Nelle carte della Procura di Skopje ci sono intercettazioni del leader caro a Federica Mogherini in cui si parla di compravendita elettorale. In particolare, i socialisti puntavano ai rom: chi eseguiva gli ordini veniva ricompensato con denaro o materiali per l'edilizia. Come anticipato, procediamo oggi alla pubblicazione di un video inerente la nostra nuova inchiesta sulla gestione del sistema politico e giudiziario macedone. Nella documentazione esistente presso la procura per la lotta al crimine di Skopje si ritrovano stralci di intercettazioni dalle quali si dedurrebbe come l'ex premier Zoran Zaev insieme a suo fratello Vice Zaev, parlando apertamente al telefono, avrebbero gestito una rete di scambi elettorali basata sul ricatto rivolta ad acquisire voti, in special modo quelli dei Rom residenti nella città di Strumica.I fascicoli esaminati descrivono uno scenario nel quale l'allora leader del partito socialista e sindaco di Strumica, denunciato per frode elettorale, si sarebbe servito di modalità illecite per venire eletto in Parlamento e successivamente nominato primo ministro. A coloro che decidevano di collaborare venivano pagati, per ogni singolo voto, tra i dieci e i venticinque euro presso due uffici cambiavalute gestiti da colleghi di Vice Zaev. Uno dei due uffici, il Daskal, era di proprietà di Marjan Daskalovski anche egli eletto con Zaev al Parlamento nazionale e capo, all'epoca dei fatti, della sezione locale del partito socialista.Qualora il denaro non fosse sufficiente a convincere i cittadini si arrivava anche a promettere la consegna di materiale edile per la costruzione di case o il collegamento delle abitazioni all'infrastruttura comunale. L'uomo che riusciva a garantire il tempestivo attacco o distacco dei servizi pubblici, nonché il controllo dei dipendenti comunali sarebbe da rinvenirsi nel direttore della municipalizzata di Strumica, Zoran Georgjev. Egli , servendosi dei mezzi a propria disposizione, avrebbe minacciato o punito coloro che esitavano a collaborare e premiato, ovviamente, gli altri. In Macedonia Georgjev è conosciuto per il fatto d'essere stato il capo di tutte le campagne elettorali di Zoran Zaev e per essere il consorte della giudice della procura di Strumica Loreta Georgjeva, divenuta durante il periodo del governo di Zaev componente del Consiglio statale della magistratura, cioè di quell'istituto che ha il compito di controllare il lavoro e i risultati delle procure macedoni. Le anticipazioni pubblicate ieri dalla Verità hanno provocato l'immediata reazione dell'ex premier Zaev e della procuratrice capo per il crimine organizzato e la corruzione Vilma Ruskovska. Entrambi hanno confermato l'autenticità della documentazione in nostro possesso negando tuttavia che ci si trovi in presenza di illeciti. La giudice Ruskovska, interpellata dalle televisioni macedoni, ha dichiarato esplicitamente di non aver proceduto ad imbastire un processo per l'assenza di reato, ma non ha spiegato per quale motivo allora il caso non sia stato ufficialmente archiviato. Il cospicuo materiale a disposizione delle istituzioni giudiziarie macedoni fornisce la fotografia di una realtà che va ben oltre le normali lecite attività politiche. In diversi passaggi delle intercettazioni ci sono anche dialoghi di Vice Zaev dai quali si evincerebbe che egli era in grado di controllare da vicino il comportamento di intere famiglie. In diversi colloqui il fratello del futuro premier chiede delucidazioni ai suoi interlocutori sugli atteggiamenti poco favorevoli al partito socialista di mogli e figli oppure si duole del fatto che essi partecipino a riunioni elettorali di partiti avversi. Conseguentemente, esisterebbero registrazioni audio nelle quali Zaev, informato del voto contrario al partito socialista, avrebbe chiesto l'immediato licenziamento di tutta una famiglia, di una babysitter, di un autista oppure il distacco dall'elettricità ad un determinato nucleo famigliare da effettuarsi attraverso la locale società elettrica, di proprietà dell'austriaca EVN.Sempre dai medesimi fascicoli si evincerebbe che l'intero sistema di compravendita dei voti si reggeva sul costante ricatto delle persone, nello specifico di parte dei cittadini di Strumica. La presunta associazione a delinquere sarebbe stata favorita nel conseguimento dei propri fini dalla capacità di garantire in tempi inconsuetamente brevi per la burocrazia macedone l'emissione di carte d'identità in modo da consentire agli elettori di recarsi ai seggi regolarmente. Su tutto ciò ovviamente incombe un nuovo appuntamento elettorale. Vedremo se la procura macedone riterrà opportuno procedere ad ulteriori approfondimento e soprattutto come si muoveranno le istituzioni politiche.
Papa Leone XIV (Ansa)
Nel commentare la dichiarazione dei vescovi Usa sull’immigrazione, il pontefice ha ribadito il diritto a controllare i confini. I media francesi hanno omesso il passaggio.
Papa Leone XIV ha risposto ai giornalisti che si trovavano a Castel Gandolfo martedì sera e si è espresso su vari argomenti: la pace in Ucraina, le stragi in Nigeria, i suoi progetti di viaggi apostolici per il 2026 e anche delle sue abitudini quando soggiorna a Villa Barberini. Tra temi trattati c’era anche la gestione dell’immigrazione negli Stati Uniti. Come scritto da Vatican News, il Santo Padre ha commentato la dichiarazione sui migranti pubblicata, giovedì scorso, della Conferenza episcopale statunitense.
Ursula von der Leyen (Ansa)
La Commissione prepara nuove regole per la circolazione rapida (massimo tre giorni) di truppe e cingolati tra i Paesi dello spazio Schengen. Un tempo simbolo di pace...
«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)
Dalla riforma della giustizia alla politica estera: sono molti i temi su cui premier e capo dello Stato dovranno confrontarsi nei prossimi mesi, malgrado le tensioni.
Come in una qualsiasi relazione, quando si insinua nella coppia lo spettro del tradimento, i rapporti si incrinano e non possono più tornare ad essere come erano prima. Lo tsunami che si è abbattuto sul Quirinale a seguito dello scoop della Verità, rischia di avere gravissime ripercussioni a lungo termine, sui legami tra governo e presidente della Repubblica. E anche se il Colle sminuisce la questione, definendola «ridicola», il consigliere per la Difesa del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, non solo conferma ma aggiunge particolari che mettono a dir poco in imbarazzo i soggetti coinvolti. E hai voglia a dire che quelle fossero solo battute tra amici. La pezza peggiore del buco.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.







