2022-01-30
L’uomo dei clan: «200.000 a Boschi sr per turbare l’asta»
Secondo la Procura Francesco Saporito investiva per le cosche. Alla «Verità» ha detto: «Il padre di Meb mi chiese soldi per vincere una gara».E adesso che all’imprenditore calabrese Francesco Saporito sono stati sequestrati nel Senese terreni e fabbricati per un valore di 5 milioni di euro, essendo accusato di aver agevolato la ‘ndrangheta con i suoi affari immobiliari, qualcuno riaprirà le indagini anche sulla gara per l’acquisto della tenuta aretina di Dorna, da lui vinta al fianco di Pier Luigi Boschi? Secondo il pentito Salvatore Muto, Saporito, nel 2007, avrebbe utilizzato anche denaro cash per acquistare il complesso di San Galgano di Chiusdino (Siena) e da lì in poi avrebbe continuato a fare shopping insieme con il suo compare Edo Commisso in stretto contatto con la cosca Grande Aracri di Cutro. Il pentito avrebbe saputo la notizia dallo stesso Commisso, indagato insieme con Saporito per l’impiego di soldi sporchi: «Non sono in grado di riferire nel dettaglio la somma di denaro investita, ho potuto, però, capire che si trattava di alcuni milioni di euro, forse tre» aveva dichiarato Muto. Per questo la Direzione distrettuale antimafia toscana ha aperto un nuovo fascicolo d’indagine sull’imprenditore, dopo averne chiuso uno più vecchio innescato dalle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia calabresi.All’epoca gli inquirenti non avevano trovato il bandolo della matassa anche perché, stranamente, prima di archiviare, non avevano chiesto di fare accertamenti patrimoniali sull’ex socio di Boschi, Saporito appunto.Verifiche che, invece, erano state effettuate dalla Guardia di finanza di Arezzo e che sono state successivamente acquisite da Firenze.Ebbene, grazie a tali controlli, i pm hanno concluso, con l’aiuto di una consulenza tecnica, che il prezzo pagato per Chiusdino non era «veritiero» e, alla fine, la venditrice, Angela Petrucci, ha ammesso di aver incassato una parte del compenso, 1,5 milioni, in contanti. Ha anche aggiunto che Saporito voleva dargliene 2. Dichiarazioni che hanno permesso di riscontrare quasi alla lettera le confessioni del collaboratore di giustizia Muto.Ma allora perché non riaprire anche la vicenda della compravendita di Dorna, per cui, più di due lustri fa, era stato avviato un fascicolo per turbativa d’asta, poi archiviato?CASH AL BABBO Adesso che Saporito è accusato di aver incassato soldi delle ‘ndrine per un rogito del 30 agosto del 2007 come si può ignorare la pista che questo giornale aveva aperto nel 2017 e che riguardava una compravendita avvenuta quasi in contemporanea? All’epoca avevamo interpellato Saporito a proposito di 250.000 euro in nero versati da un professore per acquistare un lotto all’interno della fattoria di Dorna. Per quel pagamento l’Agenzia delle entrate aveva sanzionato sia l’imprenditore calabrese che il socio Pier Luigi. Ma l’indagato ha scaricato tutta la colpa sul papà di Meb: «Boschi mi ha fregato parecchi soldi, sa? Questi 250.000 più altri 200.000 euro» aveva lamentato l’indagato. Avevamo domandato se stesse parlando di altro denaro in contanti e lui ci aveva risposto così: «Sì, per far ritirare un’architetto di Firenze dalla trattativa per Dorna. Dice di averle dato 200.000 euro». Quindi aveva aggiunto: «Ma per me non è vero niente, perché poi mi è stato riferito che l’ateneo ha accontentato la professionista con un’altra vendita e quei soldi a mio parere li ha pigliati lui. Comunque me li ha fregati. Per me non c’è stata nessuna turbativa perché lui quel denaro, glielo ripeto, se lo è tenuto». Il settantanovenne calabrese, a proposito della sua grande disponibilità di liquidi, aveva chiosato: «Con il commercio che avevo a quei tempi 180-200.000 euro li mettevo da parte facilmente».Dunque l’uomo che, secondo la Procura di Firenze, sarebbe stato foraggiato dalle ‘ndrine con abbondante cash, ci ha confermato che quindici anni fa non aveva problemi a procurarsi 200.000 euro in contanti. Senza dimenticare che per entrare in possesso di Dorna aveva versato 1,4 milioni in assegni circolari, «soldi che provenivano dalla Calabria» aveva specificato.LA GARA Nei mesi scorsi abbiamo iniziato a scavare su quella gara e abbiamo scoperto anche il nome dell’architetto a cui aveva fatto riferimento Saporito. Si tratta di Annalisa Baracchi, nata ad Arezzo nel 1955. La donna non ha voluto rispondere alle nostre ripetute richieste di chiarimenti, anche quando ci siamo presentati davanti allo studio professionale con il quale collabora.La Baracchi all’epoca rappresentava una cordata di investitori che poi ha ripiegato, come riferito da Saporito, su un’altra tenuta messa all’incanto dall’università.Per capirne di più abbiamo chiesto all’ateneo di accedere agli atti della procedura di vendita e in un estratto del verbale dell’adunanza del consiglio d’amministrazione del Rettorato del 26 ottobre 2007, verbale firmato dal presidente Augusto Marinelli e dal segretario Michele Orefice, è tutto ben spiegato.Si legge che la base d’asta per la vendita era stata di 9 milioni di euro e che la prima delibera per l’incanto risaliva al 2002. Nel 2006 viene rifiutata un’offerta da 5 milioni e nel marzo del 2007 il valore di partenza è abbassato a 8,15 milioni. Due mesi dopo il prezzo viene ridotto ancora del 10 per cento, scendendo a 7,25. Nel giugno del 2007 arrivano le offerte della Baracchi, da 7,5 milioni, e quella da 7,345 (inferiore di quasi 150.000 euro) della società cooperativa a.r.l Valdarno Superiore, presieduta da Boschi senior.È in questa fase che il babbo di Maria Elena avrebbe chiesto i soldi all’imprenditore in odore di mafia per fare ritirare Baracchi & C.. Il Cda dell’università a questo punto, il 29 giugno 2007, «dispone di trattare con entrambi i soggetti che hanno presentato offerta al fine di valutare quanto gli stessi siano disposti a rialzare sul prezzo e di nominare un’apposita commissione».Dal verbale di quest’ultima risulta che la Valdarno alza l’offerta di 165.000 euro, in modo da arrivare a 7,51 milioni. Cioè 10.000 euro in più della precedente proposta della Baracchi.La commissione evidenzia anche che la cooperativa, che già possiede alcune parti di Dorna, rinuncerebbe «a ogni azione e pretesa nei confronti dell’università».E la Baracchi? Non rilancia e così il consiglio prende la sua decisione: «Considerato che l’offerta della società cooperativa Valdarno supera di 10.000 euro l’offerta dell’architetto Annalisa Baracchi […] delibera di accettare l’offerta formulata dalla società cooperativa» e che la stessa è valida per «ulteriori sessanta giorni dalla data del 12 ottobre 2007». Cioè sino al dicembre del 2007.IL SOCIO INDAGATO Portato a casa il risultato, il 6 novembre del 2007, Boschi senior e Saporito si sono presentati negli uffici dell’Agenzia delle entrate di Arezzo per costituire la società agricola Fattoria di Dorna con un capitale sociale di 2.000 euro: il babbo di Maria Elena ne versa 1800, il 90 per cento, e Saporito 200. Dopo poche settimane la ditta subentra alla cooperativa Valdarno nel rogito e si mette in pancia la tenuta. Boschi nell’aprile del 2009 cederà le quote che gli erano rimaste in tasca alla moglie di Saporito.Del mancato rilancio da parte della Baracchi per l’acquisto di Dorna, qualche mese fa, abbiamo parlato anche con Commisso, all’epoca già sotto inchiesta. Con nostra grande sorpresa è stato lui a rivelarci l’identità dell’architetto, che a suo dire rappresentava un’azienda di Bibbiena (Arezzo). L’indagato, che a giudizio dei pm era l’uomo «incaricato dalla cosca di sovrintendere agli interessi della stessa in territorio toscano e di individuare occasioni di investimento», ha mostrato di conoscere nei dettagli la compravendita di Dorna.Con noi Commisso si è vantato di aver gestito «l’intera operazione» e di aver stabilito personalmente «i modi di pagamento», di aver fatto firmare compromessi al bar, «ma anche sui cofani delle macchine». Tanto da aver ricevuto anche 100.000 euro dallo stesso Boschi per il suo prezioso lavoro di mediazione.Sarebbe stato lui a presentare Pier Luigi a Saporito, quando quest’ultimo aveva espresso il desiderio di fare un ulteriore investimento dopo aver comprato San Galgano. Anche perché a giudicare dalla testimonianza della venditrice senese l’imprenditore aveva a disposizione almeno altri 500.000 euro.TRATTATIVE CON BOSCHI Ma la Valdarno, dopo aver fatto l’offerta più bassa per Dorna, aveva deciso di ritirarsi. A questo punto Saporito aveva sentito puzza di bruciato, pensando che volessero escluderlo dall’affare e allora Commisso avrebbe messo uno di fronte all’altro Boschi e Saporito e i due avrebbero deciso di portare avanti la trattativa con l’università, con l’intesa che l’imprenditore calabrese avrebbe restituito gli 800 mila euro di anticipo già versati dalla cooperativa.Commisso, che è rimasto in buoni rapporti con Boschi, esclude che il babbo possa avere offerto 200.000 euro alla Baracchi per ritirarsi. Per lui il motivo del dietrofront sarebbe da ricercare in una precisa strategia attuata dalla Valdarno, che pure aveva deciso di lasciare l’asta: «Hanno detto all’università: “Noi abbiamo un contratto di affitto (su alcuni terreni di Dorna, ndr) e prima che ci buttiate fuori passeranno 10 anni”. Quindi l’altro concorrente si è ritirato».Alla fine la cordata rappresentata dalla Baracchi ha puntato su un secondo complesso immobiliare messo all’incanto dall’università, quello di San Cresci a Borgo San Lorenzo.L’atto costitutivo dell’omonima società è datato 20 novembre 2007, praticamente coevo a quello della Fattoria di Dorna società agricola. Tra i fondatori anche la Baracchi.La professionista di Bibbiena ha cambiato cavallo convinta dai 200.000 euro che Saporito dice di aver dato a Boschi? O lo ha fatto per evitare un lungo contenzioso? In entrambi i casi, in questo business, al fianco di babbo Boschi, che aveva accettato di portare avanti le trattative anche dopo la rinuncia della Valdarno, c’erano due calabresi che utilizzavano, a detta della Procura, denaro delle cosche.Dopo che l’affare si è concluso, Saporito e Boschi hanno rotto i rapporti per il pagamento in nero da 250 mila euro. Commisso non condivide la scelta del suo attuale coindagato di accusare il babbo: «Non capisco le sue stupide dichiarazioni. Quando si va a rubare se ci beccano o si nega tutto o non si dà la colpa agli altri per scagionarsi».
L’AIE cambia idea, niente picco di domanda. Tassonomia Ue, gas e nucleare restano. Stagione atlantica avara di uragani. La Germania chiede più quote di emissione. Cina in ritardo sul Net Zero. Maxi-diga in Etiopia.
Charlie Kirk (Getty Images)