2023-04-17
Violenze, attentati, pestaggi. La vera emergenza italiana è quella dell’estrema sinistra
L’antifascismo militante protagonista di circa 200 attacchi in dieci anni. Per i servizi si tratta di una minaccia reale. Ma gli stessi dem sono spesso indulgenti coi picchiatori.La scelta dei termini, a volte, è rivelatrice. Prendiamo Mario Capanna, professione sessantottino, anche se dal 1968 sono ormai passati 55 anni. In una recente intervista al Corriere della Sera ha raccontato di quando, insieme ad altri compagni, «liberò» piazza San Babila, storico ritrovo dei giovani di destra nella Milano degli anni Settanta. Usa proprio questo termine, Capanna: nel maggio del 1970, racconta, «decidemmo di “liberare” la piazza. Organizzammo un raid con trecento compagni del nostro servizio d’ordine che sbucarono all’improvviso in piazza dalle scale del metrò. I fascisti conosciuti come i più facinorosi furono anche i più svelti a darsela a gambe». L’elogio di un raid violento sul quotidiano della buona borghesia nazionale? Se la violenza è compiuta in nome dell’antifascismo, si può fare. Nella mentalità dell’intervistato e dei suoi sodali di ieri e di oggi, quella «liberazione» non aveva nulla di metaforico o di retorico. Loro ragionano così: credono di avere diritto all’esercizio arbitrario della forza. E non, si badi bene, come esercizio «darwiniano» di un’egemonia materiale (della serie: «Me lo posso permettere, quindi ti caccio a bastonate»). No, in questo caso si tratta di un diritto reclamato sulla base di una (falsa) legittimità che sarebbe conferita dalla Costituzione. Si dirà: Capanna, i sanbabili… roba degli anni Settanta. Bisogna contestualizzare. In fin dei conti non è che gli altri fossero dei chierichetti. Vero. Ma, a parte il fatto che se un esponente di destra raccontasse un episodio analogo relativo a quegli anni finirebbe in una tempesta mediatica, il problema è che non sono mai cambiati. Un solo esempio: nel 2009, Casapound occupò uno stabile abbandonato a Napoli. Lo scrittore Erri De Luca, su Repubblica, non ebbe alcuna remora nell’istigare ad azioni sbrigative e al di fuori di qualsiasi legge: «Sono contrario agli sgomberi da parte delle istituzioni. È il quartiere che dovrebbe reagire alla presenza di un gruppo neofascista, ribellarsi ed espellere questo corpo estraneo che si è insediato in città». Il «quartiere» che «espelle» un «corpo estraneo»? Non sappiamo bene cosa voglia dire ma richiama pericolosamente quello che in italiano si chiama linciaggio.dov’è il pericolo?La naturalezza con cui a sinistra si fa riferimento ad azioni violente in nome dell’antifascismo pone degli interrogativi. Che la tanto sbandierata «emergenza fascismo» sia solo una cortina fumogena per celare una ben più pericolosa «emergenza antifascismo»? A pensarla così sembrano essere, tra gli altri, i nostri servizi segreti. Nell’ultima relazione del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, uscita ai primi di marzo, venivano censite complessivamente 31 azioni eversive di stampo anarco-insurrezionalista. Per la nostra intelligence quella anarco-insurrezionalista era «qualificata» come «la più concreta e vitale» minaccia sul «fronte eversivo interno». Se pensiamo che, sul fronte delle minacce di estrema destra, il Dis si preoccupava invece per «l’attivismo sul Web delle reti internazionali del suprematismo e dell’accelerazionismo», abbiamo ben rappresentato lo strabismo di tutta una società: azioni violente in serie, da una parte; forum di svalvolati, dall’altra. Ma il problema eversivo, per la gran parte dei media, viene individuato fra i secondi. Emergenza antifascismo è anche il titolo provocatorio di un libro, edito da Altaforte, della ricercatrice Francesca Totolo, in cui sono raccolte decine e decine di azioni antifasciste violente. galleria degli orroriA scorrere gli elenchi delle aggressioni rosse degli ultimi anni si resta senza fiato. Solo a titolo di esempio, ecco qualche caso tra tanti: il 4 dicembre 2013, a Palazzo Nuovo, a Torino, un gruppo di studenti del Fuan (Fronte universitario d’azione nazionale), impegnati in un volantinaggio, viene aggredito da un collettivo; il 15 aprile 2014, a Pellegrino Parmense (Parma), tre anarchici danno fuoco all’abitazione di un militante di Casapound; il 14 gennaio 2016, a Firenze, una ventina di persone incappucciate, armate di mattoni, bombe carta, spranghe e bastoni, assalta la libreria Il Bargello, legata a Casapound; il 27 febbraio 2016, a Roma, una quindicina di militanti dei centri sociali, a volto coperto, assalta il gazebo di Noi con Salvini nel quartiere Prenestino, provocando danni e aggredendo i due attivisti che avevano appena montato il banchetto; il 1° gennaio 2017, di nuovo al Bargello di Firenze, un artificiere della polizia perde un occhio e la mano nel tentativo di disinnescare una bomba piazzata davanti alla libreria; il 14 giugno 2017, a Roma, nell’ambito di un regolamento di conti interno, nel centro sociale La talpa fanno irruzione alcuni appartenenti al movimento Degage e un uomo viene ferito da un colpo di pistola; il 27 gennaio 2018, a Milano, il gazebo di Fratelli d’Italia viene assaltato da un drappello di antifascisti; il 20 febbraio 2018, a Palermo, un gruppo del centro sociale Anomalia accerchia, lega con nastro da imballaggio e poi pesta a sangue nella pubblica via un esponente di Forza Nuova, filmano l’azione per rivendicarla; il 16 agosto 2018, nel Trevigiano, un ordigno esplode davanti alla sede provinciale della Lega a Villorba, un’altra bomba viene ritrovata integra in zona.Questo è solo un piccolo florilegio, ovviamente. Nell’ultimo decennio, gli attacchi antifascisti sono stati circa 200 in tutta Italia. Il campionario, come si vede, è vasto: spedizioni punitive, sedi avversarie «sanzionate», come dicono loro, veri e propri attentati con tanto di ordigni, banchetti assaltati, volantinaggi presi di mira, cortei scientificamente programmati per degenerare in scontri violenti. La natura della sigla avversaria fa poca differenza: può trattarsi della Lega o di Casapound, di Fdi o di Forza nuova. Legittimati e fomentati da un’insistente pubblicistica che dipinge la destra radicale come eversiva e quella istituzionale come collusa, gli estremisti di sinistra ritengono di vivere in un fascismo ubiquitario, contro cui la violenza sarebbe giustificata dalla Costituzione stessa. Non mancano casi limite, come lo stupro di gruppo che si consumò nel settembre del 2010 in uno stabile del Comune di Parma finito in uso alla locale Rete antifascista. Una ragazza priva di sensi fu violentata e filmata. Ma l’inchiesta partì solo quando il video fu trovato nei cellulari degli indagati per una bomba piazzata davanti a una sede nemica. Tutto si tiene.coccolati e finanziatiCerto, quando i «compagni» esagerano, dalla sinistra istituzionale giunge qualche (timida) presa di distanza. Ma sono molte più le occasioni in cui i violenti vengono coccolati dai partiti «riformisti». Basti penare che Roma Capitale ha inserito fra i progetti di rigenerazione urbana e di edilizia residenziale pubblica finanziati dal Pnrr anche il Porto fluviale rec house, un immobile occupato da vent’anni dall’estrema sinistra, mentre a Napoli i fondi europei serviranno per restaurare l’immobile ex Opg di Materdei, occupato dal centro sociale Je So’ Pazzo. Nel 2021, del resto, Roberto Gualtieri, iper legalitario quando si tratta delle occupazioni non allineate, non si fece troppi problemi a partecipare a un incontro presso il centro sociale occupato Spin Time Labs, lo stesso tanto caro anche all’elemosiniere del Papa. Quanto agli anarchici, che dopo le ultime intemperanze sembrano un po’ figli di nessuno, giova ricordare un quadretto significativo: quando a Firenze, nel 2015, aprì la libreria Il Bargello, che come abbiamo visto sarebbe stata poi oggetto di assalti armati e addirittura di un attentato dinamitardo, alle manifestazioni (non autorizzate) contro la sede partecipò tutto il mondo dell’antifascismo, senza distinzioni fra «estremisti» e «moderati». Scriveva all’epoca Repubblica: «Esponenti dei centri sociali, giovani studenti, antagonisti, gli anarchici di Villa Panìco, alcuni protagonisti degli scontri del 6 dicembre scorso alle Piagge, persino personaggi vicini agli ambienti eversivi degli anni Settanta. C’è anche il presidente del quartiere 2, Michele Pierguidi». Il Pd a braccetto con gli anarchici violenti e con ex eversori degli anni Settanta. Tutto torna.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)