o lingua e cultura cinese. Ma anche guardandola dal punto di vista culturale c'è qualcosa che stride: perché una scuola elementare pubblica dovrebbe volersi connotare in modo così netto nei confronti di una cultura e una religione (quella islamica appunto) sulla quale è da tempo aperto un acceso dibattito? E infine, dal punto di vista economico: se è vero che gli spazi pubblici scarseggiano sempre per le attività dedicate ai giovani (a San Felice come altrove) per quale ragione assegnarli gratuitamente a un ente privato e non a un altro? In questo caso la decisione di concedere gratuitamente gli spazi scolastici è stata presa dal consiglio di istituto, con il consenso e il pieno sostegno della direttrice, Paola Maini, e del presidente del consiglio di istituto, Francesco Masotina, che ieri pomeriggio - colpito dal clamore della scelta effettuata - si è sentito in dovere di fornire qualche chiarimento. Secondo Masotina non c'è proprio nulla di strano nell'accogliere la richiesta dell'associazione «che già in passato usufruiva di locali delle scuole elementari ora inagibili», anche perché l'associazione ha garantito che «le attività sono rivolte all'insegnamento della lingua araba e ai principi della cultura islamica», ma «non prevedono preghiera o indottrinamento religioso» perché sono «finalizzate a fornire quel minimo di identità culturale propria dei paesi di origine» ai ragazzi che «ne sono sprovvisti». Ora, posto che al giorno d'oggi non sarebbe facile trovare una associazione islamica che, chiedendo spazi pubblici da utilizzare a gratis, ammettesse poi candidamente di voler fare proselitismo in classe, basta conoscere appena il modo arabo per capire come tra la lettura del Corano, la preghiera e l'indottrinamento, la differenza sia quasi intangibile.In ogni caso se nessun intervento calerà dall'alto, le lezioni di arabo in questa scuola si faranno e, anzi, per l'istituto sarà pure l'occasione per dotarsi di un bel regolamento di concessione d'uso dei locali scolastici di cui casualmente (per stessa ammissione del presidente del consiglio) fino ad oggi, era sprovvisto.Appresa la notizia, come ovvio, Lega e Forza Italia, minoranze nel Comune terremotato, hanno tentato di arginare il colpo: «Nelle nostre scuole si insegna l'italiano e la cultura occidentale, che poggia su radici giudaico cristiane, non sicuramente l'arabo o l'islam, che troppo spesso hanno dimostrato di avere una visione distorta delle libertà umane e dell'uguaglianza tra uomo e donna», hanno fatto notare il consigliere regionale Stefano Bargi e il deputato Lega, Guglielmo Golinelli, che, sul tema, ha depositato una interrogazione parlamentare.«Aprendo la scuola alle lezioni di arabo si favoriscono ghettizzazione e discriminazione cioè il contrario di ciò che serve per l'integrazione», ha aggiunto Antonio Platis, capogruppo Forza Italia all'Unione dei Comuni area nord. Intanto la faccenda suona poco chiara anche a livello economico: i bambini frequentanti, infatti, dovranno versare la quota di iscrizione e, probabilmente, qualche altro obolo sotto forma di donazione come tipico della cultura araba. Con tutta soddisfazione dell'associazione islamica che, invece, utilizzando spazi pubblici costruiti a spese nostre, non verserà un euro.