2024-09-24
Urso conferma: a Bruxelles chiederà di rinviare lo stop ai veicoli a benzina
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
Il ministro presenterà già domani la proposta italiana, in vista del Consiglio di giovedì. «E spingerò anche sul Made in Europe».Ormai bisogna prenderne atto. Il sogno della mobilità elettrica si sta sgretolando giorno dopo giorno. Ieri ne hanno parlato a un tavolo di confronto il ministro delle Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, i vertici di Confindustria e le maggiori sigle sindacali, preoccupate che l’ideologia dietro al Green deal finisca per distruggere il mercato automobilistico europeo e cancelli con un colpo di spugna migliaia di posti di lavoro. L’unica soluzione, insomma, è ritardare lo stop alla produzione di modelli endotermici previsto per il 2035. «Nel settore dell’automotive si avverte di più la necessità di una revisione per quanto riguarda il percorso del Green deal», ha detto ieri il ministro Adolfo Urso ricordando di avere «a Cernobbio avanzato una proposta in merito partendo da una considerazione molto semplice: c’è una crisi evidente in atto in Europa, con il crollo del mercato elettrico, con le difficoltà che incontrano tutte le multinazionali europee, che ci obbliga a prendere delle decisioni». «Possiamo aspettare altri due anni per eventualmente esercitare la clausola di revisione e magari modificare percorso obiettivi e modalità nel settore delle auto?», si è domandato Urso. «Anticipiamo quella clausola di revisione a inizio 2025 e diamo certezze a imprese e consumatori. Questa è una delle tematiche che porterò in sede europea e su cui mi sto già confrontando con gli altri ministri dell’industria europea».In dettaglio, ieri all’incontro, oltre al ministro Urso, erano presenti il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, e il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Per Cgil e Cisl erano presenti i segretari confederali.Ora, insomma, l’idea è quella di portare l’idea tutta italiana di ritardare i vincoli su diesel e benzina all’interno della Conferenza sull’automotive in programma il 25 settembre a Bruxelles, per poi discuterne al tavolo del Consiglio Competitività in calendario per il 26 settembre. «La religione dell’elettrico ha fatto deragliare gli obiettivi dell’Europa» sulla decarbonizzazione del mondo delle quattro ruote, ha detto ieri Urso. L’obiettivo, ha detto, è andare avanti «senza una visione ideologica, ma guardare la realtà per quella che è se vogliamo trasformarla». Per questo motivo, l’obiettivo del ministro è fare «proposte per la transizione green che si coniughino con la neutralità tecnologica per tutti i settori, dall’auto alla siderurgia». Così, ieri, il ministro si è rivolto direttamente alle unioni di lavoratori ricordando che va trovato un obiettivo comune perché «se riusciamo a condividere le strade per raggiungerlo, possiamo indirizzare meglio la Commissione Ue».Come ha detto lo stesso ministro ieri, «abbiamo bisogno di un clima favorevole alle imprese e quindi di un’Europa pragmatica, che semplifichi e riduca gli oneri. Servono uno shock di semplificazione e un “Made in Europe”». Per farlo bisogna spingere verso un principio comune che incoraggi gli acquisti di prodotti realizzati in Europa ed è fondamentale presentare alle imprese e ai sindacati una politica industriale europea per il settore automotive. Crediamo che sia assolutamente importante rivedere il percorso industriale. Le transizioni ecologica e digitale devono tenere conto anche dell’altra transizione in atto, quella geopolitica», ha ribadito Urso secondo cui bisogna «realizzare una nuova industrializzazione dell’Europa. Per l’elettrico dobbiamo garantire le catene di approvvigionamento». Inoltre, secondo il ministro, l’ideologia europea che sta dietro lo sviluppo della mobilità elettrica e i tempi per realizzarla sono da ritenersi «inadeguati nella competizione globale».In effetti, le preoccupazioni del numero uno del Mimit non paiono affatto infondate. Chi deve comprare una vettura oggi sembra pensarci due volte prima di scegliere l’elettrico. Con i prezzi alla pompa in discesa rispetto allo stesso periodo del 2023, in agosto le vendite di prodotti petroliferi sono cresciute del 2,5% (+116.000 tonnellate). In particolare, è proprio la benzina ad aver toccato livelli mai visti dal 2011 con un aumento delle vendite del 7,1% (+54.000 tonnellate). Bene anche il gasolio (+1%) e tutti i carburanti per la mobilità che ad agosto, merito anche delle vacanze degli italiani, hanno visto un boom a livello commerciale. Non stupisce, insomma, che con l’elettrico che sta battendo in ritirata, anche le aziende del settore corrano ai ripari. Così la svedese Northvolt, primo gruppo ad avviare una gigafactory europea per la produzione di batterie (tra i fondatori c’è anche l’italiano Paolo Cerruti) ha fatto sapere che si vede costretta a tagliare il personale del 20% a livello globale e che metterà in pausa qualunque piano di espansione per arginare i deflussi di cassa di cui sta soffrendo. In particolare, a saltare saranno 1.600 posti di lavoro. Tutto questo, dopo che ha gennaio l’azienda aveva chiesto un prestito da 5 miliardi di dollari, portando il debito complessivo a oltre 13 miliardi di dollari.