2022-02-07
Vogliono voltare pagina lasciando un pezzo d’Italia fuori dalla porta
I media strombazzano il «ritorno alla normalità», però chi è senza pass non può lavorare né godersi la vita. Ignorare questa gente è criminale.Hanno tolto loro diritti e servizi in modo arbitrario. Sono diventati capri espiatori senza alcun fondamento scientifico. Vengono dileggiati, mostrificati o ignorati dall'opinione pubblica. Di fatto, sono milioni gli "invisibili" che, a prescindere dalla bontà o meno delle loro ragioni, vengono privati del lavoro e non solo in virtù di provvedimenti spericolati e quasi unici nelle democrazie occidentali. Vogliamo raccontare - anche - le loro storie. Scriveteci a invisibili@laverita.info Sorprende ogni volta la facilità con cui a tutto ci si abitua. Da qualche giorno, i tg non sono più una tempesta di dati spaventosi, i quotidiani sembrano aver scoperto l’esistenza di un mondo che non contempla la pandemia, il pubblico televisivo si è in gran parte concentrato sull’ascolto dei brani di Sanremo. Che ci sia voglia di evadere, intendiamoci, è perfettamente normale e pure sano: praticamente tutto il globo ha iniziato a lasciarsi alle spalle le torture del covid, e dovremmo farlo anche noi. Il punto è che qui l’ossessione sanitaria non è scomparsa, anzi continua ad agire più pressante che mai. Semplicemente però - come ciclicamente avvenuto nel corso degli ultimi due anni - non se ne parla più. E quando se ne parla è per dire che siamo liberi, che la guerra è terminata. Sarebbe pure una piacevole finzione, se non fosse che mimare la libertà, in questi giorni, significa comportarsi come se una parte della popolazione non ci fosse: dopo averla espulsa dalla società, la eliminiamo anche dai pensieri. Estremamente emblematico di tale atteggiamento è l’articolo di Walter Veltroni pubblicato ieri dal Corriere della Sera. Commentando l’esito di Sanremo, l’ex segretario del Partito democratico si è rallegrato per il fatto che il festival non è più un «mondo a parte» o, appunto, una «grande evasione». Secondo Veltroni, l’Ariston ha finalmente accettato di farsi contaminare dalla realtà. «Ogni tensione civile irrompe su quel palco, un tempo sacro come un inviolabile altare e parla di sé», scrive Walter. «È successo, in questi giorni, con il razzismo, la necessità della lotta alla mafia, la disabilità, la libertà di mostrare le proprie scelte sessuali».In parte è vero: ormai il festival di Sanremo - come, del resto, la stragrande maggioranza dei programmi televisivi - è una sfilata di quote, di minoranze più o meno lamentose e aggressive che pretendono visibilità, riconoscimento e «diritti». L’errore grave sta nel ritenere che tali minoranze siano espressione della realtà. Non che non esistano, sia chiaro. Ma sono soltanto una parte del «mondo esterno», quella più visibile. Sono la fetta di verità che il pensiero prevalente intende mostrare, quella che gode di maggior sostegno politico. L’Italia, oggi, è percorsa da «tensioni civili» dilanianti, da scariche elettriche di malessere e disagio. Ci sono migliaia e migliaia di persone che di fatto non possono lavorare perché prive di green pass. Non possono salire sul bus, entrare al bar, prendere un caffè, comprarsi un paio di mutande o ritirare la pensione senza prima esibire la carta verde di cui non sono in possesso. Qualcuno ha forse fatto cenno a tutto ciò a Sanremo? Ah, sì: Fiorello ha sfiorato il tema, facendosi beffe dei no vax. Per il resto, silenzio. Questa fetta di realtà - fatta di uomini, donne e ora anche bambini - è invisibile, e nessuno la racconta. Peggio: c’è addirittura qualcuno pronto a sostenere che sia giusto così, che il «corpo estraneo» meriti di essere inciso e rimosso come un tumore. Michele Serra, per dire, sostiene che «il vero succo dello spirito no vax» sia la cocciuta opposizione al legittimo potere dello Stato. Egli ritiene che questo succo sia individualistico, egoistico e dunque «di destra» (egli vi si oppone rivendicando il suo essere «di sinistra» e quindi «statalista»). Serra ha una parte di ragione quando spiega che quella compiuta dallo Stato è «la sola mediazione accettabile tra volontà differenti, etiche differenti», ma dimentica un paio di dettagli. Il primo è che una buona parte dei no vax (quella sotto i 50 anni) non viola alcuna legge sottraendosi alla puntura. Il secondo è che oggi non viviamo in uno Stato organico o in uno Stato etico, e non siamo usi a espellere le minoranze che non si adeguano. Al contrario, queste minoranze ottengono visibilità e peso crescenti. E allora come mai la minoranza non vaccinata è così osteggiata, attaccata e vessata? Come mai nessuno le dà voce? Forse perché tutti sono «fedeli alla linea» e agiscono per il bene dello Stato come il nostro Michail Serrovic, generale dell’Armata rossa? Macché: oggi si infierisce sui no vax per via di un antico vizio italico chiamato conformismo. Un tratto caratteriale che, scriveva Gillo Dorfles, è «di per sé pernicioso, perché significa non avere un proprio giudizio e divenire succubi dell’opinione pubblica», e «costituisce quasi sempre la morte della propria identità cogitativa». Oggi è il conformismo a guidarci. Di fronte alla discriminazione i più tacciono per disinteresse, e paura, non per altro. I media sia adeguano per convenienza, non per fedeltà alle istituzioni. La segregazione attuale nasce dall’egoismo, che è l’esatto contrario del legame comunitario di cui lo Stato dovrebbe farsi garante. Dar voce agli invisibili non significa fomentare gli egoismi, ma contribuire a far tornare l’Italia una nazione. E quando le restrizioni cesseranno, chissà, magari ridiventerà pure una nazione decente.