
Condannato l'ex nunzio: dovrà restituire al fratello prete 1.800.000 euro. Secondo una sorella, don Lorenzo, malato da tempo, non sarebbe attendibile. Ma chi vuole sminuire il dossier sulla pedofilia cavalca la notizia.Con la sentenza n. 10.359/2018 della quarta sezione del tribunale civile di Milano, depositata lo scorso 9 ottobre, l'ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò è stato condannato a risarcire al fratello, don Lorenzo Viganò, una somma di 1.800.000 euro per avergli sottratto il controllo dell'eredità, insieme a interessi e spese legali. Il primo verdetto di un'intricata vicenda familiare permette a tanti commentatori impegnati nella demolizione del memoriale, pubblicato nell'agosto scorso in esclusiva dalla Verità, di giocare facile contro il moralizzatore da moralizzare.Ma è chiaro che si tratta di questioni diverse e piani diversi. Rispetto alla faccenda dei fratelli Viganò vedremo se ci sarà un altro grado di giudizio in Corte d'appello per verificare tutte le responsabilità, e anche se fosse confermato questo primo verdetto, la sostanza delle domande emerse nella testimonianza dell'ex nunzio resta sul tavolo. Il quadro di coperture e reticenze fino ai massimi livelli della gerarchia cattolica, soprattutto rispetto alla carriera dell'ex cardinale abusatore Theodore McCarrick, così come si delinea nelle parole di Carlo Maria Viganò, è difficilmente superabile ricorrendo a un generico clericalismo o, peggio, alla indimostrata congiura politico mediatica orchestrata tra le due sponde dell'Oceano contro Francesco. Né viene meno tirando in ballo la presunta immoralità di Carlo Maria nella gestione dei beni familiari, cosa che deve appunto essere risolta dalla giustizia civile e con cui l'arcivescovo dovrà fare i conti. Peraltro, anche sulla vicenda familiare dei Viganò, otto fratelli figli di un industriale lombardo, ci sono state voci discordanti all'interno della stessa famiglia. Nel marzo 2013 i fratelli Anna Maria, Leonardo, Emilio e Alberto Viganò difesero pubblicamente Carlo Maria dalle accuse di Lorenzo Viganò: «Tutto iniziò con un fatto improvviso e imprevedibile, nel novembre 2008», si legge in quel documento. «Essendo ambedue (Carlo Maria e Lorenzo) di età ormai avanzata, nel settembre 2008 avevano concordato, alla presenza di uno di noi fratelli, in un clima di grande serenità e intesa, di dividere le loro sostanze per poter attuare ulteriori opere di carità e per la Chiesa. (…) Quando tutto era già stato predisposto per realizzare questo programma, improvvisamente e senza alcuna comprensibile motivazione, nel novembre 2008 don Lorenzo, con l'aiuto di nostra sorella Rosanna, fuggì letteralmente terrorizzato dalla casa di Milano per Chicago, all'insaputa di tutti noi, affermando poi di averlo fatto per evitare di essere “sequestrato" da Carlo Maria, in connivenza con altri complici amici della nostra famiglia…». Va detto che don Lorenzo nel 2013 ha accusato il fratello Carlo Maria di aver «scritto il falso al Papa» all'epoca del primo Vatileaks, quando in una lettera inviata a Benedetto XVI rifiutava il suo trasferimento a Washington come nunzio. Tra le motivazioni Carlo Maria addusse quella di doversi prendere cura del fratello colpito da ictus, ma Lorenzo dichiarò che «è un fatto certo che quando Carlo Maria ha scritto la lettera al Papa nel luglio del 2011, lui non solo non si occupava di me “personalmente", ma i nostri rapporti si erano già interrotti da tempo…». Il tutto, come nelle migliori faide familiari in presenza anche di cospicue eredità, si arricchisce di un balletto di denunce e contro denunce.Il problema del memoriale dell'ex nunzio, come dicevamo, resta, indipendentemente da questi fatti. Le circostanze riportate nel memoriale chiedono ancora risposte nel merito, infatti, fino ad ora nessuno ha negato che papa Francesco abbia ricevuto direttamente da Viganò l'informazione che il cardinale Theodore McCarrick aveva sessualmente corrotto i suoi seminaristi. Né si è riusciti a eludere la questione della possibile lobby gay che opererebbe all'interno delle mura ecclesiastiche da decenni. Né si è mai fatta completamente chiarezza sul dossier che Benedetto XVI fece redigere a tre cardinali nel 2012.Che questi problemi siano sul tavolo ne è testimonianza anche ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Baltimora durante l'assemblea generale dei vescovi americani, quando un veto Vaticano ha impedito il voto su una duplice proposta per far luce sul dramma degli abusi che ha devastato la Chiesa statunitense. In una accesa discussione tra i vescovi molti sono intervenuti chiedendo di fare chiarezza, e monsignor Robert Barron, della diocesi di Los Angeles, ha chiesto direttamente informazioni sullo stato delle indagini vaticane sulle accuse contro l'ex cardinale Theodore McCarrick, e se i vescovi avrebbero «esercitato una rispettosa pressione verso» la Santa Sede per la promozione dell'indagine. Il vescovo Joseph Strickland di Tyler, in Texas, riferendosi a McCarrick ha detto: «Fa parte del nostro deposito di fede che crediamo che l'attività omosessuale sia immorale», allora come è stato possibile che l'ex cardinale sia «stato promosso se pensavamo tutti che fosse sbagliato? Crediamo o no alla dottrina della Chiesa?». Il presidente dei vescovi americani, cardinale Daniel DiNardo, ha detto che «se c'è una cosa che tormenta tutti, è la vicenda dell'arcivescovo McCarrick. Sembra essere onnipresente. Questo è quello che penso debba essere affrontato. È solo un male per il nostro popolo».La spaccatura che vive la Chiesa americana sul caso McCarrick è evidente. Contrariamente alla tesi del complotto politico mediatico contro Francesco, che avrebbe mosso lo stesso Viganò e circuiti politico mediatici a lui affiliati, appare sempre più chiaro che a essere divisa è la stessa gerarchia. C'è una parte di Chiesa che ritiene contraddittorie certe evoluzioni pastorali promosse dal Papa, l'ultima delle quali si gioca sul tema dell'omosessualità.
- Il gruppo armato Jnim avanza seminando morte e bloccando strade e commercio. Le forze governative, sostenute dai russi, annaspano.
- Ag Ghaly è riuscito in ciò che nessun capo tuareg aveva mai ottenuto: trasformare la lotta per l’autonomia in una crociata globale in nome di Maometto. Finanziandosi attraverso il controllo delle rotte di esseri umani.
Lo speciale contiene due articoli.
Dario Fabbri (Ansa)
L’esperto Dario Fabbri: «Se l’Ucraina in futuro cambiasse regime, diventerebbe un cavallo di Troia dei russi. La corruzione? A quelle latitudini è normale. Putin ha ottenuto solo vittorie tattiche, adesso gli serve la caduta di Zelensky».
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Benjamin Netanyahu (Ansa)
Colpi sulle forze Onu in Libano. Gerusalemme: «Abbiamo confuso i soldati per sospetti a causa del maltempo». E l’esercito avverte: «Se necessario operazioni a Gaza».
Ennesimo attacco alle stazioni Unifil in Libano da parte dell’Idf, ennesimo rimpallo di responsabilità. «Le forze israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco contro peacekeeper di Unifil da un tank Merkava nei pressi di una postazione allestita da Israele in territorio libanese» ha denunciato Unifil ieri mattina, precisando che «i colpi sono arrivati a circa cinque metri dai peacekeeper, che erano a piedi» e sono stati costretti a mettersi al riparo. «I caschi blu hanno chiesto alle Idf di cessare il fuoco tramite i canali di collegamento di Unifil. Sono riusciti ad allontanarsi in sicurezza circa trenta minuti dopo, quando il carro armato Merkava si è ritirato all'interno della postazione delle Idf. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito». Poco dopo l’Idf si è difeso chiarendo di non aver «sparato deliberatamente» contro le forze di pace delle Nazioni Unite in Libano. Hanno affermato di aver scambiato i soldati per «sospetti» a causa «delle cattive condizioni meteorologiche».





