2018-11-23
Veti M5s e selezioni allegre all’Anas. In aiuto di Dibennardo arriva la Cisl
Annamaria Furlan si schiera con il candidato favorito alla corsa per la poltrona di ad. Il governo decide oggi, ma pensa a una figura esterna alla società. A creare imbarazzi c'è la gestione «familiare» delle assunzioni.Nelle ultime ore, pur di avere un nuovo capo preso dall'interno e che assicuri lo status quo all'Anas, per via sindacale, si è arrivati a Annamaria Furlan per chiederle di fare un tweet a favore della promozione di Ugo Dibennardo, 50 anni, responsabile della direzione operazioni e coordinamento territoriale, ex capo delle strade in Sicilia ed ex braccio destro di Gianni Vittorio Armani. E del resto, che la benedizione suprema della Cisl sia fondamentale, in un posto che dà lavoro a 6.000 cristiani, è quasi scontato. Anche se, specie dopo lo scandalo delle mazzette della Dama Nera, il governo gialloblù sta pensando a un esterno. A quanto pare già oggi il Consiglio dei ministri potrebbe indicare il nuovo amministratore delegato dopo le dimissioni di Armani. Ma la situazione è di stallo. Troppo fluida. Del resto non c'è solo Dibennardo nella lista dei possibili candidati alla poltrona più importante di via Monzambano. In pista per prendere il posto di Armani c'è anche Stefano Granati, attuale amministratore delegato di Autostrade per il Lazio, in Anas dal 2006. Ai tempi di Pietro Ciucci vantava uno stipendio da 400.000 euro all'anno, poi ridotto per il tetto a 240.000 introdotto dall'ultimo consiglio di amministrazione. E ancora circola con insistenza il nome di Roberto Massi, responsabile della tutela aziendale del gruppo, già comandante dei carabinieri e capo ufficio legislativo dell'Arma: suo fratello è Franco Massi, il potente segretario generale della Corte dei conti. Sull'ultimo candidato, l'attuale presidente dell'Atac, Paolo Simioni, c'è stato ieri un tentativo di incenerimento da parte di Repubblica con la scusa che avrebbe avuto incarichi nei gruppi Gavio e Maltauro, e quindi sarebbe «in conflitto d'interessi». A quanto pare l'eccessiva vicinanza di Simioni a Davide Casaleggio spaventa anche alcuni mondi legati al centrosinistra. E quindi ecco il pressing sulla Cisl da parte di tutta la prima linea del management, che d'altronde in un anno e mezzo ha assunto 820 persone, 530 delle quali entreranno in servizio di qui alla fine dell'anno e tutto con la benedizione del sindacatone bianco. Il problema è come le fanno, tutte queste assunzioni. Innanzitutto, nonostante Anas sia totalmente nel perimetro dello Stato, non ha pubblicato il regolamento e la procedura delle assunzioni come fanno tutte le pubbliche amministrazioni, con tanto di avvisi pubblici. Ai candidati che rispondono ai bandi Anas è richiesto di autocertificare le informazioni principali, ma nessuno le controlla e così alcune selezioni sembrano le candidature del premio Nobel. In compenso, per circa tre anni sono stati inseriti parametri come il diritto di voto e un certo limite di età, nonostante l'Ue li vieti in quanto discriminatori. Dopo che è stata sanata questa irregolarità, a seguito di numerose proteste, ora si rischiano svariate richieste di risarcimento danni. A ricordarci che siamo pur sempre in Italia c'è anche il fatto, raccontato a mezza bocca da alcuni sindacalisti, che negli ultimi due anni si sarebbero registrate una ventina di assunzioni di figli, mariti e mogli. La più incredibile riguarda una signora, C.D., che ha partecipato a una selezione nell'ufficio dove lavora il marito ed è naturalmente risultata idonea e poi assunta. E non mancano i figli di dirigenti di altre amministrazioni, compresa l'assunzione della figlia di un dirigente dell'Anticorruzione di Raffaele Cantone, Leonardo Miconi, esperto di verifiche sulle Grandi opere. All'Anas poi ancora si discute con un certo imbarazzo della ricerca di 98 capo cantonieri partita quest'anno. Si sono fatti avanti 7.600 candidati, ma solo 120 hanno superato la preselezione che consisteva nella compilazione corretta del format iniziale di partecipazione. Visto che nemmeno il 2% è stato capace di compilare il modulo, o si erano dati appuntamento migliaia di rimbambiti, oppure il format non era molto chiaro. In ogni caso, avendo ammesso alle prove poche persone in più dei posti da coprire, alcuni che erano insufficienti agli scritti sono stati ammessi comunque all'orale e qualcuno di essi è stato anche assunto. Dopo alcune proteste, si è rifatto un controllo sulle preselezioni e sono state ripescate 150 persone. A questo punto toccherà decidere che fare delle graduatorie precedenti, dato che in questi anni si è assistito a infornate dalla forte connotazione politica, ovviamente riconducibile al Partito democratico. Sempre in tema di poca trasparenza, mentre gli stessi sindacati maggioritari segnalano di non conoscere ufficialmente gli stipendi (anche 100.000 euro lordi per un impiegato) della controllata in Qatar, Tecnositaf gulf integration system, passerà alla storia la promozione a dirigente di Luigi Carrarini il 23 dicembre 2017, ovvero sei giorni prima della fusione con Ferrovie. Del resto, è la stessa azienda che assunse l'ex parlamentare Rocco Girlanda e lo stesso Massi un giorno prima che entrasse in vigore il decreto Madia che lo avrebbe vietato. Il direttore del personale è Alessandro Rusciano, arrivato in Anas da Terna con Armani e legatissimo a Dibennardo, che non ha fatto minimamente ombra al suo predecessore, Gaetano De Gori, calabrese e legato all'Opus anche lui. Il vice di Rusciano è Michele Maria Barone, figlio di un alto dirigente di Autostrade. Il centro di formazione Isper, di cui il padre era presidente prima che arrivassero una serie di segnalazioni di incompatibilità, ospita spesso corsi per il personale di Anas. Mentre gli studi legali che lavorano per l'azienda sono sempre i soliti, anche se la Corte dei conti è dovuta intervenire per stigmatizzare l'abitudine di andare fino in Corte suprema di Cassazione per ogni scemata, specie quando la causa è virtualmente persa.
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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Terry Rozier (Getty Images)
L’operazione Royal Flush dell’Fbi coinvolge due nomi eccellenti: la guardia dei Miami Heat Terry Rozier e il coach dei Portland Trail Blazers Chauncey Billups, accusati di frode e riciclaggio in un vasto giro di scommesse truccate e poker illegale gestito dalle storiche famiglie mafiose.