
Nella videoconferenza, cui ha partecipato anche il ceo della società madre di ChatGpt, gli americani hanno affermato di voler collaborare sulla tutela dei dati personali. L’Authority: «Non vogliamo frenare il progresso». Ma ora si aspetta mosse concrete.Dopo un approccio iniziale piuttosto spavaldo, OpenAi sembra virare verso più miti consigli sul rispetto della privacy riguardo a ChatGpt. Il cambio di atteggiamento, dopo l’iniziale blocco del chatbot per gli utenti italiani da parte della società americana che lo sviluppa, risulta evidente a seguito dell’incontro in videoconferenza tra il board di OpenAi e il Collegio del nostro Garante della Privacy, organismo che aveva acceso un faro nei giorni scorsi su ChatGpt, evidenziando una serie di criticità sulla mancata trasparenza riguardo al rischio di profilazione degli utenti, intimando all’azienda Usa di adeguarsi entro 20 giorni alle norme a tutela dei dati personali in vigore nel nostro Paese. Come è noto, anziché fornire al Garante le proprie controdeduzioni, OpenAi ha preferito lo «strappo», puntando su un eventuale pressione degli utenti italiani sull’Authority. Il fatto che i governi di altri Paesi importanti (Germania, Australia e Canada) stiano seguendo le orme dell’Italia, ha però portato OpenAi al tavolo del negoziato, accompagnato nelle ultime ore da una serie di dichiarazioni dal segno evidentemente conciliatorio. Ma andiamo per ordine: dopo la videoconferenza il Garante ha diffuso una nota per dare conto sia del clima in cui l’incontro si è svolto sia sui contenuti del colloquio. Per quanto riguarda chi vi ha preso parte, alla fase iniziale dell’incontro ha presenziato anche il Ceo di OpenAi Sam Altman, oltre a Che Chang, Deputy General Counsel, Anna Makanju, responsabile Public Policy e Ashley Pantuliano, Associate General Counsel. Per il Garante c’erano invece tutti i componenti del Collegio, vale a dire Pasquale Stanzione, Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia e Guido Scorza). «OpenAi», sottolinea la nota, «pur ribadendo di essere convinta di rispettare le norme in tema di protezione dei dati personali, ha tuttavia confermato la volontà di collaborare con l’Autorità italiana con l’obiettivo di arrivare ad una positiva soluzione delle criticità rilevate dal Garante riguardo a ChatGpt». «L’Autorità», prosegue la nota, «da parte sua ha sottolineato come non vi sia alcuna intenzione di porre un freno allo sviluppo dell’Ia e dell’innovazione tecnologica ed ha ribadito l’importanza del rispetto delle norme poste a tutela dei dai personali dei cittadini italiani ed europei. OpenAi», dice ancora il comunicato, «si è impegnata a rafforzare la trasparenza nell’uso dei dati personali degli interessati, i meccanismi esistenti per l’esercizio dei diritti e le garanzie per i minori e ad inviare al Garante entro oggi (ieri, e fino al momento dell’andata in stampa di questa edizione non era ancora arrivato, ndr) un documento che indichi le misure che rispondano alle richieste dell’Autorità. Il Garante», conclude la nota, «si riserva di valutare le misure proposte dalla società, anche riguardo al provvedimento adottato nei confronti di OpenAi».Nel frattempo, le notizie di un possibile «contagio» delle perplessità sul rispetto della privacy da parte di ChatGpt hanno indotto gli statunitensi a un progressivo ammorbidimento, o almeno a mandare segnali che facciano pensare a questo. In una lettera aperta pubblicata sul suo blog, OpenAi ha sottolineato di volersi impegnare «a mantenere l’intelligenza artificiale sicura e vantaggiosa» e, visto che questi strumenti «comportano rischi reali» lavorare per garantire che «la sicurezza sia integrata nel nostro sistema a tutti i livelli». Partendo sostanzialmente dai rilievi mossi dal nostro Garante, la creatrice di ChatGpt ha affermato di non utilizzare i dati «per vendere i nostri servizi, pubblicità o profilare le persone», bensì per «rendere i nostri modelli più utili. «Prima di rilasciare qualsiasi nuovo sistema», ha aggiunto OpenAi, «conduciamo test rigorosi, coinvolgiamo esperti esterni, lavoriamo per migliorare il comportamento del modello e costruiamo ampi sistemi di sicurezza e monitoraggio. La regolamentazione è necessaria per garantire che tali pratiche siano adottate e ci impegniamo attivamente con i governi sulla forma migliore che tale regolamentazione potrebbe assumere». Difficile non vedere in questa resipiscenza un effetto di quanto sta accadendo in paesi come Francia, Irlanda, Germania e da ultimo Canada e Australia, le cui Autorità a protezione dei dati personali hanno emulato i colleghi italiani, accendendo un faro sulle pratiche di OpenAi. A Parigi e Dublino, infatti, i garanti della privacy hanno contattato Roma, così come da Berlino hanno chiesto informazioni. In Canada sono andati oltre, aprendo un’istruttoria simile a quella del Garante italiano. Quando il 30 marzo scorso il Garante Stanzione ha disposto, in via d’urgenza, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati personali su ChatGpt dopo aver riscontrato una seria di criticità sulla tutela dei dati sensibili degli utenti, OpenAi ha avuto a disposizione 20 giorno per adeguarsi o difendere il proprio operato. La replica, invece, è stata quella di sospendere da subito il servizio per gli utenti italiani.
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