2021-11-12
Da 3 indizi una prova. Il Parlamento ormai non conta nulla sulla manovra
La discussione inizierà martedì con le commissioni congiunte. Da anni è prassi: il governo decide e l'Aula si spartisce briciole.Con 20 giorni di ritardo il testo definitivo della manovra si appresta (non prima di stasera) a sbarcare in Senato. I parlamentari avranno il week end e lunedì per studiarsi un po' la pratica. Dopo l'apertura della sessione di bilancio martedì, le commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento svolgeranno già da subito congiuntamente le audizioni di soggetti istituzionali, associazioni e categorie, a partire probabilmente da giovedì (anche se c'è chi non esclude un anticipo a mercoledì). La commissione Bilancio del Senato sceglierà i relatori e, concluse le audizioni, avvierà la discussione generale. I capigruppo ipotizzano di fissare il termine degli emendamenti intorno a lunedì 29 novembre. I tempi sono strettissimi nonostante si profili, anche quest'anno, una sorta di monocameralismo di fatto nell'esame del provvedimento. Tradotto, per il terzo anno di fila si arriva così in ritardo alla discussione in Aula che l'iter normale previsto dalla migliore Costituzione del mondo deve essere forzato. Non c'è il tempo necessario perché il testo venga vagliato sia dalla Camera sia dal Senato e ritorni alle commissioni per i rituali visti. Non è un caso che anche quest'anno sia stato fissato un budget (circa 500 milioni, l'anno scorso erano 800) per gestire l'inserimento degli emendamenti con le relative voci di spesa. Esattamente la stessa logica che ha portato il governo a creare un fondo da 8 miliardi da destinare al taglio delle tasse. L'esecutivo di Mario Draghi ha deciso di non scegliere. Ha fissato il recinto entro il quale i partiti e i rappresentanti parlamentari si possono muovere. Come dire, lì dentro fate ciò che volete. Nessuno tocchi la cassa al di fuori delle scelte prese a Palazzo Chigi e concordate con l'Europa. Il risultato è duplice. Così come avvenuto con la manovra di due anni fa e soprattutto per quella dei giallorossi e l'attuale, l'effetto è quello di rendere irrilevante la democrazia parlamentare e di relegare i partiti a un gruppo di affamati pronti a raccogliere le briciole. Dall'altro verso però si perde anche la visione democratica. La capacità di mettere a terra strategie e investimenti per il Paese. Chi ha deciso gli investimenti del Pnrr? Non certo i partiti né il Parlamento. Il voto è stato a scatola chiusa. Così si alimenta però il circolo vizioso. I partiti non generano statisti perché sono comitati elettorali. Al tempo stesso non toccando palla sono costretti a essere comitati elettorali permanenti. Per sopravvivere. A pagare sono tendenzialmente gli italiani. Un esempio su tutti, tornando al fisco, è la partita che si giocherà sugli 8 miliardi di tagli. Da un lato Pd, ma anche Fdi e 5 stelle vorrebbero usare tutto per il taglio del cuneo fiscale. La Lega ha fatto sapere di voler ampliare la flat tax a 100.000 euro (operazione molto complicata perché quella a 65.000 è stata già smontata lo scorso anno a favore di un ibrido molto simile al regime dei minimi) e di destinare più risorse alle pensioni di invalidità. La coperta resta cortissima e ciascuno pensa a favorire il proprio elettorato o ciò che ritiene tale. Il risultato certo è che non ci sarà alcuna riforma fiscale. Non ci sarà nel 2022. E forse nemmeno nel 2023. Basti ricordare che il premier che più si è speso contro il cuneo fiscale è stato Romano Prodi, il quale «investì» nell'intervento poco meno di 10 miliardi. Cifra importante ma che si dimostrò insufficiente a stimolare i consumi e a creare una misura efficace. Figuriamoci con 8 miliardi stiracchiati cosa potrà succedere. Un po' cuneo, un po' Irap e qualcosina sulle aliquote. Eppure quando Draghi si è insediato ha promesso alle Aule congiunte di avviare una vera riforma fiscale sul modello di quanto accaduto alla fine degli anni Cinquanta. Un impegno è un impegno e i parlamentari dovrebbero chiederne conto. Vedremo che succederà. Di certo c'è solo che il testo della manovra è aumentato a 219 articoli e dentro c'è un po' di tutto. Aggiustamenti ulteriori al reddito di cittadinanza e altri soldi per i contratti di espansione. Quasi nulla per le pensioni e limitazioni ai bonus edilizi. Manca la strada coraggiosa da intraprendere. Speriamo che le fibrillazioni del Colle passino presto e che ci si torni a occupare delle scelte importanti.