2019-02-05
Vietato invitare le donne a far nascere i figli
Due associazioni affiggono davanti alla Mangiagalli di Milano un cartello che suggerisce di non abortire. Un gruppo di attivisti dem, supportato dal primario della clinica, oscura il manifesto in nome della «libertà». Difendere la vita ormai è diventato proibito.I Giuristi per la vita sosterranno la battaglia di Ora et labora che ha subito un'aggressione ideologica degna di un regime.Lo speciale contiene due articoli.Siamo fisicamente nel territorio del Grande Fratello orwelliano, nel luogo in cui le parole indicano il loro esatto contrario. Ricordate gli slogan di 1984? «La guerra è pace»; «La libertà è schiavitù», «L'ignoranza è forza». Ecco, a Milano accade la stessa con concetti diversi. Un cartellone che mostra una madre amorevole assieme al suo bimbo viene definito «crudele e insultante». Lo stesso cartellone è stato oscurato da militanti che si definiscono «donne democratiche». Sul brutto drappo utilizzato per cancellare il cartellone c'è scritto: «Viva la libertà». È la sovversione totale della realtà: far nascere un bimbo è crudele; la democrazia è censura; la libertà è silenzio.È accaduto domenica, di fronte alla Mangiagalli, cioè la clinica ginecologica del Policlinico milanese, una delle più famose d'Italia. Su un lampione vicino all'ingresso è apparso un gonfalone realizzato dalle associazioni Pro vita e Ora et labora. Un cartellone a favore della vita, dunque, con un paio di immagini dolci: una mamma che stringe il bimbo neonato; una donna che appoggia le mani leggere sulla pancia tonda, come ad accarezzare il piccolo che arriverà presto. Poi, un paio di scritte: «Non fermare il suo cuore» e «Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso e sarà coraggioso perché tu lo sei». Dite, dove sta l'offesa?Per le Donne democratiche issare quel gonfalone è stata «un'azione crudele verso le donne che devono compiere una scelta già dolorosa di per sé». Per Emanuele Fiano del Pd «siamo di fronte a un fatto terribile, a una provocazione che viene fatta alle donne proprio nel momento in cui compiono una scelta difficile». Secondo Alessandra Kustermann, primario della Mangiagalli, «si tratta di un insulto a tutte le donne e alla loro libertà di scelta. È un'iniziativa inaccettabile e stigmatizzante: come donne non possiamo rimanere in silenzio».Già, loro non possono rimanere in silenzio, e allora fanno in modo di far tacere le associazioni pro vita. Un bel gruppo di militanti progressisti, evidentemente ispirato dalle parole della Kustermann, ha deciso di coprire il gonfalone dei pro vita con un lenzuolo bianco, in modo che fosse completamente nascosto. Hanno messo in pratica la censura in nome della «libertà di scelta». Hanno invocato il rispetto della legge 194, dimenticandosi che proprio quella norma «riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio».La nascondono sempre, questa parte. Gli attivisti «democratici» sono costantemente impegnati a ricordare che la 194 permette l'aborto, ma trascurano le parti in cui parla - con estrema serietà - della tutela della vita e dell'importanza della maternità. Del resto, dimenticano anche che la «libertà» non è soltanto quella di uccidere un feto, ma pure quella di mettere al mondo un figlio. Se non si desidera crescere un bambino non è necessario eliminarlo prima che esca dal ventre materno. Esistono altre strade, altre possibilità. Eppure, ogni volta che si affronta pubblicamente la questione, queste possibilità non vengono mai elencate. Piuttosto, si presenta l'aborto come una strada verso l'emancipazione. Interrompere la gravidanza sarà pure un diritto riconosciuto dalla legge; ma anche far nascere un figlio lo è. E fino all'ultimo secondo si può cambiare, si può decidere di mutare prospettiva, si può riflettere e fare un passo indietro. Anche perché l'interruzione di gravidanza è irreparabile, il resto molto meno. Invitare una donna a ripensarci, suggerirle di tenere il piccolo (o la piccola) che ha in grembo non è crudeltà. Non è un insulto, e non è nemmeno un tentativo di imprigionarla, di farla essere meno libera. Semmai, è il tentativo di farle esercitare la sua libertà fino in fondo, di ricordarle che non è tutto già scritto. Dagli Stati Uniti, talvolta, giungono immagini crude. Alcuni manifestanti anti aborto arrivano a usare toni durissimi, accusano le donne fuori dalle cliniche, le insultano persino. A Milano, però, non è accaduto niente di tutto questo. Nessun attacco, nessun urlo, nessun odio. Piuttosto, un invito all'amore. Sul cartellone censurato c'era pure un numero di telefono: quello dell'associazione Ora et labora, che sul sito Internet si offre di aiutare le donne che stanno affrontando gravidanze difficili. E questa sarebbe crudeltà? La sensazione è che qualcuno - dentro la clinica e nei vari movimenti politici - abbia paura. Paura che una donna possa decidere consapevolmente di non interrompere la gravidanza. Paura che la retorica sull'aborto come «diritto fondamentale» venga scalfita. Paura che i bambini vengano alla luce. Se così non fosse, i sinceri democratici non correrebbero terrorizzati a coprire un cartello che parla di amore materno. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vietato-invitare-le-donne-a-far-nascere-i-figli-2627985517.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="unazione-legale-dei-pro-life-per-tutelare-il-diritto-a-informare-tutte-le-madri" data-post-id="2627985517" data-published-at="1757951428" data-use-pagination="False"> Un’azione legale dei pro life per tutelare il diritto a informare tutte le madri Presidente Giuristi per la vita Esercitando il sacrosanto diritto alla libertà di espressione garantita dalla Costituzione, l'associazione Ora et Labora in difesa della vita ha affisso, nei pressi della clinica Mangiagalli di Milano, un cartellone regolarmente autorizzato, con il seguente testo: «Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso, e sarà coraggioso perché tu lo sei». Si tratta, chiaramente, un messaggio di amore e di tenerezza rivolto alle mamme in attesa. Nulla di offensivo, nulla di provocatorio, nulla di impositivo. Non l'ha pensa così la dottoressa Alessandra Kustermann, che in quella clinica pratica da anni la cosiddetta «interruzione volontaria della gravidanza», cioè l'aborto. In alcune dichiarazioni rese alla stampa, la ginecologa è stata tagliente: «Non possiamo permettere che le donne arrivino in sala operatoria portando con loro anche la crudeltà di messaggi e immagini così». Scontato il supporto alla «pasionaria» Kustermann da parte di tutte le associazioni femministe, abortiste, di movimenti, partiti e sindacati di sinistra, Cgil in testa. Alla fine, gli attivisti hanno proceduto ad un vero e proprio blitz, arrivando a coprire il cartello con un lenzuolo recante la frase: «Viva la libertà!». L'associazione Ora et Labora in difesa della vita non è mai intervenuta per coartare, in qualsiasi modo, la pubblicità che la clinica Mangiagalli realizza per informare le sue pazienti su questa discutibile pratica medica. Nessuno dei membri di quella organizzazione pro life si è mai sognato di interferire o impedire in maniera violenta la libertà di espressione dei messaggi abortisti diramati dalla clinica. L'unico scopo dell'azione in difesa della vita che l'associazione si è prefissa è quello di informare le future mamme dell'esistenza di possibili alternative all'aborto. Negare all'associazione Ora et Labora in difesa della vita il diritto di esprimere le proprie opinioni - in modo perfettamente legale e pacifico - costituisce una pericolosa deriva totalitaria. La legge 194/78, di cui radicali e attivisti di sinistra si ritengono numi tutelari, è stata in realtà concepita allo scopo di riconoscere il valore sociale della maternità e tutelare la vita umana dal suo inizio. Basta leggere l'articolo 1: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Se ne deduce quindi che non è solo diritto, ma dovere degli enti pubblici quello di mettere in atto tutte le misure volte a tutelare la vita nascente, in ossequio alla legge 194/78. La tutela della vita nascente implica che alla madre siano fornite tutte le informazioni necessarie a compiere una scelta consapevole, proprio per garantire l'autodeterminazione della donna, tanto cara agli integralisti di sinistra. In assenza di consapevolezza non può sussistere alcuna libertà di scelta. Eppure, persino la visione della tenera immagine di un bambino di undici settimane di vita è stata censurata a Roma dall'Amministrazione Raggi, rendendo evidente l'avversione per la realtà che contraddistingue tutte le ideologie totalitarie. Odio per la realtà che significa anche odio per l'uomo e per la vita. L'associazione Ora et labora in difesa della vita ha deciso di reagire di fronte alla grave aggressione ideologica della dottoressa Kustermann, affidando ai Giuristi per la Vita l'incarico di procedere legalmente, in qualunque sede, affinché non solo sia ripristinato il sacrosanto diritto dell'organizzazione ad esprimere le proprie opinioni e ad informare le donne, ma siano anche presi provvedimenti nei confronti di tutti coloro che hanno attentato a questo diritto costituzionale.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)