2022-05-24
A Cannes vince la polemica (e la censura)
True
Il regista Michel Hazanavicius (Ansa)
Di titoli, dentro e fuori il concorso del Festival di Cannes, ce ne sono anche quest’anno. Anno in cui la polemica, la maggiore, ha travolto un film francese, colpevole di essersi chiamato semplicemente Z. Doveva essere la Z di Zombie, ma è stato deciso che quella Z avrebbe evocato Vladimir Putin e il conflitto atroce con l’Ucraina, e quindi Michel Hazanavicius, regista della pellicola, ha dovuto rimpiazzare la Z con un titolo meno ambiguo, Coupez! (Cut!).Luci, riflettori, la ricerca di gossip e feste modaiole, la descrizione degli abiti che di queste feste sono i primi, e i più importanti fra gli invitati. Cannes, spesso, verte attorno a tutto, fuorché al cinema. E si inseguono, i titoli dei giornali, a cercare di carpire notizie che con i film hanno poco a che spartire. Gli ospiti adombrano le pellicole in gara, e quasi ce ne si dimentica. Quasi, però. Perché il concorso che ogni anno, sul finire della primavera, anima la Croisette qualche progetto dall’attrattiva insindacabile – di quelle che neanche top model e influencer riescono a smorzare – lo offre sempre. Baz Luhrmann, George Miller, James Gray ed Elvis Presley, attori che dalla Corea sono diventati affare del mondo, Léa Seydoux e Kristen Stewart. Di titoli, dentro e fuori il Concorso del Festival di Cannes, ce ne sono. Ce ne sono anche quest’anno, l’anno in cui la polemica, la maggiore, ha travolto un film francese, colpevole di essersi chiamato semplicemente Z. Doveva essere la Z di Zombie, ma l’intellighenzia che nient’altro ha da far se non trovare il marcio nelle intenzioni altrui ha deciso che quella Z avrebbe evocato Vladimir Putin, il conflitto atroce con l’Ucraina. Michel Hazanavicius, regista della pellicola sventurata, alla fine è capitolato. La Z è stata rimpiazzata da un titolo meno ambiguo, più lungo, e Cannes ha potuto svolgersi, ospitando alcuni fra i film più attesi dell’anno. Triangle of sadness, dello svedese Ruben Östlund, è stato accolto fra gli applausi. Otto minuti in totale, a premiare una satira spietata, il racconto di nuovi ricchi, social e gerarchie capovolte da catastrofi inimmaginabili. Three thousand years of longing, storia di un genio e di tre desideri, barattati con la libertà sotto la guida ferma di George Miller, è stato presentato sul finire della scorsa settimana, e sei sono stati i minuti di applausi che hanno accompagnato le performance di Idris Elba e Tilda Swinton. Miller, il visionario di Mad Max, ha spiegato come il film voglia essere altro dalla sua grande saga. «Ha molti più dialoghi», ha detto, lui che a Cannes si è trovato a dividere i riflettori con James Gray e Armageddon Time, un film che i media statunitensi hanno salutato come un capolavoro. La pellicola è un lavoro ben fatto, una sorta di ricerca agiografica atta a spiegare – attraverso la storia (pressoché autobiografica) di un ragazzino, della sua famiglia, del sempre straordinario Anthony Hopkins – dove abbiano avuto origine le piaghe dell’epoca presente. Variety si è detta certa che il film possa avere buone chance ai prossimi Oscar e, pare, che altrettante possa averne Elvis, biopic in cui l’eclettico Baz Luhrmann ripercorre vita e carriera di Elvis Presley. Elvis, con Austin Butler a interpretare il Re del Rock, sembrerebbe destinato a replicare il successo di Bohemian Rhapsody. Premi, pubblico, la critica divisa tra entusiasti e detrattori. Poi, come una ciliegina sulla torta, l’impianto visivo (meravigliosamente pop) di Luhrmann. Elvis, come già Top Gun: Maverick, presentato lo scorso giovedì, avrebbe le carte in regola per vivere e prosperare oltre Cannes, oltre il circuito dei film da Festival, oltre i confini della Francia e dell’Europa. Potrebbe diventare un fenomeno, di quelli che definire univocamente, capolavori o ciofeche, è cosa impossibile. Potrebbe. Perché Cannes è terra dell’imprevisto, di pellicole che promettono di disgustare, come Crimes of the Future di David Cronenberg. Il regista ha detto di aspettarsi che gli spettatori «escano dalla sala nauseati». Eppure, la sua storia distopica, ambientata in un futuro in cui la rimozione di organi dal corpo orripilante di un mutante è diventato format di estremo successo, è stata annoverata fra le più attese. Cronenberg e i suoi protagonisti, Léa Seydoux, Viggo Mortensen e Kristen Stewart, sono stati oggetto di attese nervose. E chissà, allora, che la Palma d’Oro, per la quale gareggia anche la coppia (e che coppia!) Alessandro Borghi-Luca Marinelli (Le otto montagne), non possa fare un triplo salto mortale, sparigliare le carte e andare proprio a colui che non ha parlato di presente o passato, non ha fotografato con la delicatezza di un essai il nostro mondo, ma dato sfogo ad un sogno stralunato.
La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)
Il food è ormai da tempo uno dei settori più di tendenza. Ma ha anche dei lati oscuri, che impattano sui consumatori. Qualche consiglio per evitarli.
Charlie Kirk (Getty Images)
Carlo III e Donald Trump a Londra (Ansa)