2023-11-26
«Valentino, un genio che ha inseguito la bellezza perfetta»
Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti (Getty Images)
Lo storico socio Giancarlo Giammetti: «Ha trasmesso alle donne la sua passione per la qualità. L’idea del rosso nacque in teatro a Barcellona».Diana Vreeland, mitica direttrice di Vogue degli anni Sessanta, li chiamava «the boys». Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti si sono conosciuti, dice la storia, al Café de Paris in via Veneto a Roma, il 31 luglio 1960: Valentino ha 28 anni, Giammetti 22. Praticamente, da allora, non si sono più lasciati e, bisogna dirlo, se Valentino è diventato Valentino è stato anche grazie a Giancarlo Giammetti, amico, socio, compagno, sempre al suo fianco. C’è sempre un buon motivo per parlare di Valentino (l’anno scorso, per i suoi 90 anni - nato a Voghera l’11 maggio 1932 - si sono riempite le pagine dei giornali), ora è la volta del teatro di Voghera, il luogo della spettacolare mostra allestita per il compleanno (36 abiti provenienti dall’archivio, collocati nei palchi, nell’indimenticabile rosso che ha preso il suo nome oltre a un gruppo sul palcoscenico), da ieri intitolato proprio al più grande couturier italiano: da Teatro Sociale a Teatro Valentino Garavani. «Sono onorato ed emozionato per questo prezioso riconoscimento da parte della città in cui sono nato», ha dichiarato Valentino. «Il teatro è una forma d’arte meravigliosa, che ha avuto un’influenza incredibile sul mio lavoro e sullo svolgimento della mia carriera. Sapere che oggi i cittadini di Voghera e dei centri che vi gravitano attorno torneranno ad avere un luogo di arte e di cultura così fondamentale mi rende molto felice e fiducioso anche nel futuro di tanti giovani che avranno la possibilità di avvicinarsi a questo mondo senza allontanarsi troppo da casa».Fin da giovane Valentino è stato attratto della moda. Negli anni Cinquanta nella capitale francese entrò come collaboratore da Jean Dessès e poi nell’atelier di Guy Laroche. Quando ritornò in Italia, a Roma divenne allievo di Emilio Schuberth e poi collaboratore presso l’atelier di Vincenzo Ferdinandi. E quando Valentino incontra Giancarlo Giammetti si inizia a scrivere la storia del marchio. Tutto va a mille: nel 1962 gli abiti di Valentino erano già sui giornali americani. Nel ‘65-’66, vestiva le donne più importanti di New York e Los Angeles. Nel 1967 a Valentino, viene conferito a Dallas il Premio Neiman Marcus e l’anno seguente crea l’abito da sposa per le nozze di Jacqueline Bouvier vedova Kennedy, sua amica storica, con l’armatore greco Onassis. Ma è proprio Giancarlo Giammetti a raccontare il loro lungo pezzo di vita insieme.Valentino Garavani è l’ultimo custode della haute couture: incoronato «Imperatore della moda», ha conquistato regine del cinema, first lady e star aristocratiche con i suoi abiti eleganti. Da dove scaturiva tanta perfezione? «Dalla sua visione che non ha mai abbandonato... dalla sua passione nella ricerca della bellezza, della qualità, del perfezionismo che trasmette attraverso i suoi abiti a tante donne». Il debutto è nella Sala Bianca di Firenze nel 1962. Lei che consigli gli dava? «Questo è un ricordo divertente. Per mesi avevo domandato di poterci inserire nel calendario di Palazzo Pitti. Finalmente il famoso marchese Giorgini, ci invitò a sfilare, ma dandoci il peggior orario e giorno, l’ultimo, quando stampa e compratori di solito partivano. Eugenia Sheppard, la famosa giornalista del New York Times venne però a vedere la collezione due giorni prima e definì Valentino la rivelazione di quell’anno, e i compratori restarono per noi e passammo la notte a scrivere ordini. Naturalmente, la stagione dopo, avevamo il giorno e l’ora più importanti». Secondo il suo parere, Valentino è stato un rivoluzionario della moda? «C’è la rivoluzione di chi fa gli abiti per avere una foto, un articolo, o ci sono vere rivoluzioni, come Courreges. Valentino ha rivoluzionato per essere rimasto fedele al suo concetto di stile e bellezza, controcorrente a volte, ma sempre coerente. Anche la coerenza è una rivoluzione». Negli anni Settanta Milano è esplosa con il pret a porter, perché Valentino ha scelto Parigi? «Si sentiva più a suo agio nella città dove aveva vissuto e lavorato per oltre otto anni. Era una atmosfera più confortevole. A Milano, anche se è nato a un’ora di distanza, non ha mai avuto occasione di viverci». Siete stati un duo perfetto: il couturier lasciato libero nella sua creatività grazie a lei che si occupava della concretezza del business world. È stato questo il segreto di tanto successo? «È stata una vita di grande impegno da parte di tutti e due. Nonostante il nostro rapporto personale dovevamo lavorare in due mondi diversi. Mantenergli uno stato di serenità e di intoccabilità, che gli erano indispensabili, è stato il mio più grande merito».Valentino nasce in una città di provincia come Voghera, eppure fin da ragazzo è sempre stato internazionale nel suo modo di concepire la vita e la moda. Quale è stato il suo apporto? «Imparammo insieme a scoprire mondi diversi da cui imparare, gli artisti, il teatro, le donne come Diana Vreeland e Jackie Kennedy che riempirono la nostra visione di cose nuove, facendoci maturare». La moda di Valentino ha profondamente segnato il modo di vestire. Quali sono stati i suoi codici? «Si ricorda una frase del nostro film? “Amo la bellezza, non è colpa mia”».Da dove nasce la storia del mitico rosso? «Da una serata in un teatro a Barcellona, dove una bellissima Carmen sempre vestita di rosso gli ha dato l’ispirazione di creare un suo rosso, la cui composizione è ancora un segreto». Il suo ricordo più importante di una vita di lavoro e amicizia così profondi? «È la complicità e l’appoggio reciproco».
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