2019-01-02
Viaggio nel cuore del Machiavelli americano
Esce domani Vice - L'uomo nell'ombra, film su Dick Cheney interpretato da un Christian Bale difficilmente distinguibile dal politico originale. Il regista McKay teorizza che abbia guidato il Paese per otto anni, lucrando sui timori post 11 settembre.Adam McKay, professione regista, era scosso da tremiti violenti quando, nel 2016, si avvicinò a una libreria. Sperava che leggere lo distraesse dal proprio malessere, una febbre violenta che per un mese, o più, lo costrinse a letto. La mano, per caso, andò a un'autobiografia. Qualcosa su Dick Cheney di cui il regista, allora reduce dal successo di La grande scommessa, non ricorda nemmeno il titolo. Lo prese, lo trascinò a letto con sé e lo lesse d'un fiato, scoprendo con orrore di non sapere nulla, o quasi, sul vicepresidente dei governi Bush. McKay, lo stesso McKay fresco di Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, perse il sonno. Per giorni non dormì. E, alla fine, decise di esorcizzare il proprio sgomento in un film, la cui uscita italiana è fissata a domani.Vice - L'uomo nell'ombra è il racconto, insieme politico e umano, di Dick Cheney. Ma dei crismi che l'autobiografia cinematografica è solita imporre al genere non ha granché. Anzi. Il film, a tratti, pare una commedia surreale: un gioco delle parti sostanziato da un cast brillante. A interpretare Cheney, burattinaio di un'America che si è arresa alla paura, è un magistrale Christian Bale. Uno che, a un primo sguardo, sembrerebbe condividere ben poco con l'uomo pienotto, bolso e calvo che ha nome Dick Cheney. Bale è moro, ha il fisico scultoreo dell'eroe. Eppure, in Vice, difficilmente è distinguibile dal politico originale. Per incravattarsi negli abiti di Cheney, Bale ha preso venti chili e, per quattro mesi, ha lavorato a stretto contatto con Greg Cannom, il truccatore geniale di Lo strano caso di Benjamin Button. Insieme, i due hanno studiato un sistema di protesi che, una volta finito, ha saputo trasformare Bale nella copia spiccicata di Cheney. «Quando è arrivato per la prima volta sul set eravamo tutti scioccati, il cast, la troupe», ha raccontato Adam McKay che, per interpretare la signora Cheney, Lynne Ann Vincent, ha voluto Amy Adams. Poi, Sam Rockwell, come George W. Bush, e Steve Carell, nei panni del Segretario della Difesa Donald Rumsfeld.McKay ha giustificato le proprie scelte spiegando di non aver mai voluto che sul set comparissero degli imitatori. Piuttosto, cercava attori che sapessero andare in profondità, restituendo allo spettatore la grandezza di un mistero tanto caro al regista. Dick Cheney, nelle mani di Adam McKay e di Christian Bale, non ha assunto un'identità chiara. Chi sia, chi sia stato e perché abbia agito in modi che, spesso, sono apparsi contraddittori o casuali Vice non si è azzardato a dirlo. Sul banco, ha messo delle ipotesi e attorno a quelle si è mosso, arricchendo la cronologia, vera, della vita di Cheney con momenti puramente fittizi, e per lo più comici.La pellicola, dunque, prende il via negli anni sgangherati dell'università, quando Cheney, più avvezzo alle birre che all'impegno accademico richiesto a Yale, decide di accantonare i libri e tornarsene in Wyoming. I titoli di studio avrebbero aspettato. Cheney, ventenne, prende a barcamenarsi tra piccoli e grandi lavoretti, tenendo al suo fianco la cara birra. La stessa cara birra che, nel 1962, gli procura il primo arresto per guida in stato di ebbrezza, svoltandogli, inconsapevole, l'intera vita. È allora che la fidanzatina di sempre, Lynne Ann Vincent, lo costringe a una scelta, tornare sui banchi universitari per fare quello che lei, pur brillante studentessa, non avrebbe potuto fare: assumere un ruolo apicale nella natia America. Cheney, la carriera politica, la intraprende di lì a poco, nel 1969, giurando fedeltà a Rumsfeld, uno che al ragazzo insegna come l'ideologia non sia un unicum ma un mezzo come un altro per raggiungere un fine. («In cosa crediamo?», chiede Cheney a Rumsfeld. Nessuna risposta da questi, solo una grassa risata).La cronologia, inframezzata pure da finti titoli di coda precedenti la telefonata a Cheney di George W. Bush, procede veloce fino al 2001, anno in cui si compie la metamorfosi dell'americano medio. Del burocrate in creatura machiavellica, abile al punto da aver saputo trasformare la vicepresidenza in un incarico significativo, ottenendo pieno controllo dell'esercito, della politica estera, dell'economia. E rifiutando il consiglio della moglie con la quale, a letto, nel film, si confida in pentametri giambici di memoria shakespeariana. McKay teorizza che Cheney abbia guidato il Paese per otto anni, tra il 2001 e il 2008, abbia lucrato sulle paure post 11 settembre e capitanato la resistenza a Barack Obama. Lo fa, però, con una leggerezza estrema, immaginando che questi scelga da un menù quali torture infliggere ai sospetti terroristi e trasformando, in fin dei conti, la vita di Cheney in un pretesto per riflettere sulla politica in genere. Vice, il Vice del titolo, non è (solo) il vice (presidente), ma il «vizio», in inglese, sotteso alla brama di potere. A una sete acritica di controllo e comando che fa di Vice - L'uomo nell'ombra non un film sulla politica, un biopic tradizionale, ma un film politico, in pieno stile McKay.