2025-03-02
Adesso l’attore si arrenda almeno alla realtà
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Ieri mattina, leggendo titoli e articoli dedicati alla lite fra Zelensky e Trump, ho avuto la sensazione di aver visto la sera prima un altro film. Secondo i più importanti quotidiani italiani, il presidente ucraino era stato vittima di un agguato.Per l’occasione i giornali hanno sfoderato una serie di metafore. C’è chi ha parlato di schiaffo, chi di ricatto, altri addirittura di esecuzione. In pratica, l’eroe di Kievsarebbe stato fatto cadere in un tranello e messo in trappola dal gatto e la volpe, ovvero da Trump e dal suo vice, J.D. Vance. Peccato che le cose non siano andate così e a provocare l’incidente, al contrario di ciò che hanno scritto molti, non sia stato il vicepresidente degli Stati Uniti, ma lo stesso Zelensky. Nelle pagine interne troverete la ricostruzione puntuale dei fatti e le frasi pronunciate dai protagonisti di quello che è stato un vero e proprio match in diretta tv. A differenza di ciò che si vuole far credere (e vedere), la conferenza stampa non si è limitata a quei sette-otto minuti di battibecco fra Zelensky, Trump e Vance, ma c’è stato un prima, in cui tra i protagonisti non c’era affatto il clima da trappola evocato dalla stampa nazionale. Nessun tranello: ma quale esecuzione? Tutto sembrava apparecchiato per parlare della necessità di un’intesa per porre fine a una guerra in corso da tre anni. Ma mentre il vicepresidente americano parlava del percorso da seguire, dicendo che la strada delle armi non aveva portato nulla di buono e dunque si imponeva l’ora della diplomazia, Zelensky lo ha interrotto, chiedendogli con un tono piuttosto sgradevole: «Di che diplomazia stai parlando, J.D.?», quasi fossimo in un talk show di prima serata. Riportando indietro le lancette di sei anni, il presidente ucraino ha ricordato che lui di accordo con Putin ne aveva già fatto uno nel 2019, ma il leader russo poi si era guardato bene dal rispettarlo e né l’America né l’Europa erano state in grado di costringerlo ad attenersi ai patti. Insomma, colpa degli Stati Uniti e dei suoi alleati se ci troviamo con un conflitto sulla porta di casa, perché si sono fatti infinocchiare da quel gran mascalzone del presidente russo. Qualunque diplomatico con un minimo di esperienza sa che se vuole raggiungere un accordo non si può sedere e annunciare in mondovisione che il suo avversario è un truffatore ed è meglio non fidarsi di lui, perché altrimenti l’intesa va a rotoli. Se poi ci si mette a litigare davanti ai giornalisti con chi sta tentando una mediazione, appare ovvio che la possibilità di fare pace si riduca al lumicino. Dunque, a meno di considerare Zelensky un ingenuo, un sempliciotto sprovveduto, quando si è seduto nello Studio ovale con Trump, Vance, i diplomatici e i giornalisti, il presidente ucraino non aveva alcuna intenzione di firmare un’intesa, ma semmai intendeva far saltare il banco.Probabilmente la mediazione degli Stati Uniti era una medicina troppo amara per essere bevuta, non so se per il suo ego o per la sua patria. Sta di fatto che Zelensky avrebbe potuto chiedere un rinvio della conferenza stampa, cercando più tempo, rifiutando di presentarsi davanti alle telecamere. Invece ha scelto di partecipare e mentre Vance annunciava un ricorso alla diplomazia per far tacere le armi, ecco il leader ucraino uscire con quella che è parsa una provocazione per spedire tutto a gambe all’aria, mandando al diavolo il vicepresidente. Le immagini in cui si vede l’ambasciatrice di Kiev coprirsi il volto, come di fronte a un imminente disastro, valgono più di ogni commento.Ma perché Zelensky ha fatto deragliare un tentativo di tregua che avrebbe potuto far tacere le armi in poche settimane? Dicono sia per orgoglio, perché riteneva che il compromesso fosse al ribasso. Sarà, ma le perplessità avrebbe potuto ribadirle a telecamere spente. Perché dunque quell’intervento a gamba tesa in mondo visione? Non sono uno psicologo, ma forse alla Casa Bianca è venuta fuori la sua indole di attore. Altro che comico fallito, a Trump che lo aveva accolto scherzando sul suo abbigliamento Zelensky ha risposto facendo saltare il tavolo che il presidente Usa aveva apparecchiato. Davanti alle telecamere è prevalso il suo ego, invece che l’interesse del Paese. I giornali sono pieni di elogi che lo paragonano a Davide contro Golia. Qualcuno si spinge addirittura ad accostarlo a Leonida che alle Termopili con 300 spartani provò a fermare l’armata persiana. Ma se, come a testate quasi unificate scrive la stampa italiana, Zelensky ha dato una lezione a Trump, ora che si fa? Se davvero gli Stati Uniti decideranno di staccare la spina alle forniture militari e di intelligence, che cosa succederà in Ucraina? Sappiamo tutti che le parole di sostegno dell’Europa non bastano a fermare le truppe russe. Se le chiacchiere dei leader della Ue fossero pallottole Kiev avrebbe già vinto la guerra, ma purtroppo oltre al sostegno verbale le capitali europee altro non sanno fare. Dunque? Qual è la soluzione. Dal nostro punto di vista esistono solo due possibilità: o Zelensky si arrende ai russi, consegnando a Putin un popolo decimato dalla guerra, o si arrende alla realtà e si rimangia le frasi pronunciate nello Studio ovale. In entrambi i casi, a differenza di ciò che gli hanno fatto credere gli opinionisti e i leader occidentali, la sua carriera è finita. Ha portato il suo Paese in un vicolo cieco e se lo vuole salvare deve ammettere la sconfitta: militare e personale.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.