2021-02-10
Veto di Speranza sul piano Bertolaso. E il Pd litiga sul federalismo vaccinale
Guido Bertolaso (Andrea Diodato/NurPhoto via Getty Images)
Il ministero vieta al Cts l'esame dello schema lombardo e lega le mani alle Regioni: «Il programma è nazionale». Dem spaccati: dopo il Veneto, anche l'Emilia annuncia acquisti autonomi del farmaco, ma il Lazio si oppone. Nonostante la vaccinazione di massa sia la priorità per la ripartenza del Paese, rallentata anche dalla pianificazione e dalla logistica claudicanti della campagna gestita da Domenico Arcuri, ieri il Comitato tecnico scientifico non ha esaminato il piano vaccini della Lombardia, firmato da Guido Bertolaso. La valutazione della programmazione del Pirellone era fissata all'ordine del giorno, ma l'altolà è arrivato direttamente dal ministero della Salute, in una nota inviata via mail al coordinatore del Cts, Agostino Miozzo. Ma, come riporta l'Huffington Post, per chiedere di accantonare, almeno per ieri, il piano lombardo, dal ministero hanno alzato anche il telefono. Ieri pomeriggio infatti, si è tenuto l'incontro tra Speranza, il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, e il commissario Arcuri, con i presidenti delle Regioni. Tra i temi, ovviamente, anche il piano vaccinale, ma soltanto quello del commissario straordinario. Spazio per discutere della proposta di Bertolaso, papabile sostituto di Arcuri nel post Conte, non c'era. Neanche per gli osservatori più ingenui il niet del ministero potrebbe sembrare privo di calcolo politico, con la poltrona da commissario di Arcuri sempre più ballerina. E le reazioni dal Pirellone non si sono fatte attendere: «Trovo incredibile che il ministero della Salute abbia deciso di bloccare la valutazione, prevista per oggi (ieri, ndr) da parte del Cts, del piano vaccinale di massa della Lombardia», ha tuonato il governatore, Attilio Fontana, «il piano era stato inviato ieri, da me e dalla vicepresidente Moratti, come contributo lombardo e best practice da proporre anche a livello nazionale. Il piano si propone infatti di vaccinare 10 milioni di italiani residenti in Lombardia, un sesto della popolazione nazionale. Riteniamo che il piano vaccinale sia una priorità per tutto il Paese e che non debba sottostare a logiche di parte». Ma lo schiaffo da Roma all'amministrazione leghista non si è fatta attendere: «Il piano vaccini ha valenza nazionale e dunque ogni atto delle singole Regioni diretto a intervenire sulla materia può essere valutato dal ministro della Salute in ragione della necessità di azioni coordinate ed omogenee su tutto il territorio nazionale», ha scritto il capo di gabinetto del ministero della Salute in una lettera inviata al Cts in merito al piano della Lombardia, sottolineando la necessità di un «raccordo» tra le iniziative delle Regioni con le prescrizioni nazionali. L'antifona è chiara: le Regioni restano ammanettate alle direttive del commissario e del ministero, il federalismo sanitario resta un miraggio. Una doccia fredda che arriva dopo l'annuncio dell'Emilia Romagna sull'intenzione di sondare in autonomia l'acquisto di dosi vaccinali: «Siamo tra le Regioni che hanno maggiori relazioni con i mercati internazionali nell'ambito farmaceutico e proprio oggi abbiamo dato la disponibilità ad altre Regioni, tra cui il Veneto, di sondare insieme eventuali opportunità di forniture che dovessero essere disponibili», ha specificato l'assessore Raffaele Donini. La scelta della Regione guidata dal dem Bonaccini ha innescato l'ennesimo cortocircuito in casa Pd. Subito dopo l'annuncio, infatti, l'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, è entrato a gamba tesa: «Mi pare impossibile che ogni Regione possa per conto suo pensare all'approvvigionamento». Mentre i compagni di partito litigano tra loro, dal Veneto, Luca Zaia ha invece fatto il punto sugli approvvigionamenti annunciati nei giorni scorsi: «Si è fatto un passo in avanti. Oggettivamente, in una delle due interlocuzioni più solide la corrispondenza comincia a essere importante. Se questo si traduca in un camion di vaccini, non sono in grado di rispondere. Ma non accetto che qualcuno dica che è una farsa». Favorevole agli acquisti indipendenti anche il governatore siciliano, Nello Musumeci: «Se dovessero cambiare le regole, noi in 24 ore saremmo in condizioni di formalizzare la richiesta di acquisiti». Più che su quali e quanti vaccini avranno le Regioni che preferiscono muoversi da sole piuttosto che aspettare Godot e Roma, sarà interessante appurare quanto l'amministrazione centrale si metterà di traverso nei tentativi di far ripartire la vita dei cittadini e delle attività economiche nei territori meglio organizzati. Intanto, in seguito alla raccomandazione dell'Aifa di non somministrare il siero Astrazeneca agli over 55, il piano nazionale è stato aggiornato. Sei le categorie che verranno vaccinate prioritariamente nella seconda fase. I primi saranno, a prescindere dall'età, i soggetti «estremamente vulnerabili», con malattie respiratorie, cardiocircolatorie, condizioni neurologiche e disabilità, diabete ed endocrinopatie severe, fibrosi cistica, patologia renale, malattie autoimmuni, malattie epatiche e cerebrovascolari, patologia oncologica, sindrome di Down, trapianto di organo solido, grave obesità. Poi toccherà alle persone tra 75 e 79 anni, a quelle tra 70 e 74 anni, quelle con particolare rischio clinico dai 16 ai 69 anni, poi la fascia tra 55 e 69 anni senza condizioni che aumentano il rischio e, infine, le persone tra 18 e 54 anni. Alle prime cinque categorie andranno i vaccini Pfizer e Moderna, alla sesta l'Astrazeneca, da ieri inoculato agli insegnanti e agli appartenenti delle forze dell'ordine under 55.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Giorgetti ha poi escluso la possibilità di una manovra correttiva: «Non c'è bisogno di correggere una rotta che già gli arbitri ci dicono essere quella rotta giusta» e sottolinea l'obiettivo di tutelare e andare incontro alle famiglie e ai lavoratori con uno sguardo alle famiglie numerose». Per quanto riguarda l'ipotesi di un intervento in manovra sulle banche ha detto: «Io penso che chiunque faccia l'amministratore pubblico debba valutare con attenzione ogni euro speso dalla pubblica amministrazione. Però queste sono valutazioni politiche, ribadisco che saranno fatte solo quando il quadro di priorità sarà definito e basta aspettare due settimane».
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