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2023-04-19
Vittore Carpaccio, la sua arte in mostra a Palazzo Ducale di Venezia
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Chi ha visitato la Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone - meglio nota come Scuola di San Giorgio degli Schiavoni - nel sestiere veneziano di Castello, ha già un’idea di chi sia Vittore Carpaccio (1465-1525/26), visto che i suoi celebri teleri (ossia quelle grandi opere su tela che a Venezia, per evitare i danni dell’umidità, sostituivano gli affreschi) ne occupano tutta la sala terrena: le storie rappresentate sono storie sacre, episodi della vita dei Santi Giorgio, Girolamo e Trifone, la Preghiera nell’orto degli ulivi e la Visione di Sant’Agostino e l’effetto sul visitatore è da «Sindrome di Stendhal», tale è la potenza e la forza che emana da queste opere dai colori accesi, dove il reale si fonde al fantastico, l’elemento veneziano a quello esotico, il gusto minuzioso per il particolare («alla maniera» dei fiamminghi) trova posto nell’universale. Lo stile del Carpaccio, che purtroppo non godette della fama «internazionale» di molti artisti a lui contemporanei, è uno stile unico e originale, immediatamente riconoscibile, uno stile raffinato ed elegante, che strizza l’occhio al tardo gotico e al romanzo medioevale, spaziando dal giocoso al teatrale, dell’aneddoto alla satira, per giungere a supremi vertici di poesia, drammaticita e profondita` spirituale. Insuperabile «raccontatore di storie», storyteller ante litteram, il suo è uno stile «veneziano puro», perché ogni sua opera, nelle architetture, nelle ambientazioni, nei personaggi, ma soprattutto nei colori e, ancora di più nella luce, cangiante e avvolgente, parla della Serenissima. Perché Venezia è luce. E’ colore e luce. E il Carpaccio le ha colte magistralmente entrambe.
Un’artista indissolubilmente legato alla sua città, e che nella sua città «torna » (o forse è meglio dire ritorna…) con la ricca mostra in corso sino al 18 giugno 2023 a Palazzo Ducale.
La Mostra
Curata da Peter Humfrey, Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer e realizzata grazie alla collaborazione dei Musei Civici di Venezia e la National Gallery of Art di Washington, questa importante retrospettiva riunisce soprattutto opere oggi custodite in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della Serenissima - dalla Lombardia all’Istria e alla Dalmazia - ed abbraccia tutta la parabola artistica del Carpaccio, dagli esordi al capitolo conclusivo della sua carriera, tra secondo e terzo decennio del Cinquecento, quando l’arte del maturo maestro è messa in ombra dalle novità tematiche e tecniche introdotte da Tiziano e Giorgione.
Tra le opere in mostra, di grandissimo interesse il nutrito corpus di studi su carta, che spaziano da rapidi schizzi compositivi d’insieme ad accurati studi preparatori di teste e pose e, occasione davvero più unica che rara per ammirarli finalmente uniti, due straordinari dipinti, misteriosamente separati a fine 1700 ma in realtà facenti in origine parte di un unicum: Due dame veneziane (custodito al Museo Correr di Venezia) e la tavola Caccia in laguna (oggi a Los Angeles, Paul Getty Museum). Tra i capolavori più noti del Carpaccio, le Due Dame ( che nel 1800 divennero le Due Cortigiane) rappresentano due facoltose signore (forse sorelle o madre e figlia) della Venezia di fine ‘400 affacciate ad un balcone. L’aria è annoiata, le vesti preziose, le acconciature alla moda ed il dipinto è ricchissimo di particolari, oggetti, frutti, fiori ed animali, dalla simbologia ben precisa: il mirto e l’arancia per esempio, solitamente collegati alla Vergine Maria; un candido fazzoletto, simbolo di purezza; le tortore e i cani, simboli rispettivamente di pudicizia e di fedeltà.
Di grande bellezza per la sontuosa profusione d’oro delle vesti e l’espressione ironica del soggetto, il Ritratto del doge Leonardo Loredan (1501/1504) , mentre di estrema grazia, delicatezza e luminosità, le varie Vergini: una su tutte, la Madonna che legge (1510), opera in cui Maria, diversamente dall’iconografia classica che la vuole frontale e con in braccio il piccolo Gesù, è rappresentata di profilo, assorta nella lettura di un libro.
Una mostra da non perdere (e che da sola vale un viaggio a Venezia), un omaggio ad un grande artista e ad una città unica al mondo. Come ha affermato il sindaco Luigi Brugnaro «Vittore Carpaccio fu indubbiamente uno dei pittori più originali, fantasiosi e inventivi operanti nella Venezia del pieno Rinascimento, all’epoca straordinario crocevia economico e culturale. Allora la Serenissima era una vera potenza europea e mediterranea.Carpaccio, che intride di fantastica venezianità ogni sua tela, ne è stato indubbiamente il più affascinante,visionario, innamorato illustratore».
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Riduci
A Palazzo Ducale, nell’appartamento del Doge, una mostra alla scoperta della Venezia «trasfigurata» di Vittore Carpaccio, una delle figure più significative e originali del Rinascimento veneto. Un percorso espositivo di ben 70 opere (42 dipinti e 28 disegni), che illustrano compiutamente la grandezza e l’evoluzione di questo grande artista e del suo stile colto e suggestivo. Chi ha visitato la Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone - meglio nota come Scuola di San Giorgio degli Schiavoni - nel sestiere veneziano di Castello, ha già un’idea di chi sia Vittore Carpaccio (1465-1525/26), visto che i suoi celebri teleri (ossia quelle grandi opere su tela che a Venezia, per evitare i danni dell’umidità, sostituivano gli affreschi) ne occupano tutta la sala terrena: le storie rappresentate sono storie sacre, episodi della vita dei Santi Giorgio, Girolamo e Trifone, la Preghiera nell’orto degli ulivi e la Visione di Sant’Agostino e l’effetto sul visitatore è da «Sindrome di Stendhal», tale è la potenza e la forza che emana da queste opere dai colori accesi, dove il reale si fonde al fantastico, l’elemento veneziano a quello esotico, il gusto minuzioso per il particolare («alla maniera» dei fiamminghi) trova posto nell’universale. Lo stile del Carpaccio, che purtroppo non godette della fama «internazionale» di molti artisti a lui contemporanei, è uno stile unico e originale, immediatamente riconoscibile, uno stile raffinato ed elegante, che strizza l’occhio al tardo gotico e al romanzo medioevale, spaziando dal giocoso al teatrale, dell’aneddoto alla satira, per giungere a supremi vertici di poesia, drammaticita e profondita` spirituale. Insuperabile «raccontatore di storie», storyteller ante litteram, il suo è uno stile «veneziano puro», perché ogni sua opera, nelle architetture, nelle ambientazioni, nei personaggi, ma soprattutto nei colori e, ancora di più nella luce, cangiante e avvolgente, parla della Serenissima. Perché Venezia è luce. E’ colore e luce. E il Carpaccio le ha colte magistralmente entrambe.Un’artista indissolubilmente legato alla sua città, e che nella sua città «torna » (o forse è meglio dire ritorna…) con la ricca mostra in corso sino al 18 giugno 2023 a Palazzo Ducale.La MostraCurata da Peter Humfrey, Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer e realizzata grazie alla collaborazione dei Musei Civici di Venezia e la National Gallery of Art di Washington, questa importante retrospettiva riunisce soprattutto opere oggi custodite in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della Serenissima - dalla Lombardia all’Istria e alla Dalmazia - ed abbraccia tutta la parabola artistica del Carpaccio, dagli esordi al capitolo conclusivo della sua carriera, tra secondo e terzo decennio del Cinquecento, quando l’arte del maturo maestro è messa in ombra dalle novità tematiche e tecniche introdotte da Tiziano e Giorgione.Tra le opere in mostra, di grandissimo interesse il nutrito corpus di studi su carta, che spaziano da rapidi schizzi compositivi d’insieme ad accurati studi preparatori di teste e pose e, occasione davvero più unica che rara per ammirarli finalmente uniti, due straordinari dipinti, misteriosamente separati a fine 1700 ma in realtà facenti in origine parte di un unicum: Due dame veneziane (custodito al Museo Correr di Venezia) e la tavola Caccia in laguna (oggi a Los Angeles, Paul Getty Museum). Tra i capolavori più noti del Carpaccio, le Due Dame ( che nel 1800 divennero le Due Cortigiane) rappresentano due facoltose signore (forse sorelle o madre e figlia) della Venezia di fine ‘400 affacciate ad un balcone. L’aria è annoiata, le vesti preziose, le acconciature alla moda ed il dipinto è ricchissimo di particolari, oggetti, frutti, fiori ed animali, dalla simbologia ben precisa: il mirto e l’arancia per esempio, solitamente collegati alla Vergine Maria; un candido fazzoletto, simbolo di purezza; le tortore e i cani, simboli rispettivamente di pudicizia e di fedeltà. Di grande bellezza per la sontuosa profusione d’oro delle vesti e l’espressione ironica del soggetto, il Ritratto del doge Leonardo Loredan (1501/1504) , mentre di estrema grazia, delicatezza e luminosità, le varie Vergini: una su tutte, la Madonna che legge (1510), opera in cui Maria, diversamente dall’iconografia classica che la vuole frontale e con in braccio il piccolo Gesù, è rappresentata di profilo, assorta nella lettura di un libro.Una mostra da non perdere (e che da sola vale un viaggio a Venezia), un omaggio ad un grande artista e ad una città unica al mondo. Come ha affermato il sindaco Luigi Brugnaro «Vittore Carpaccio fu indubbiamente uno dei pittori più originali, fantasiosi e inventivi operanti nella Venezia del pieno Rinascimento, all’epoca straordinario crocevia economico e culturale. Allora la Serenissima era una vera potenza europea e mediterranea.Carpaccio, che intride di fantastica venezianità ogni sua tela, ne è stato indubbiamente il più affascinante,visionario, innamorato illustratore».
Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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