2022-09-14
Ponte Morandi. «No ai risarcimenti alle vittime del ponte». Ok dei pm
La società vuole sfilarsi: «La nostra citazione in giudizio è nulla». Così risponderebbero solo i singoli manager. L’accusa è d’accordo purché si faccia in fretta: c’è il rischio prescrizione. Il giudice decide lunedì.Autostrade per l’Italia e Spea, la sua controllata che si occupava delle manutenzioni, hanno chiesto di essere escluse come responsabili civili dal processo per il crollo del ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 ha causato 43 morti, sostenendo che la loro citazione sia nulla. Dopo il patteggiamento con un pagamento di circa 30 milioni (ovvero circa 674.000 euro a vittima), le due società tentano di uscire definitivamente di scena, con l’esclusione dai risarcimenti dei danneggiati in caso di condanna. E se i pubblici ministeri della Procura di Genova, Massimo Terrile e Walter Cotugno, si sono detti a favore, i legali delle parti civili si sono opposti. Saranno ora i giudici del tribunale a decidere se lasciare dentro le due società, alle quali i pm contestavano la responsabilità amministrativa, ai sensi del decreto legislativo 231, oppure se lasciare il cerino acceso nelle mani degli imputati. La decisione è attesa per lunedì. A processo ci sono 59 persone tra ex dirigenti e tecnici di Autostrade e Spea (compresi gli ex top manager della concessionaria dei Benetton, a partire dall’allora amministratore delegato Giovanni Castellucci), ex ed attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato delle opere pubbliche della Liguria. Secondo l’accusa, nonostante le condizioni del ponte fossero note, per risparmiare non sarebbero state fatte le manutenzioni. Ed ecco le accuse (a vario titolo): omicidio colposo plurimo, crollo colposo, omicidio stradale, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro.Al momento le parti civili sono formate da due nuclei di familiari, perché la maggior parte dei parenti delle 43 vittime ha accettato il risarcimento di Autostrade e, quindi, non si è costituita. Ma ci sono anche richieste avanzate da associazioni, aziende, sfollati e da persone che hanno subito ferite e lesioni (in udienza preliminare il giudice ne aveva ammesse oltre 300 e altrettante hanno avanzato richiesta all’inizio del processo, arrivando a circa 700). Su alcune di queste, peraltro, i giudici non si sono ancora espressi. La richiesta di Aspi e Spea poggia su questo elemento: durante gli incidenti probatori le società erano presenti come società indagate, ma non erano formalmente indicate come possibili responsabili civili.i testimoniA livello di procedura è sembrato d’accordo anche il pm Terrile, che in udienza ha spiegato: «Quello che interessa all’accusa è chiudere questo processo. L’interesse primario è provare la responsabilità penale degli imputati e non accertare e liquidare i danni ai danneggiati i cui diritti non vengono pregiudicati ma posticipati ad altra sede». Da qui la richiesta di sfoltire il numero delle parti civili e degli oltre 1.200 testimoni citati.«Un processo con 1.228 testimoni che porterebbe a un potenziale di 155.000 tra esami e controesami è un processo che non si può fare e non avrà mai fine», ha affermato il magistrato, che ha aggiunto: «La lista testi della procura conta 177 persone, quelle dei 59 imputati oltre 387 e quelle delle parti civili oltre 664. Con questi numeri il processo non avrà fine diversa da quella dell’estinzione dei reati».L’incubo prescrizione per i reati minori incombe. E su questo anche le parti civili sono d’accordo. «L’eventuale esclusione della responsabilità civile di Aspi e Spea dal processo non ci fa ovviamente piacere. Ma capiamo le motivazioni tecniche processuali. Quel che davvero ci preoccupa è l’abnorme numero di parti coinvolte che allungherebbe in maniera inaccettabile i tempi», ha spiegato Egle Possetti, portavoce del comitato dei parenti delle vittime. Anche la loro richiesta è sub judice, dopo una prima bocciatura all’udienza preliminare (il comitato aveva chiesto di costituirsi già prima della richiesta di rinvio a giudizio e per questo era stato escluso).Aspi e Spea hanno chiesto il patteggiamento anche nell’inchiesta bis dei pm di Genova, ovvero quella che ha unificato tre distinte indagini e che è nata proprio dalle investigazioni sul crollo del ponte Morandi. Gli indagati, a vario titolo, per falso, frode, tentata truffa, attentato alla sicurezza dei trasporti e crollo colposo, sono 56 (Castellucci è coinvolto anche in questo troncone). È il procedimento per i falsi report sui viadotti, sulle gallerie e sui pannelli fonoassorbenti a rischio crollo. Aspi avrebbe messo sul piatto 640.000 euro e Spea 490.000. E con 1.130.000 euro le due Spa chiuderebbero così definitivamente la partita con la Procura. L’udienza sul patteggiamento è fissata per il 26 settembre. In quella sede, in camera di consiglio davanti al gip Matteo Buffoni, i pm Stefano Puppo e Walter Cotugno dovranno mettere nero su bianco quanto finora concordato con i difensori di Aspi e di Spea.La Procura, al di là della cifra, anche in questo caso vede di buon occhio la proposta, che stando alle valutazioni dell’ufficio inquirente, aggraverebbe le posizioni degli indagati e confermerebbe l’impianto accusatorio. Il procuratore facente funzioni Francesco Pinto aveva valutato con queste parole la richiesta di patteggiamento: «La nostra contropartita è il riconoscimento della fondatezza delle ipotesi accusatorie, lo stesso tipo di incuria manifestata in maniera più palese sul Ponte Morandi».In questo caso, il principio della «continuazione tra i reati» avrebbe portato a un abbattimento della pena a 1.130.000 euro. La verità è che portare in aula Aspi e Spea come responsabili civili, visto che hanno già patteggiato per la parte penale, sarebbe l’unica possibilità per averle ancora dentro al processo. Secondo le parti civili questo avrebbe un valore simbolico fortissimo. Il patteggiamento era necessario per permettere ad Atlantia di chiudere la trattativa per la cessione di Aspi a Cassa depositi e prestiti, tanto è vero che dopo il patteggiamento la Corte dei conti ha dato il via libera all’accordo su cui aveva espresso delle riserve in ragione dell’imputazione e della presenza di Aspi dentro al processo penale. Per cui è stato dato il via libera a un patteggiamento che non comprendeva il risarcimento delle partivi civili. In quell’accordo era considerato solo il risarcimento di gran parte dei morti (tutte la famiglie si sono accordate meno i Possetti) e degli sfollati (indennizzati, ma non completamente risarciti) e un accordo con gli enti locali liguri ancora sub judice. Ma, come detto, restano in ballo tutte le persone che hanno subito dei danni. Il caso tipico è quello dei negozianti dei quartieri di Certosa o Sampierdarena che hanno perso fatturato perché i detriti sono finiti sulla strada impedendo per settimane l’afflusso dei clienti. Il nostro codice prevede che possano prendere parte al processo penale sia le persone offese su cui cade direttamente l’effetto del reato, ma anche i danneggiati che sono una seconda categoria che si può costituire parte civile. I danneggiati, che nel nostro caso sono circa 700, non sono stati risarciti, anche se la Procura ha dato comunque il consenso al patteggiamento di Spea e Aspi. Adesso gli stessi pubblici ministeri hanno pure dato parere favorevole alla loro esclusione dal processo. Una notizia che le parti civili non hanno preso bene. Potranno i danneggiati rivalersi in sede civile? Il commerciante di Certosa che ha magari ha una perdita di fatturato di 30.000 euro e se gli è andata bene ne ha recuperati 15.000 dallo Stato, farà una causa civile assumendosi i rischi di avere contro Aspi e sopporterà i costi con il rischio di soccombenza? Con l’esclusione Aspi e Spea potrebbero risparmiare milioni di euro.Ma adesso vediamo meglio con quale scusa le due società stiano provando a essere escluse dal procedimento.Hanno chiesto in dibattimento ciò che avevano chiesto senza successo in udienza preliminare. incidente probatorioOltre alla questione dell’incidente probatorio, hanno sollevato anche quelle delle mancate o ritardate notifiche delle citazioni a responsabile civile. In realtà le due società hanno preso cognizione dell’atto in sede di udienza preliminare. Infine gli avvocati hanno usato un argomento molto tecnico, contestando la validità di alcune procure rilasciate dalle parti civili ai difensori. Secondo i legali delle società alcuni danneggiati avrebbero dato mandato a propri legali di costituirsi parte civile contro gli imputatati (i dipendenti), ma non di citare il responsabile civile (ovvero il datore di lavoro). Adesso bisognerà capire se il Tribunale rigetterà tali questioni.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
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