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2023-04-17
Il 2023 può essere l’anno in cui investire in un fondo pensione aperto
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Così, secondo una analisi di Bff Banking Group, i fondi negoziali (Fpn) hanno guadagnato il 2,1% e quelli aperti il 2,7%, trainati al rialzo dai comparti che puntano solo sull’azionario (+3,7% i negoziali e +4,4% gli aperti) e dai prodotti bilanciati azionari (rispettivamente +3,5% e +4,0% ), quelli che investono la maggior parte del portafoglio in azioni fino a un massimo del 90%.
La ripresa dei fondi pensione nel primo mese dell’anno è quindi avvenuta in modo ordinato, risultando crescente all’aumentare del profilo di rischio dei vari comparti, in linea con quanto osservato nel lungo periodo.
Allargando dunque l’orizzonte agli ultimi dieci anni, si osserva, infatti, che le performance dei fondi pensione (+2,7% i Fpn e +2,0% i Fpa) sono state trainate al rialzo dagli azionari (+6,2% i Fpn e +4,9% i Fpa) e frenate dai prodotti monetari (+0,2% i Fpn e -0,1% i Fpa).
«A un anno, il Tfr batte tutte le linee dei fondi pensione», spiega alla Verità Paola Ferrari, analista e ufficio studi di Consultique, società di consulenza indipendente. «Il Tfr si rivaluta in una misura fissa dell’1,50% più il 75% dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (senza tabacchi). I fondi pensione invece si rivalutano in base all’andamento della gestione finanziaria in cui si è scelto di aderire. L’alta inflazione dell’ultimo anno ha premiato sicuramente chi ha lasciato il Tfr in azienda», spiega. «Aumentando l’orizzonte di investimento, però, diversi fondi pensione hanno fatto meglio del Tfr, soprattutto se guardiamo a dieci anni. Un aspetto da considerare è che chi versa, oltre al Tfr, il contributo minimo volontario in un fondo pensione di categoria ha diritto al contributo datoriale, che incrementa l’accantonamento annuo e può anche compensare l’eventuale minor performance. È opportuno sottolineare, inoltre, che il Tfr versato nei fondi pensione è soggetto a una tassazione agevolata che varia da un massimo del 15% a un minimo del 9% (in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa). Invece il Tfr lasciato in azienda è soggetto al regime di tassazione separata: entrano in gioco quindi gli scaglioni Irpef che attualmente vanno dal 23% al 43% e la tassazione è calcolata considerando l’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quella in cui si percepisce il Tfr. Il vantaggio fiscale è quindi rilevante».
Insomma, il 2023 potrebbe essere proprio l’anno in cui investire in un fondo pensione per chi ha una intera carriera davanti a sé, circa 30 o 40 anni di lavoro in cui una forma previdenziale privata può fare la differenza.
L’Allianz Insieme Linea Azionaria, ad esempio, negli ultimi 10 anni ha reso oltre il 90%. Lo stesso vale per l’Anima Arti e Mestieri Crescita 25+ in crescita dell’89%. La lista, d’altronde, è lunga e nelle prime posizioni per rendimento dei prodotti a dieci anni ci sono solo fondi pensioni aperti azionari. Per vedere un prodotto bilanciato dobbiamo scendere in classifica e arrivare ad Arca Previdenza Alta Crescita Sostenibile, prodotto che in 120 mesi ha reso il 71%. Un ottimo risultato, ma più basso del 20% rispetto al miglior prodotto azionario.
Certo è che la gran parte dei fondi pensione in dieci anni è riuscita a battere la media di rivalutazione del Tfr, in crescita solo del 26,29% rispetto al 62,6% dei prodotti azionari, del 35,9% di quelli bilanciati. Solo i fondi pensione aperti obbligazionari hanno fatto peggio del Tfr con un rendimento medio che oscilla tra l’1,55% dei prodotti obbligazionari «puri» (quelli senza prodotti azionari, ndr) e il 7,7% di quelli «misti (che non prevedono un investimento azionario superiore al 30%)».
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Dopo un 2022 difficile, in cui il Tfr ha battuto l’andamento degli Fpa, l'anno nuovo è iniziato con tutta un’altra musica. I fondi aperti, quelli disponibili sul mercato a tutti i professionisti, hanno beneficiato dell’andamento positivo dei mercati - sia azionari che obbligazionari - dei segnali di rientro dell’inflazione e delle conseguenti aspettative per politiche monetarie più espansive.Così, secondo una analisi di Bff Banking Group, i fondi negoziali (Fpn) hanno guadagnato il 2,1% e quelli aperti il 2,7%, trainati al rialzo dai comparti che puntano solo sull’azionario (+3,7% i negoziali e +4,4% gli aperti) e dai prodotti bilanciati azionari (rispettivamente +3,5% e +4,0% ), quelli che investono la maggior parte del portafoglio in azioni fino a un massimo del 90%. La ripresa dei fondi pensione nel primo mese dell’anno è quindi avvenuta in modo ordinato, risultando crescente all’aumentare del profilo di rischio dei vari comparti, in linea con quanto osservato nel lungo periodo.Allargando dunque l’orizzonte agli ultimi dieci anni, si osserva, infatti, che le performance dei fondi pensione (+2,7% i Fpn e +2,0% i Fpa) sono state trainate al rialzo dagli azionari (+6,2% i Fpn e +4,9% i Fpa) e frenate dai prodotti monetari (+0,2% i Fpn e -0,1% i Fpa). «A un anno, il Tfr batte tutte le linee dei fondi pensione», spiega alla Verità Paola Ferrari, analista e ufficio studi di Consultique, società di consulenza indipendente. «Il Tfr si rivaluta in una misura fissa dell’1,50% più il 75% dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (senza tabacchi). I fondi pensione invece si rivalutano in base all’andamento della gestione finanziaria in cui si è scelto di aderire. L’alta inflazione dell’ultimo anno ha premiato sicuramente chi ha lasciato il Tfr in azienda», spiega. «Aumentando l’orizzonte di investimento, però, diversi fondi pensione hanno fatto meglio del Tfr, soprattutto se guardiamo a dieci anni. Un aspetto da considerare è che chi versa, oltre al Tfr, il contributo minimo volontario in un fondo pensione di categoria ha diritto al contributo datoriale, che incrementa l’accantonamento annuo e può anche compensare l’eventuale minor performance. È opportuno sottolineare, inoltre, che il Tfr versato nei fondi pensione è soggetto a una tassazione agevolata che varia da un massimo del 15% a un minimo del 9% (in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa). Invece il Tfr lasciato in azienda è soggetto al regime di tassazione separata: entrano in gioco quindi gli scaglioni Irpef che attualmente vanno dal 23% al 43% e la tassazione è calcolata considerando l’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quella in cui si percepisce il Tfr. Il vantaggio fiscale è quindi rilevante».Insomma, il 2023 potrebbe essere proprio l’anno in cui investire in un fondo pensione per chi ha una intera carriera davanti a sé, circa 30 o 40 anni di lavoro in cui una forma previdenziale privata può fare la differenza. L’Allianz Insieme Linea Azionaria, ad esempio, negli ultimi 10 anni ha reso oltre il 90%. Lo stesso vale per l’Anima Arti e Mestieri Crescita 25+ in crescita dell’89%. La lista, d’altronde, è lunga e nelle prime posizioni per rendimento dei prodotti a dieci anni ci sono solo fondi pensioni aperti azionari. Per vedere un prodotto bilanciato dobbiamo scendere in classifica e arrivare ad Arca Previdenza Alta Crescita Sostenibile, prodotto che in 120 mesi ha reso il 71%. Un ottimo risultato, ma più basso del 20% rispetto al miglior prodotto azionario. Certo è che la gran parte dei fondi pensione in dieci anni è riuscita a battere la media di rivalutazione del Tfr, in crescita solo del 26,29% rispetto al 62,6% dei prodotti azionari, del 35,9% di quelli bilanciati. Solo i fondi pensione aperti obbligazionari hanno fatto peggio del Tfr con un rendimento medio che oscilla tra l’1,55% dei prodotti obbligazionari «puri» (quelli senza prodotti azionari, ndr) e il 7,7% di quelli «misti (che non prevedono un investimento azionario superiore al 30%)».
Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri al photocall di MasterChef (Ansa)
Sono i fornelli sempre accesi, le prove sempre uguali, è l'alternarsi di casi umani e talenti ai Casting, l'ansia palpabile di chi, davanti alla triade stellata, non riesce più a proferire parola.
Sono le Mistery Box, i Pressure Test, la Caporetto di Iginio Massari, con i suoi tecnicismi di pasticceria. Sono, ancora, i grembiuli sporchi, le urla, le esterne e i livori fra brigate, la prosopopea di chi crede di meritare la vittoria a rendere MasterChef un appuntamento imperdibile. Tradizionale, per il modo silenzioso che ha di insinuarsi tra l'Immacolata e il Natale, addobbando i salotti come dovrebbe fare l'albero.
MasterChef è fra i pochissimi programmi televisivi cui il tempo non ha tolto, ma dato forza. E il merito, più che dei giudici, bravissimi - loro pure - a rendere vivo lo spettacolo, è della compagine autoriale. Gli autori sono il vanto dello show, perfetti nel bilanciare fra loro gli elementi della narrazione televisiva, come comanderebbe l'algoritmo di Boris. La retorica, che pur c'è, con l'attenzione alla sostenibilità e alla rappresentazione di tutte le minoranze, non ha fagocitato l'impianto scenico. L'imperativo di portare a casa la doggy bag sfuma, perché a prevalere è l'esito delle prove. Il battagliarsi di concorrenti scelti con precisione magistrale e perfetto cerchiobottismo. Ci sono, gli antipatici, quelli messi lì perché devono, perché il politicamente corretto lo impone. Ma, tutto sommato, si perdono, perché accanto hanno chi merita e chi, invece, riesce con la propria goffaggine a strappare una risata sincera. E, intanto, le puntate vanno, queste chiedendo più attenzione alla tradizione, indispensabile per una solida innovazione. Vanno, e poco importa somiglino alle passate. Sono nuovi i concorrenti, nuove le loro alleanze. Pare sempre sincero il divertimento di chi è chiamato a giudicarle, come sincero è il piacere di vedere altri affannarsi in un gesto che, per ciascuno di noi, è vitale e quotidiano, quello del cucinare.
Bene, male, pazienza. L'importante, come ci ha insegnato MasterChef, è farlo con amore e rispetto. E, pure, con un pizzico di arroganza in più, quella dovuta al fatto che la consuetudine televisiva ci abbia reso più istruiti, più pronti, più giudici anche noi del piatto altrui.
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Ecco #DimmiLaVerità del 12 dicembre 2025. Il nostro Alessandro Da Rold ci rivela gli ultimi sviluppi dell'inchiesta sull'urbanistica di Milano e i papabili per il dopo Sala.