2023-09-21
«I vaccini di Pfizer contaminati con Dna». La scoperta choc del prof pro iniezioni
Phillip Buckhaults denuncia la scorciatoia scelta dall’azienda per produrre più in fretta: «Si rischiano modifiche al genoma».Il vaccino a mRna di Pfizer (probabilmente anche quello di Moderna) è contaminato da miliardi di minuscoli frammenti di Dna. Ed «esiste un rischio molto reale» che questi frammenti di Dna estraneo possano inserirsi nel genoma di una persona, diventando un «elemento permanente della cellula». A seconda di dove finisce «può interrompere un gene soppressore del tumore, o attivare un oncogene». Sono preoccupanti, le dichiarazioni rilasciate dal professore Phillip Buckhaults davanti alla commissione per gli affari medici del Senato della Carolina del Sud. L’esperto di genomica del cancro, oltre che di biochimica e biologia molecolare, non è una voce contraria ai vaccini. Tutt’altro. Si è fatto somministrare tre volte l’anti Covid che, dice, «ha salvato molte vite» ed è un grande sostenitore della piattaforma Rna, a suo avviso «rivoluzionaria», in quanto ha «il potenziale per curare i tumori». Però ha scoperto che Pfizer ha preso «molte scorciatoie», per riuscire a fornire enormi quantità di vaccino anti Covid, e nell’audizione di oltre 30 minuti al Senato del suo Stato ha spiegato come sono stati utilizzati due diversi processi di produzione. Inizialmente, il colosso farmaceutico ha utilizzato un metodo chiamato reazione a catena della polimerasi (Pcr), per amplificare il modello di Dna che è stato poi utilizzato per la produzione dell’mRna. Con questo «processo 1» si realizza un prodotto a mRna altamente puro. Poi, però, nell’obiettivo di potenziare la distribuzione su larga scala del vaccino, Pfizer è passata al «processo 2» per amplificare l’mRna. Utilizzava batteri per produrre grandi quantità di plasmide (molecole di Dna extracromosomico, capaci di accettare, trasportare e duplicare altri pezzi. Si possono definire istruzioni circolari del Dna), che sarebbe stato utilizzato per produrre l’mRna. Quindi, il prodotto finale conteneva sia Dna plasmidico, sia mRna.E quale sarebbe il grosso rischio, con una simile procedura? Il professore parla di «contaminazione del vaccino», che l’azienda ha provato a risolvere aggiungendo un enzima per tagliare il plasmide in milioni di minuscoli frammenti. «Li ha fatti a pezzi per cercare di farli andare via, ma in realtà è aumentato il rischio di modificazione del genoma nel processo», ha dichiarato. Buckhaults è convinto che Pfizer abbia scelto questo metodo per «incompetenza e non per malvagità o premeditazione, penso solo che sia stata una specie di stupida svista», come riporta la giornalista investigativa Maryanne Demasi che ha trascritto buona parte della testimonianza presentata al Senato. L’esperto, in ogni caso, si dichiara «un po’ allarmato per la presenza nel vaccino di questo Dna […] è un dispositivo di memorizzazione delle informazioni di lunga durata. È ciò con cui sei nato, con cui morirai e lo trasmetterai ai tuoi figli […] Quindi le alterazioni del Dna… beh, rimangono», ha sottolineato il professore, che lavora nel dipartimento delle scienze biomediche e per la scoperta di farmaci dell’Università della Carolina del Sud. Ha una vasta esperienza con le applicazioni di sequenziamento di nuova generazione, per l’analisi dell’espressione genica globale e il rilevamento delle mutazioni genetiche. Nel 2020, il suo laboratorio di ricerca sul cancro al colon aveva cambiato rotta, rispetto alla sua consueta area di studio, iniziando ad analizzare la saliva dei pazienti con il virus di Wuhan. «Abbiamo trovato un modo per fotocopiare frammenti del genoma del Covid», dichiarò Buckhaults nel settembre del 2021. «È come una fotocopiatrice liquida». Sempre molto cauto nel valutare i risultati degli studi che condivide con il dipartimento di Salute e Controllo ambientale (Dhec) della Carolina del Sud, lo scorso giugno aveva smontato l’accusa che i vaccini sviluppati per il Covid-19 contengano il Dna del virus cancerogeno trovato nelle scimmie. Sui social circolava l’idea che il virus SV40, introdotto nel contesto umano attraverso la somministrazione accidentale del vaccino antipolio contaminato, causasse tumori. «La paura riguardo alle sequenze SV40 è una totale assurdità», dichiarò l’esperto. «Nel vaccino non è presente alcun gene che causa il cancro». Però quello che ha visto nel vaccino Pfizer non gli è piaciuto. Già un’indagine del British Medical Journal (Bmj) a marzo 2021 rilevò che i lotti di vaccino derivati da «process 2» hanno dimostrato di avere un’integrità dell’mRna sostanzialmente inferiore, e alcuni affermano che questi vaccini sono stati associati a maggiori eventi avversi.Oggi, Buckhaults evidenzia innanzitutto un problema di competenza della Fda, che riconosce l’esistenza di rischi derivanti dalla presenza di Dna residuo nei vaccini e dichiara che «i rischi di oncogenicità e infettività del Dna del substrato cellulare possono essere ridotti diminuendo la sua attività biologica». Ma si riferisce ai vaccini tradizionali, dove il Dna è «nudo», cioè le molecole sono prive di proteine e lipidi, perciò i frammenti «vengono masticati dagli enzimi dei tessuti prima che abbiano la possibilità di entrare nelle cellule». Invece, il Dna del vaccino Covid di Pfizer è avvolto da nanoparticelle lipidiche che aiutano a trasportare il materiale genetico (mRna e Dna plasmidico) all’interno delle cellule, dove «il Dna può migrare nel nucleo e inserirsi nel genoma».Ecco perché Buckhaults ha dichiarato al Senato che le regole della Fda per i livelli sicuri di Dna nei vaccini non si applicano alla nuova tecnologia della piattaforma mRna. Che cosa fare, allora? La Fda e le altre agenzie regolatorie dovrebbero modificare la soglia normativa consentita nel vaccino e «le persone vaccinate devono essere sottoposte a test per vedere se parte del Dna estraneo si è integrato nel genoma delle loro cellule staminali», raccomanda l’esperto.Non è un test costoso, ma va fatto. Il professore ha concluso la sua testimonianza affermando che «conoscendo quello che so adesso», sul vaccino contro il Covid, «lo avrei comunque consigliato ai miei genitori anziani, ma probabilmente non lo avrei dato alle mie figlie».