2022-01-30
Dopo 16 morti la legge ignora i possibili mali procurati dal vaccino
Il direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini (Ansa)
Il ddl Sostegni stanzia solo 50 milioni di indennizzi per il 2022, «in assenza di dati su eventi avversi». Basta chiedere all’Aifa.La lucchese Irene Cervelli, 41 anni, era andata in coma e oggi non è più autosufficiente.Lo speciale contiene due articoli.Questo governo impone di fatto il vaccino anti Covid alla maggior parte della popolazione, ma ha la spudoratezza di affermare che non dispone di dati su possibili danni alla salute del cittadino che porge il braccio due, tre volte. Guarda caso, si dice «all’oscuro» quando in ballo ci sono quattro, miseri fondi stanziati per il risarcimento in seguito a danni permanenti o decessi. Per avere l’esatta idea dell’ipocrisia con la quale fingono di ignorare le almeno 16 morti, secondo l’Aifa correlate al farmaco anti Covid, basta scorrere la relazione tecnica al ddl Sostegni ter pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio. Nelle «Disposizioni in materia di vaccini anti Sars-CoV2 e misure per assicurare la continuità delle prestazioni connesse alla diagnostica molecolare», il decreto interviene modificando la legge del 25 febbraio 1992, sugli indennizzi per gli effetti avversi da vaccino, e all’articolo 1 aggiunge il nuovo comma 1 bis in base al quale l’indennizzo viene accordato «anche a coloro che abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, a causa della vaccinazione anti Sars-CoV2 raccomandata dall’autorità sanitaria». A parte la spudoratezza di definire «raccomandata» una campagna vaccinale con super carte verdi che tolgono diritti costituzionali e spazi vitali sacrosanti per chi non si immunizza, ammonta a 50 milioni di euro per quest’anno, e a 100 milioni di euro dal 2023, la grande cifra stanziata per il ristoro di chi si è fidato dello Stato ed è morto, o non è più in salute. Briciole vergognose, che mai riuscirebbero a ristorare danni permanenti di tanti cittadini, se solo riuscissero a ottenere supporto legale e tutela indennitaria. Ma il peggio deve venire. Nella citata relazione tecnica, la pochezza dei fondi messi a disposizione è così motivata: «Tenuto conto che allo stato non si dispone di alcun dato in ordine a possibili danni permanenti alla salute derivanti con certezza dalla somministrazione di tale vaccinazione, la disposizione cautelativamente valuta un onere di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023». Il governo, dunque, obbliga al vaccino anti Covid personale sanitario, insegnanti, forze dell’ordine e, tra due giorni, tutti gli over 50, ma non ha idea se il farmaco possa fare male, molto male, creando reazioni avverse anche gravissime. Bontà sua stanzia una miseria oltraggiosa destinata all’indennizzo di tutti quelli che si sono sottoposti all’immunizzazione, però si finge non al corrente dei danni che tali vaccini possono provocare. Bastava solo che il ministero della Salute aggiungesse in una nota che in Italia non funziona la farmacovigilanza attiva, che l’Aifa da quattro mesi non fornisce dati su eventi avversi e morti da vaccino anti Covid, per rendere più grottesca la motivazione. Quest’anno l’Italia spenderà almeno altri 1,5 miliardi di euro in vaccini contro il coronavirus, senza sapere quali rischi sta correndo la popolazione? Fossero anche solo 16 i decessi correlabili al vaccino, come stabilì l’Aifa nel lontano settembre scorso, già queste morti avrebbero dovuto squarciare il buio, illuminare l’ignoranza di dati in cui sostiene di muoversi il ministro della Salute, Roberto Speranza. Pensiamo a quel 14,4% di segnalazioni definite «gravi» ma nulla più, e al 29% che «risulta non ancora guarito al momento della segnalazione», come riportava l’Agenzia italiana del farmaco in un report oggi inutile, eppure significativo della trascuratezza con cui vengono considerati e trattati gli eventi avversi. Uno Stato serio, anche se dispone di una farmacovigilanza ridicola, mette insieme un dossier sui casi da post vaccinazione che non si sono limitati a dolore al braccio o a qualche linea di febbre. Invece naviga a vista, tra super green pass e obblighi che non corrispondono all’emergenza sanitaria, mentendo pure sulla gravità e complessità dei possibili danni. Già è vergognosamente lungo, sofferto e costoso per il cittadino vedersi riconosciuto il diritto all’indennizzo, attraverso estenuanti accertamenti che la menomazione irreversibile sia stata causata dalla vaccinazione. Lo Stato deve farsi carico delle eventuali conseguenze negative del vaccino sull’integrità psicofisica di chi presta il braccio o viene obbligato a farlo, e non può fingere di non sapere come questi farmaci possono mettere a rischio la salute. Anche dei bambini, con trial che non termineranno prima del luglio 2024.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/16-morti-legge-mali-vaccino-2656510142.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ictus-e-lesioni-permanenti-post-az-la-famiglia-denuncia-e-vuole-giustizia" data-post-id="2656510142" data-published-at="1643515946" data-use-pagination="False"> «Ictus e lesioni permanenti post Az». La famiglia denuncia e vuole giustizia Si chiama Irene Cervelli la quarantunenne di Lucca che, lo scorso 3 giugno, è stata colpita da un ictus otto giorni dopo la somministrazione del vaccino Astrazeneca. Ieri, a quasi otto mesi di distanza, la famiglia Cervelli, assistita dai legali Giovanni Mandoli e Federico Corti, ha presentato in Procura una querela contro ignoti per lesioni personali colpose. Era il maggio scorso, infatti, quando la giovane donna si presenta a uno dei tanti open day vaccinali organizzati dalla Regione Toscana per anticipare la vaccinazione e andare in vacanza più tranquilla, nonostante avesse già una prenotazione per il vaccino Pfizer. È in quell’occasione che le viene inoculato Astrazeneca, dopo aver firmato il consenso. «Irene non temeva nessun tipo di siero, ma anzi sosteneva la campagna vaccinale contro il Covid, come per ogni altra vaccinazione, e non ha mai avuto alcuna reazione avversa a nessun vaccino», raccontava il fratello, Francesco Cervelli, subito dopo l’accaduto ai giornali della città. La donna infatti - come sostengono anche i legali - non soffriva di nessuna patologia pregressa. Anzi, subito dopo l’iniezione, non ha avuto nessun tipo di reazione se non la classica stanchezza e dolore alle ossa, tanto che ha continuato la sua vita normale per quei pochi giorni che la dividevano dal tragico evento. Il 3 giugno, esattamente otto giorni dopo il vaccino, tutto cambia: Irene, dopo aver parcheggiato la macchina sotto la sua abitazione - nella periferia lucchese - salendo le scale crolla a terra. Trasportata subito all’ospedale San Luca di Lucca viene immediatamente trasferita nel nosocomio pisano di Cisanello, dopo l’attestazione dei medici e del personale sanitario che il malore era stato causato da un ictus. La donna in quei giorni subirà due lunghi interventi, dai quali uscirà in coma. «Oggi Irene è sveglia ma purtroppo riporta danni neurologici permanenti e non è autosufficiente», racconta l’avvocato Corti, «È questo il motivo per cui la famiglia ha deciso di sporgere denuncia». La cartella clinica è infatti ora nelle mani della Procura di Lucca che deciderà se portare avanti la cosa attraverso i necessari approfondimenti, o archiviarla. Inevitabile il pensiero e l’ipotesi che l’ictus di Irene e le invalidanti conseguenze possano essere ricondotte alla somministrazione di Astrazeneca e la famiglia della donna lucchese oggi pretende la verità. «Nella cartella clinica rilasciata dall’ospedale c’è la diagnosi di trombocitopenia, trombosi immunitaria indotta da vaccino, cosiddetta Vitt. Chiederemo ad Aifa di certificare la correlazione», spiega l’avvocato Mandoli, come riporta Repubblica. «Non intendiamo dare la colpa a nessuno», prosegue il professionista Corti, «né ai medici né, tantomeno, alla Regione Toscana, che in quel periodo ha avviato campagne vaccinali somministrando Astrazeneca nonostante si fossero verificati casi simili a quello dell’assistita. Non diamo colpe perché non è il nostro mestiere. Abbiamo depositato alla Procura una denuncia contro ignoti in modo che chi di dovere possa analizzare la situazione, nella speranza che un medico legale riprenda in mano quella cartella clinica». In effetti il caso di Irene Cervelli non è il solo, purtroppo: in quel periodo i casi di morte o di danni importanti a seguito della somministrazione di Astrazeneca si erano già presentati. Un esempio quello della giovanissima Camilla Canepa, deceduta a 18 anni dopo il vaccino anglosvedese. Un’altra storia che porta con sé il giallo del perché i sanitari - in quel caso dell’Ospedale di Lavagna - non abbiano inserito nella cartella clinica, a seguito del decesso, l’informazione che la ragazza pochi giorni prima si era vaccinata. «Non possiamo affermarlo con certezza», prosegue Corti, «ma possiamo asserire che la correlazione tra Astrazeneca e i danni riportati da Irene Cervelli c’è e che è molto probabile che il vaccino sia stata la causa scatenante. Questo dovrà pronunciarlo ufficialmente, in caso la Procura decida di non archiviare il caso, il professionista incaricato. Per quanto riguarda la responsabilità, non sta a me dire a chi può essere imputata. Il medico vaccinatore, nel momento in cui segue il protocollo non è perseguibile penalmente e Irene Cervelli aveva firmato il consenso. Anche in questo caso sarà la giustizia a dare risposte», conclude il legale. Le cartelle cliniche parlano chiaro e i legali - per ora - non si sbilanciano: che la giustizia faccia il suo corso, se non altro per dare una risposta a Irene, che da un giorno all’altro si è trovata catapultata in una vita non sua, senza nessuna spiegazione.
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