2022-10-26
Anziché ammettere di aver sbagliato la virostar difende Pfizer e il pass
Sulla «Stampa», Antonella Viola commenta la confessione del colosso sui mancati test. Che definisce «cosa nota da sempre»: falso. E, contro ogni logica, pontifica sul foglio verde e raccomanda di vaccinare i più piccoli.«Fidiamoci della scienza che, nonostante le chiacchiere da social, finora è stata davvero un faro nella tempesta». Così, giusto per strapparci una risata fantozziana pensando alla gestione della pandemia, conclude il suo intervento sulla Stampa l’immunologa Antonella Viola. Un penoso concentrato di violenza verbale, di ignoranza dei fatti e di arrogante presunzione, per fortuna destinato ad essere dimenticato molto in fretta. Perché non aggiunge nulla alla distorsione dei fatti che da tre anni ci è stata fornita dalla scienza allineata pro vaccino, senza ammettere dubbi o interrogativi; e perché preferisce ancora una volta alimentare livore nei confronti di chi ha scelto di non porgere il braccio, piuttosto che ammettere (o almeno lasciar intravedere) enormi, imperdonabili errori dei cosiddetti esperti di salute e dei loro governi. C’erano volute due settimane, perché un grosso quotidiano italiano trovasse lo spazietto da dedicare all’irrilevante notizia che Pfizer ha ammesso di non aver mai fatto test sui contagi. Prima di mettere sul mercato il vaccino anti Covid, il colosso statunitense non sapeva se era in grado fermare la trasmissione. I media di tutto il mondo hanno parlato per giorni della dichiarazione emersa al Parlamento europeo; La Verità ha dedicato pagine a quella vergognosa rivelazione, che conferma l’inutilità di decreti legge d’emergenza, green pass, di obblighi vaccinali per i sanitari «altrimenti infettano i pazienti», però per i giornaloni non era notizia. Ieri, La Stampa ha pensato di darne conto, affidando il commento alla Viola e titolandolo «Quei rigurgiti no vax che negano il progresso». Già, perché la vergogna non è un colosso farmaceutico che sapeva che il vaccino non fermava i contagi, eppure si è fatto strapagare miliardi di dosi finite in corpo a così tanta umanità, ma coloro che si sono opposti alla puntura sperimentale. La docente di patologia generale presso l’Università di Padova è subito partita male, affermando che alla commissione Covid ha parlato il ceo di Pfizer. Si informasse meglio, la professoressa, prima di scrivere: Albert Bourla non c’era, si era sfilato. Al suo posto aveva mandato Janine Small, responsabile per i mercati esteri, che alla domanda dell’europarlamentare olandese Rob Roos aveva risposto: «Mi chiede se sapevamo se il vaccino interrompesse o no la trasmissione, prima di immetterlo sul mercato? Ma no! Sa, dovevamo davvero muoverci alla velocità della scienza!», furono le sue stupefacenti parole. Per la Viola, fare confusione tra un amministratore delegato e un responsabile dell’area commerciale è dettaglio da nulla. Conta il fervore, condito da ostilità, con cui sostiene le sue tesi. Le è capitato anche due giorni fa a Otto e mezzo, programma condotto da Lilli Gruber su La7. Certa che il nuovo governo attaccherà «i diritti delle donne e delle famiglie arcobaleno», la professoressa se l’è presa con Eugenia Roccella dicendo che «ha un’impostazione ultra cattolica e non ha mai negato la sua posizione antiabortista», dimenticando che il neo ministro è stata nominato a Famiglia, Natalità e Pari opportunità, non alla Sanità. Le ammissioni della multinazionale al Parlamento europeo non hanno rilevanza, per l’immunologa. «La Rete ha vissuto un rigurgito no vax dovuto ad una frase del ceo di Pfizer», liquida così la questione. Tra reflussi acidi e le violente contrazioni di stomaco che i renitenti al vaccino le provocano, lo scritto della Viola sembra invocare più un farmaco antiemetico, che maggior fede nella scienza. «Come se questa fosse una verità a lungo tenuta nascosta e poi estorta sotto tortura al numero uno di Pfizer (insiste nell’errore, ndr), il piccolo ma rumoroso popolo no vax e no green pass ha gridato allo scandalo, sostenendo che il vaccino non ha mai bloccato la trasmissione del virus e che quindi noi scienziati abbiamo raccontato frottole», scrive inferocita. Cita uno studio in revisione, secondo il quale «la vaccinazione riduce del 24% il rischio di trasmettere Omicron ai contatti stretti», come se questa suonasse una rassicurazione e non la beffa che è. La Viola rimane convinta che la carta verde sia stata un bene. Definisce il green pass «uno strumento che è stato importante in una fase critica della lotta alla pandemia», fingendo di ignorare le migliaia di vaccinati, anche con richiamo, che si sono più volte infettati mentre potevano circolare liberi e accedere a ristoranti, cinema, piste da sci. I report dell’Istituto superiore della sanità puntualmente pubblicavano i dati della crescita maggiore delle infezioni nei tridosati, però al precedente governo interessava solo togliere diritti a non vaccinati, impedire loro di lavorare, di spostarsi su autobus e treni, di acquistare libri o un paio di calze, imponendo un numero altissimo di soprusi. Potevano mancare le riflessioni pediatriche dell’immunologa? No di certo. «I vaccini sono sicuri e possono evitare ai nostri bambini giorni di febbre e spossatezza o di ricovero in ospedale», afferma sicura, mentre si moltiplicano gli studi che segnalano gravi complicanze degli anti Covid e la Svezia non li raccomanda più agli adolescenti. Al termine dell’ennesimo sfogo contro i no vax, in realtà la professoressa ha un ripensamento tardivo. Auspica che «siano i medici di medicina generale a guidare i propri assistiti nella decisione», di vaccinarsi, «perché nessuno ne conosce meglio lo stato di salute e lo stile di vita». Quando lo chiedevamo noi, erano richieste illogiche e dannose per la salute pubblica.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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