
Durata quasi un decennio, fu la prima guerra coperta quotidianamente dai media mondiali e la più sentita dall'opinione pubblica. Dal trionfo Usa nella Seconda Guerra mondiale all'incubo, ravvivato dalla sorte dei reduci americani e dall'onda lunga dei capolavori del cinema. La storia e le immagini.
L’annuncio della firma sui lunghi e sofferti trattati di pace arrivò il 24 gennaio 1973 a Parigi tra gli Americani e il governo sudvietnamita da una parte e il governo di Hanoi e i vietcong del Sud seduti dall’altra parte del tavolo. Le sigle erano quelle di William Pierce Rogers, Segretario di Stato durante la presidenza Nixon e dell’omologo Sudvietnamita Charles Tran Van Lam. Da parte di Hanoi firmò Nguyen Duy Trinh e per il governo rivoluzionario del Sud, Nguyen Thi Binh. Dietro a questi nomi poco noti, si celava la fine di uno di conflitti più cruenti del Ventesimo secolo, il primo ad avere avuto una risonanza mediatica mondiale giorno per giorno per quasi un decennio. Gli Stati Uniti annunciavano il ritiro completo delle forze armate nel Sud del Paese e, cosa ancora più rilevante, riconoscevano il governo comunista rivoluzionario presente nel Vietnam meridionale, lasciando di fatto il debole governo di Thieu alla mercé del nemico. Ciò che colpiva maggiormente l’opinione pubblica occidentale erano i numeri e le statistiche di quel conflitto combattuto contro un nemico spesso invisibile e abituato alla guerra e alla presenza straniera da più di un secolo da quando era incominciata la dominazione francese dell’Indocina. Al gennaio 1973 i morti in combattimento tra i soldati americani erano stati 45mila. Includendo le vittime di malattie, incidenti e altre cause, il saldo totale superò i 58mila decessi. Una strage il cui memento si mostrava in Patria con i feriti e gli invalidi tra i reduci, oltre 150mila disseminati in tutti gli Stati Uniti. Uno shock per il mondo che aveva assistito quotidianamente alle cronache da quel piccolo Paese dell’estremo Oriente diventato il più famoso vulnus nell'attrito tra i blocchi contrapposti nella Guerra Fredda, che fu determinante per l’evoluzione successiva della storia geopolitica mondiale. La guerra del Vietnam fu una guerra nella guerra, che andò ad intrecciarsi con un secolo di storia coloniale dell’Indocina, caratterizzata dal dominio francese a partire dai primi anni del Diciannovesimo secolo in un continuum di guerre locali attraverso cui passò anche la Seconda Guerra Mondiale. Il Vietnam fu per secoli un dominio cinese (viet è la traslitterazione fonetica di Yué, straniero e Nam, che significa Sud) fino a quando all’inizio dell’Ottocento uno dei più potenti feudatari riuscì a creare un regno del Vietnam con l’appoggio della Francia, che gradualmente prese il sopravvento con l’intervento militare giustificato dai continui attacchi alle missioni cattoliche. L’unità del Vietnam, parte dell’Indocina francese, fu conclusa nel 1887. Nel 1941 i Giapponesi occuparono il Paese e fu in questo periodo che Ho-Chi Minh e il suo braccio militare generale Vò-Nguyen Giap fondarono il Viet-minh o Lega per l’indipendenza del Vietnam contro l’invasore nipponico. Gli accordi di pace del 1945 cambiarono nuovamente l’assetto geopolitico e alla Cina (poco più tardi teatro della rivoluzione comunista) fu concessa l’annessione del Nord Vietnam, mentre i Francesi sarebbero rimasti a sud del 16°parallelo. Nel quadro di forte instabilità Ho Chi Minh prese il potere al Nord, con la mira di riunificare la nazione sotto uno stato comunista. A guerra fredda già in corso, l’attacco dei nordvietnamiti porterà alla sconfitta di Diem-Bien Phu del 1954. Con la dipartita dei Francesi, entrarono in gioco indirettamente gli Americani che sostennero al Sud un debole governo autocratico guidato da Diem, osteggiato da bonzi e comunisti che organizzarono il primo fronte Vietcong. Fu sotto la presidenza del democratico John Fitzgerald Kennedy che i consiglieri militari americani suggerirono l’invio di un contingente militare con lo scopo di addestrare l’ARVN (Army Regular Viet Nam) nell’eventualità di un attacco da parte delle forze armate di Hanoi. Il 5 agosto 1964 il cacciatorpediniere americano Maddox, secondo i vertici militari Usa, sarebbe stato attaccato da forze nordvietnamite nel golfo del Tonchino. Fu l’incidente che determinò la partecipazione diretta dell’esercito americano in Vietnam. Dalle basi del Sud iniziarono i massicci bombardamenti con i B-52 e i cacciabombardieri F-4 Phantom sul Nord Vietnam, parallelamente ad una forte escalation militare americana, forte nelle armi e nella tecnologia contro un nemico spesso invisibile pronto a colpire con le tecniche della guerriglia nel folto della giungla. Non bastarono l’impiego di napalm per diradare l’intricata foresta tropicale, né la cavalleria dell’aria sugli elicotteri Uh-1 Iroquois, per tutti «Huey». Il sentiero di Ho-Chi Minh, ossia la via di rifornimento dal Nord al Sud studiata in quasi un secolo di guerra sostenuto dalle popolazioni fu sempre in funzione (attraverso cui passavano gli aiuti militari cinesi e russi), le trappole nella giungla e le bombe dei Vietcong a Saigon e nei principali centri del Sud del paese con il passare dei mesi erosero lentamente le conquiste dell’ARVN e degli Americani. Il 1968 segnò una svolta dopo che l’inizio dell’anno fu teatro della più pesante controffensiva nordvietnamita, nota come offensiva del «Têt» dal nome del capodanno buddista, dove le forze di Ho-Chi Minh si spinsero fino nell’area urbana di Saigon. E ancora, la terribile strage di Huê, la città imperiale conquistata dai comunisti per oltre un mese. La pressione dell’opinione pubblica mondiale nell’anno della contestazione e l’inizio di forti tensioni interne che sfociarono in duri scontri di piazza e all’esplosione della questione razziale spinsero la presidenza di Richard Nixon ad intavolare i trattati di pace di Parigi, con la promessa di terminare i bombardamenti sul Nord del Vietnam. Le trattative però stagnarono per anni, visto il rifiuto americano e sudvietnamita di riconoscere l’autorità vietcong durante gli incontri a Parigi e i bombardamenti e le ostilità ripresero portando con sé ancora migliaia di vittime civili e militari. All’esordio del nuovo decennio, l’evoluzione geopolitica della Guerra Fredda mutò il quadro internazionale, influenzando anche l’andamento della guerra del Vietnam. I primi segni di distensione divennero concreti proprio con l’alleato più stretto di Hanoi, la Cina, culminati nel viaggio di Nixon a Pechino nel 1972. L’imminente crisi economica e i costi stellari della guerra, oltre che al desiderio di Nixon di concludere il conflitto con una pace onorevole, accelerarono le trattative fino all’accordo definitivo della fine del gennaio dell’anno successivo. Dal ritiro delle forze Usa, il governo di Thieu andò incontro alla dissoluzione fino all’offensiva finale avvenuta due anni più tardi. Il 30 aprile 1975 cadeva la capitale Saigon invasa dalle truppe rosse di Giap, che avevano conquistato un paese devastato tra i più poveri al mondo e che presto sarebbe stato coinvolto in nuovi e sanguinosi conflitti . Negli anni a venire, la guerra del Vietnam continuò a far sentire la sua presenza nella dolorosa questione dei reduci americani e del loro duro reinserimento nella società. Usciti a stento vivi da quello che fino ad allora era stato il più lungo conflitto per l’esercito americano, furono costretti ad affrontare in molti casi l’indifferenza se non l’ostilità della società una volta tornati da una guerra perduta e simbolo di un’era che si avviava al tramonto. Durante gli anni della stagnazione economica e dell’America travolta dallo scandalo Watergate, i veterani faticarono a vedere riconosciuti i propri diritti alla sussistenza dopo aver immolato alla nazione il proprio corpo e la propria salute mentale. L’effetto del «fantasma Vietnam», svanito solo successivamente al crollo dell’Urss e alla vittoria nella Prima guerra del Golfo, si manifestò nella produzione cinematografica almeno fino alla fine degli anni Ottanta. I titoli che trattavano la guerra e la questione dei reduci segnarono la storia del cinema americano. Tra i film più importanti «Il cacciatore» di Michael Cimino, «Apocalypse Now» di Francis Ford Coppola, «Platoon» di Oliver Stone, la saga di «Rambo», «Nato il quattro luglio» e «Full metal jacket» di Stanley Kubrick per citarne solo alcuni. Fino a quando l’«odore del napalm» fu svanito del tutto nella giungla inestricabile del Vietnam e nel ricordo collettivo di quasi un decennio di cronache quotidiane della guerra.

















