
Stampa cattolica e clero progressista si sono schierati apertamente contro la Lega, dando appoggio alle Ong e criticando l'uso di simboli religiosi del vicepremier. I fedeli, però, alle urne non si sono fatti abbindolare.E venne il giorno in cui anche il Papa perse le elezioni. Jorge Mario Bergoglio non era candidato nella circoscrizione Italia centro e nemmeno in quella del Vaticano, dove le elezioni si tengono solo durante il Conclave e con la partecipazione dello Spirito Santo. Però è riuscito lo stesso nella clamorosa impresa, sia detto con rispetto, di farsi bocciare dai suoi fedeli. Da tempo non accadeva che la Chiesa cattolica fosse portata in prima linea ed esposta così in una competizione elettorale: è accaduto questa volta, cavalcando il tema dell'immigrazione e cercando di contrastare in ogni modo quel satanasso del vicepremier. «Vade retro Salvini», come da famosa copertina di Famiglia Cristiana. Ma, come tutti sanno, l'esorcismo non è venuto un granché bene. La scomunica della politica leghista; le condanne ex cathedra ripetute più delle lodi mattutine; le omelie alle messe cantate; la mobilitazione delle sacrestie; l'ingaggio della stampa cattolica, a suon di editoriali indignati; il rintocco delle campane funebri; l'ingaggio di monsignor Bolletta, cardinale elemosiniere in missione per conto del Papa; l'allarme razzismo; l'allarme cattivismo; l'allarme populismo; l'indignazione solenne contro questa mania di mostrare il rosario e mandare un bacio alla Madonnina (ma insomma, come si permette? Non potrebbe limitarsi a bestemmiarla come fanno tutti?): ebbene tutta questa gigantesca campagna orchestrata dai papaveri bergogliani per ricacciare agli inferi il reprobo Matteo, evangelista della perdizione, non ha prodotto i risultati sperati. Anzi, ha prodotto l'esatto opposto. E infatti è anche grazie al voto di tanti cattolici se la Lega è volata al 34,33% dei voti. Altro che inferi: elettoralmente parlando, quasi un paradiso. Ma chi è che l'ha pensata questa geniale strategia? Monsignor Tafazzi? Il cardinal Autogol? È abbastanza chiaro, infatti, che gli attacchi scomposti e un po' ossessionati, alla fine, anziché nuocere al leader del Carroccio hanno finito proprio per aiutarlo. Hanno contribuito a formare l'idea dell'uomo solo contro tutti, bersagliato da più parti, dai selfie alle lenzuola alle omelie della santa messa parrocchiale. Si sa che, in una competizione elettorale, alla fine chi viene circondato da tanti avversari può riuscire a trarne giovamento. Soprattutto se gli attacchi appaiono sconclusionati, strumentali. E soprattutto se la persona sotto attacco ha stoffa e personalità, doti che sicuramente non difettano a Matteo Salvini. Ma il danno causato da queste linea politica vaticana non si ferma qui. Ora, infatti, sotto il Cupolone di San Pietro si apre un problema enorme, che va ben oltre il risultato della Lega nelle urne. L'aver trascinato la Chiesa in una battaglia elettorale; aver permesso che alcune sante messe fossero ridotte a livello di tazebao, proprio come le lenzuola appese alle finestre; aver mandato i preti sulla nave dei senzadio di Luca Casarini (magari snobbando le paure delle fedeli che frequentano i circoli parrocchiali delle periferie); aver insistito sull'abbattimento dei muri, trincerandosi però dietro le solide mura del Vaticano; aver proclamato l'accoglienza valore unico e assoluto senza per altro accogliere un immigrato nei palazzi della Santa Sede (che ad accogliere ci pensino i poveracci delle periferie, mica i cardinali); ebbene tutto ciò ha aperto una ferita dolorosa e profonda nel popolo dei credenti. I quali, in buona parte, sono cresciuti pregando i santi veri del Paradiso. E non si rassegnano a diventare devoti di Sea Watch vergine e madre o del beato Gino Strada. In questi ultimi mesi ho girato molto facendo incontri in piccoli paesi e medie città, da Pontirolo Nuovo a Sorrento, da Ascoli Piceno a Padova, da Arba (Pordenone) a San Colombano al Lambro, decine e decine di comunità che sono venute ad ascoltarmi mentre parlavo di temi economici, delle aziende italiane che vengono comprate dall'estero, della necessità di difendere, laicamente, le nostre radici nazionali. Non c'è stata volta in cui, pur essendo totalmente fuori contesto, non si sia levato qualcuno che, dichiarandosi cattolico, non mi abbia rivolto una domanda piena di sofferenza sulla Chiesa. Persino alcuni parroci, senza dubbio lacerati, mi hanno confidato quanto si sentano a disagio per la linea ufficiale della gerarchia così lontana dal sentire della loro gente. Ci pensavo ieri quando la prima reazione post elettorale di Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e uomo di punta della nuova linea bergogliana, è stata andare (che originalità) contro Salvini. Ma il problema è il come. Ci è andato, infatti, ancora una volta, a testa bassa, accusando il leader leghista perché (pensate un po') nel selfie notturno di ringraziamento agli elettori («Primo partito in Italia, grazie») si è fatto fotografare con alle spalle una libreria in cui compaiono un po' di oggetti alla rinfusa (un tapiro, un cappello da baseball trumpiano, qualche libro…) fra cui un'immagine di Gesù. Ma come si permette?, si è indignato padre Spadaro. Tenere un'immagine di Gesù? In libreria? In mezzo agli oggetti della vita quotidiana? Non si vergogna? Mentre lo leggevo pensavo che probabilmente anch'io a casa devo avere un crocefisso appoggiato lì, dietro la mia scrivania, fra mille ricordi della mia vita. Me l'ha regalato padre Ottavio per il matrimonio, e lo tengo sempre in mezzo al mio caos, perché mi aiuti a non perdermi troppo. È un peccato grave? Ho pensato che probabilmente molte altre persone sono nella stessa mia situazione, hanno un'immaginetta nel portafoglio accanto al biglietto del tram o una croce sul comodino di fianco all'ultimo romanzo di fantascienza. Ho pensato che forse è normale, persino bello, tenere il volto di Gesù in mezzo alla propria vita quotidiana: non tutti possono permettersi di tenere le icone sacre su altari dorati o nelle teche dei musei vaticani, e poi forse non sarebbe nemmeno giusto. Lui non è forse venuto per mescolarsi insieme a noi? Non si è spaventato di nulla, dovrebbe spaventarsi di un cappellino da baseball? E allora perché tanto astio? Sono, evidentemente, i danni devastanti della foga elettorale. I pastori della Chiesa di papa Francesco si sono fatti accecare e così hanno perso di vista le loro pecorelle. Ora rischiano di perderle. Il che, di certo, è anche peggio che aver perso le elezioni.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)
Donald Trump torna a guardare all’Africa. Il presidente americano si è infatti impegnato ad agire per cercare di portare a termine il sanguinoso conflitto civile che agita il Sudan da oltre due anni.
«Pensavo fosse solo una cosa folle e fuori controllo. Ma ora capisco quanto sia importante per te e per molti dei tuoi amici qui presenti il Sudan. E inizieremo a lavorare sul Sudan», ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca, rivolgendosi al principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman. Ricordiamo che la guerra civile in corso è esplosa nell’aprile del 2023 tra le Forze armate sudanesi e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces. Secondo The Hill, «più di 150.000 persone sono morte nel conflitto, circa 14 milioni sono state sfollate e si prevede che circa metà della popolazione di 50 milioni di persone soffrirà la fame quest'anno».






