Un lettore scrive alla Verità: «Ero presente sul vagone, quando si è sentito l'annuncio sui nomadi i passeggeri non hanno protestato, anzi sono volati complimenti». Intanto Raffaele Ariano, l'uomo che ha denunciato la capotreno, attacca il governo. Se Roberto Saviano è in vacanza, abbiamo trovato - in mancanza di meglio - un aspirante sostituto, un tirocinante, un apprendista in prova. Del resto, è agosto: e i giornaloni si accontentano di quel che trovano. Si tratta di Raffaele Ariano, aspirante ricercatore al San Raffaele già blogger all'Unità, che dev'essersi affezionato al ruolo di vice Saviano, da Grande Moralizzatore Antirazzista, che le circostanze (e un'insopprimibile smania di denuncia) gli hanno cucito addosso. Così, non pago di aver scatenato il caso che ha messo nel mirino la capotreno di Trenord (colpevole, come abbiamo raccontato ieri sulla Verità, di aver ceduto all'esasperazione e di aver usato termini sbagliati parlando all'altoparlante di bordo), ora Ariano si gode il quarto d'ora di celebrità, rilascia interviste, dispensa indignazione («Non potevo stare zitto», ha spiegato al Corriere della Sera), e soprattutto fa la vittima, leggendo i commenti non proprio elogiativi che ha ricevuto dopo il suo post su Facebook. Secondo un copione tipico di certa sinistra, ostenta superiorità morale e intellettuale: «Io non ce l'ho con la capotreno… Il problema sono quei commenti… Ma non mi sorprendono, visto il clima. Sono le persone che hanno mandato al governo Salvini». E qui il cerchio si chiude: la democrazia è bella soltanto se vincono i tuoi amici: se invece vincono gli avversari, vuol dire che il popolo fa schifo, par di capire. Comunque, le ultime giornate di Ariano sono state dure. Finite le interviste con i quotidiani, sono iniziate quelle con le radio, a partire da Radio Popolare, storica voce della sinistra. Lì il vice Saviano si è scatenato: «Questi insulti che mischiano razzismo e minacce personali sono una chiara espressione del clima d'odio e d'intolleranza e di violenza a cui assistiamo quotidianamente, sia tramite i social network sia a causa del modo in cui Lega e M5s hanno impostato la loro comunicazione politica». E poi il dito puntato contro Salvini: «Lui ha già detto che non gli interessa, ma forse gli interesseranno le minacce che un cittadino italiano, cioè il sottoscritto, sta ricevendo da centinaia di persone oggi. Minacce che, sono certo, provengono dagli elettori del suo partito e anche dai 5 stelle». Quindi, trovati sia i colpevoli sia i mandanti. Ariano soffre e s'offre (come martire): Salvini «sappia che la mia bacheca rimarrà aperta, quel post continuerà ad essere visibile: tutte le persone che stanno scrivendo in questo momento saranno lì a testimonianza del fatto che in mano a Salvini e a questa classe politica il Paese sta diventando questo». Ma chissà se le cose sono andate proprio così (o solo così) sul Regionale 2653 Milano-Cremona-Mantova. Ieri ha scritto alla Verità un altro viaggiatore che stava su quel treno, il signor Giacomo Contini, che ha offerto una versione non proprio convergente con quella di Ariano. Scrive Contini: «Ero sul treno quando si è sentita una voce che diceva che i rom hanno rotto...», e a quel punto «c'è stato uno scroscio di applausi». Prosegue il lettore: «È ora di dire basta: strumentalizzare ogni cosa per delegittimare Salvini. Rom che girano da una carrozza all'altra senza pagare il biglietto disturbando i passeggeri che lo pagano: ignobile, ma più ignobile è chi li vuole difendere». E infine: «La gente non ne può più: se quel funzionario verrà anche solo ammonito, organizzate una manifestazione. Se continua così, fra un po' il controllore dovrà documentarsi e informarsi su quelli a cui sta chiedendo il biglietto per non rischiare di essere tacciato di razzismo e perdere il posto». Abbiamo largamente citato la lettera del signor Contini non solo perché offre informazioni utili (a quanto pare l'indignazione del vice Saviano non era così condivisa…), ma soprattutto perché mostra in modo esemplare una distanza tra alcuni osservatori e la vita reale. Per i grandi media, per molti commentatori, ogni giorno c'è un motivo di sdegno, uno «choc», un oltraggio, roba da titoloni. Ma le nostre (iper) sensibili élite dimenticano un punto essenziale: non è affatto detto che ciò che offende loro sia scandaloso anche per la gente comune, anzi. Ovviamente, non è neppure detto che la gente comune abbia sempre ragione: ma ha certamente torto chi non capisce, chi si ostina a non ascoltare, quegli intellettuali che sembrano solo pronti a giudicare, a dare pagelle morali, in ultima analisi a disprezzare il popolo. C'è una schizofrenia perfino rispetto ai numeri, ai dati: da tempo i giornali riportano statistiche inquietanti su reati e aggressioni sui mezzi pubblici, in primo luogo ai danni di bigliettai e controllori (ieri, ad esempio, la cronaca di Roma del Messaggero si apriva proprio con il titolo: «Aggressioni raddoppiate sui bus»). Poi, però, se si verifica un «fallo di reazione», se una dipendente (sbagliando, beninteso) si fa prendere dall'esasperazione, scattano commenti moralistici che sembrano dimenticare il contesto che ha prodotto quell'episodio. Doppio standard e anche tanta ipocrisia. Svelata da un'osservazione fulminante, fatta al Qn, dal sociologo Luca Ricolfi, che chiude il dibattito: «Prenda mille Vip progressisti e controlli quanti di loro hanno assunto o assumerebbero una colf rom...». Gioco, partita, incontro.
Beppe Sala (Imagoeconomica)
L’affare va chiuso entro il 10. Diffida ai notai: bene inalienabile. Emerge un altro creditore delle società che controllano il Milan.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
- Attivisti civili e membri dell’opposizione contro il leader ucraino: «Mette a tacere i critici accusandoli di lavorare per i russi». Un processo autoritario per non avere concorrenti alle prossime elezioni. Purghe «gratuite» anche nel settore energetico.
- L’intelligence festeggia. Mosca colpisce le reti elettriche e si avvicina a uno snodo chiave.






